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Le ragioni di un Consiglio per la sicurezza nazionale. Scrive l’amb. Castellaneta

Per affrontare le nuove sfide poste dall’ambiente internazionale servono anche nuovi strumenti: questa proposta potrebbe andare nella direzione di rafforzare la proiezione e l’autorevolezza italiana a livello globale e velocizzare il potere decisionale su questioni sempre più vitali. L’intervento di Giovanni Castellaneta, già consigliere diplomatico a Palazzo Chigi e ambasciatore negli Stati Uniti

L’editoriale di Maurizio Molinari, direttore del quotidiano La Repubblica, pubblicato domenica scorsa, ha acceso un dibattito sull’opportunità del fatto che anche l’Italia si doti di un Consiglio per la sicurezza nazionale. È un’idea pienamente condivisibile e mi fa molto piacere che anche la politica stia iniziando a recepirla, dato che una proposta sarà portata all’ordine del giorno della commissione Esteri e Difesa del Senato su iniziativa di Stefania Craxi. Non posso che incoraggiare questo tentativo, dato che da anni auspico che il nostro Paese crei questa figura allo scopo di potere affrontare con maggiore efficacia e capacità di risposta le sfide nuove e sempre più numerose poste alla sicurezza nazionale. A questa questione dedicai anche un capitolo del mio libro “In prima fila” (Guerini e Associati), pubblicato alcuni anni fa.

Vediamo innanzitutto perché tale figura è necessaria nel mondo di oggi. Pensiamo innanzitutto alla crescente rilevanza che le questioni legate alla sicurezza e alla difesa stanno acquistando in Europa alla luce del conflitto in Ucraina. Da anni l’Unione europea dibatte sulla propria ambizione di diventare una potenza globale anche a livello di politiche di sicurezza e della difesa; tuttavia, si tratta di una discussione che fino a oggi ha prodotto pochi risultati concreti. Lo scoppio della guerra ha contribuito a riaccendere il dibattito tra gli Stati membri sulla necessità di dotarsi di un esercito europeo, ma la tentazione di muoversi in ordine sparso ha spesso preso il sopravvento. Purtroppo, tale dinamica si è verificata anche di recente per l’incertezza legata alla concessione di maggiori aiuti militari all’Ucraina, e nello specifico di carri armati Leopard 2 di fabbricazione tedesca. La questione dirimente è però più profonda, e riguarda la volontà effettiva dell’Europa di aumentare le proprie spese per la difesa senza più affidarsi esclusivamente all’ombrello di protezione fornito dagli Stati Uniti. Il problema non è solo stanziare più risorse, ma farlo in maniera coordinata. Pensiamo per esempio alla Germania, che ha deciso di aumentare considerevolmente il budget per la propria Difesa (oltre 100 miliardi, che a oggi però non risultano ancora essere stati investiti) senza però consultarsi con gli altri Stati membri. La figura del consigliere per la sicurezza nazionale consentirebbe di affrontare questa discussione in maniera più rapida e diretta, consentendo un raccordo efficace sia all’interno con gli altri attori istituzionali di rilievo e con il vertice decisionale politico, sia all’esterno con gli altri partner internazionali. Ma pensiamo anche agli altri ambiti che stanno contribuendo a ridefinire il concetto di sicurezza: dalla cybersecurity, che si sta imponendo sempre più come una “guerra combattuta con altri mezzi”, al rischio di guerre economiche e commerciali che stanno causando frizioni anche tra potenze amiche sulle due sponde dell’Atlantico. Per non parlare della sicurezza energetica, che va dagli approvvigionamenti alle infrastrutture, messa ancora più in luce dal conflitto scoppiato con la Russia e che vede l’Italia – attraverso Eni – in prima fila per diversificare le forniture di idrocarburi.

Ben venga dunque un National Security Council italiano, modellato sulle figure già esistenti negli Stati Uniti o in Regno Unito. Questo nuovo organo dovrebbe rispondere direttamente al presidente del Consiglio assicurando dunque una vicinanza immediata all’esecuzione con una rapida capacità di intervento laddove richiesto. A differenza del Consiglio supremo di Difesa, questo organo dovrebbe seguire costantemente l’evoluzione della situazione; inoltre, dovrebbe contare su risorse umane dedicate e specializzate, comprendendo esperti ad hoc per le principali minacce: a partire da diplomatici che per la loro esperienza possano gestire con approccio di sintesi i principali dossier, cogliendone i collegamenti e le relazioni reciproche. Insomma, per affrontare le nuove sfide poste dall’ambiente internazionale servono anche nuovi strumenti: questa proposta potrebbe andare nella direzione di rafforzare la proiezione e l’autorevolezza italiana a livello globale e velocizzare il potere decisionale su questioni sempre più vitali in un mondo dove le questioni di sicurezza internazionale (e non) sono sempre più cruciali e collegate tra loro.


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