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La lezione del Cortile dei gentili. Il cardinal Ravasi su Ratzinger

Di Gianfranco Ravasi

Una prospettiva cara al teologo Ratzinger e al Papa Benedetto XVI è quella che egli definiva come “la ragione allargata”. La conoscenza umana è infatti simbolica, ossia unisce diversi livelli e percorsi, da quello scientifico all’estetico, dal filosofico al teologico, dallo sperimentale al mistico. Tra Morricone e Zaha Hadid, il commento di Gianfranco Ravasi, cardinale e presidente emerito del Pontificio consiglio della cultura e della Pontificia commissione di archeologia sacra

*Questo articolo è parte di un approfondimento sulla Chiesa pubblicato sul numero di febbraio della rivista Formiche, disponibile qui

Già durante la sua esistenza gli sono state dedicate varie e talora imponenti biografie; nei giorni seguiti alla sua morte le pagine dei quotidiani si sono affollate di ritratti, testimonianze, interviste e non sono mancate anche distonie. Difficile è, perciò, aggiungere ora un profilo di Benedetto XVI che riveli i lineamenti inediti del suo volto di credente, di teologo, di pastore della Chiesa.

Tuttavia, qualche sentiero ristretto può essere ancora identificato, ed è ciò che tentiamo di fare ora intrecciando un paio di ricordi personali con altri che hanno avuto, invece, una rilevanza più oggettiva ed esterna. La prima memoria che vorrei evocare si basa su una categoria fondamentale nella visione cristiana, purtroppo spesso tradita: il dialogo con l’altro, col diverso, con l’orizzonte generale della società e della cultura.

In questa linea di grande impatto fu la nascita del Cortile dei gentili per il confronto tra credenti e non credenti. A lanciarlo, sulla base simbolica dell’omonimo “cortile” del tempio di Gerusalemme ove potevano accedere anche le gentes, i pagani, che incrociavano le loro voci e i loro sguardi con quelli degli ebrei, fu un discorso che il Papa tenne il 21 dicembre 2009 alla Curia romana. Benedetto XVI invitava a dar vita a un dialogo “con coloro per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo come sconosciuto”.

Preceduto da un’anteprima all’università di Bologna, la più antica d’Europa, inaugurato nella capitale “laica” per eccellenza come Parigi, con eventi alla Sorbona, all’Accademia di Francia, all’Unesco e con un video messaggio dello stesso pontefice ai giovani radunati per uno spettacolo nel piazzale di Notre Dame, il Cortile dei gentili si è ormai ramificato in tutto il mondo con le tipologie più diverse, col coinvolgimento dei soggetti più inattesi, negli spazi più vari (dalle piazze alle università, dalle carceri ai Parlamenti), coi temi più “pesanti” filosofici e sociali ma anche con i soggetti più sorprendenti come la moda, lo sport o le musiche giovanili.

Anche il 27 ottobre 2011 all’incontro interreligioso di Assisi, che commemorava quello di san Giovanni Paolo II, Benedetto XVI volle una delegazione emblematica di non credenti, presieduta dalla nota filosofa Julia Kristeva. C’è, però, un secondo lineamento pubblico del suo pontificato che s’intreccia col mio ricordo personale. Infatti, il 21 novembre 2009, ero riuscito a convocare nell’ambito emozionante della Cappella Sistina col suo fondale michelangiolesco trecento artisti di ogni disciplina, nazionalità, religione o ideologia.

Curiosamente i primi due posti erano stati assegnati a grandi figure femminili non cattoliche ora scomparse, l’archistar anglo-irachena Zaha Hadid e l’attrice greca Irene Papas. Il Papa era giunto in mezzo a loro e aveva parlato testimoniando un’altra visione a lui cara, quella che accende nel cielo del pensiero una costellazione di tre astri luminosi, il verum, il bonum, il pulchrum. Filosofia/teologia, etica ed estetica sono i tre trascendentali che guidano l’umanità.

La via pulchritudinis – già percorsa nel medioevo da quel san Bonaventura che era stato oggetto della tesi di laurea di Ratzinger, una strada da lui amata attraverso la passione per la musica – “ricorda che la storia dell’umanità è movimento e ascensione, è inesausta tensione verso la pienezza, verso la felicità ultima, verso un orizzonte che sempre eccede il presente mentre lo attraversa”. Queste sue parole segnano il suo dialogo tra fede e arte che ebbe altre manifestazioni.

Ad esempio, il 31 ottobre 2012, a cinquecento anni esatti dall’inaugurazione della volta della Sistina alla presenza del suo artefice Michelangelo, Papa Benedetto scelse di ripetere gli stessi atti che Giulio II aveva compiuto il 31 ottobre 1512. Volle, dunque, che gli fossi accanto durante i primi vespri dei santi, proprio nella Cappella Sistina, con lo sguardo rivolto a quella straordinaria esegesi pittorica dei primi capitoli della Genesi.

Già l’anno prima, per i suoi sessant’anni di sacerdozio, ero riuscito a convocare per un augurio attraverso le loro opere a lui donate, altrettanti pittori, scultori, architetti, letterati, fotografi e musicisti. Tra questi ultimi desidero menzionare, oltre ad Arvo Pärt che gli dedicò un Vater unser di pura bellezza e che in seguito ricevette il premio Ratzinger, Ennio Morricone che aveva creato un curioso spartito a croce con un intenso Miserere.

Il filo delle memorie pubbliche e personali potrebbe ovviamente ramificarsi in tante altre direzioni. Alla base dei due aspetti finora descritti c’è una prospettiva cara al teologo Ratzinger e al Papa Benedetto XVI. È quella che egli definiva come “la ragione allargata”, un motivo che avrebbe voluto sviluppare nel discorso “impedito” alla Sapienza di Roma, ma che ha retto vari suoi interventi.

La conoscenza umana è infatti simbolica, ossia unisce diversi livelli e percorsi, da quello scientifico all’estetico, dal filosofico al teologico, dallo sperimentale al mistico. Proprio per questo si deve impedire che la verità sull’essere e sull’uomo sia considerata appannaggio esclusivo di un solo modello di conoscenza, com’è la pura razionalità scientifica alla quale sfuggono dimensioni che altri canali di comprensione riescono a perlustrare.

In questa linea, a Parigi nel settembre 2008 Papa Benedetto XVI aveva affermato: “Il desiderio di Dio include l’amore per le lettere, l’amore per la parola. Diventano importanti le scienze profane che ci indicano le vie verso la lingua. Poiché la ricerca di Dio esige la cultura della parola, fa parte della comunità ecclesiale anche la biblioteca che indica le vie verso la parola”.


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