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Servono più navi contro la crescente minaccia russa. L’allarme di Credendino

La presenza delle unità russe nel Mediterraneo non è solo un problema di numeri, dal momento che i russi “hanno un atteggiamento aggressivo che non era usuale”. L’allarme arriva dal comandante della Marina, ammiraglio Credendino. Per l’ammiraglio Sanfelice di Monteforte, inoltre “c’è il rischio di un uso limitato della forza” da parte russa, dal momento che sono “in maggior difficoltà” rispetto ai tempi dell’Urss

Una nuova Guerra fredda, ma dai contorni se possibile più preoccupanti, sembra star emergendo nelle acque del mar Mediterraneo. A lanciare l’allarme è stato il capo di Stato maggiore della Marina militare, Enrico Credendino, in audizione al Parlamento, che ha registrato “aumento impressionante dei numeri della flotta russa” tra lo stretto di Gibilterra fino al Mar Nero “a un livello che non si vedeva nemmeno ai tempi della guerra fredda”. Sebbene l’elevato numero di unità di Mosca di per sé “non è una minaccia diretta al territorio nazionale”, questa “aumenta tantissimo la tensione”. I russi, ha spiegato ancora Credendino “hanno un atteggiamento aggressivo che non era usuale”, con un aumento esponenziale del rischio incidente “e quando c’è un incidente di questa natura non si sa mai dove si può andare a finire”.

Tensioni crescenti

A preoccupare il comandante delle forze navali italiane, infatti, sono gli impatti che la tensione crescente potrebbe avere sull’”equilibrio instabile” di un Mediterraneo “molto affollato”. “Non si erano mai visti quattro gruppi portaerei alleati nel Mediterraneo: italiano, francese, americano e la nave anfibio spagnola”, ha spiegato Credendino, con i russi che “fanno puntate verso lo Jonio con un gruppo navale di tre navi moderne” senza problemi. Tra le minacce, tra l’altro, si aggiunge anche quella dell’ipersonica, con Mosca che ha in questo momento la sua unità più moderna, equipaggiata con missili di questo tipo, in Sudafrica. “Non sappiamo se siano efficaci o meno – ha detto l’ammiraglio a riguardo – questo lo vedremo, ma la nave entrerà nel Mediterraneo”.

Aggressività russa

La presenza delle navi russe non è una novità, e secondo l’ammiraglio Ferdinando Sanfelice di Monteforte, esperto militare e docente di Studi strategici “rimarranno nel Mediterraneo abbastanza a lungo”, con almeno due diverse configurazioni: “le navi russe si dividono tra quelle che cercano di intimorire i Paesi europei del Mediterraneo, e quelle che seguono i gruppi portaerei alleati in funzione di contro-deterrenza”. Una condizione che pur ricordando i tempi della Guerra fredda, porta con sé una nuova minaccia: “questa volta c’è il rischio di un uso limitato della forza da parte dei russi, con attacchi ai gasdotti o ai cavi sottomarini per le telecomunicazioni” che attraversano il Mare nostrum. Una novità dovuta al fatto che “i russi sono in maggior difficoltà rispetto all’epoca dell’Unione sovietica”. Una condizione che non facilita nemmeno i rapporti tra le sponde nord e sud del bacino, con in particolare i Paesi meridionali preoccupati “dal rumore di sciabole” avvertito nelle acque mediterranee.

Servono maggiori unità

Di fronte a questo scenario, la Marina militare italiana è chiamata a svolgere un ruolo sempre più cruciale di sorveglianza. Uno sforzo complesso che richiede il possesso nelle necessarie capacità. “Avremmo bisogno da tre a sei fregate antisommergibile in più, due navi antiaerei in più, una seconda portaerei per garantire di avere per tutto l’anno una portaerei disponibile, una nave logistica e due sommergibili”, ha spiegato Credendino. Ulteriori unità senza le quali la Marina avrà sempre maggiori difficoltà a garantire il livello necessario di presenza nelle acque del Mediterraneo. Uno sforzo che già oggi sta usurando navi ed equipaggi: “La Francia – ha detto Credendino – che ha il nostro stesso numero di navi, ha deciso di dotare ogni Fremm e sommergibile di due equipaggi, dal comandante all’ultimo marinaio. Noi non riusciamo a garantire un equipaggio completo per nessuna delle nostre Fremm”.

I gap della Marina

La flotta italiana comprende attualmente 62 unità maggiori più due unità di Intelligence. Una parte di queste “deve essere rinnovata nei prossimi 15 anni”, ma i finanziamenti sono stati individuati “non completamente”. Tra i diversi gap capacitivi individuati dall’ammiraglio, quella italiana risulta l’unica marina d’altura “priva di aerei a pilotaggio remoto, e sprovvista di aereo da pattugliamento marittimo in versione antisommergibile” indispensabile visto l’utilizzo massiccio di queste unità da parte di Mosca. Proprio su quest’ultimo fattore si è soffermato anche Credendino “Di qualsiasi versione volessimo dotarci, italiano o straniero, serviranno 4 o 5 anni per averlo operativo. Quando ne abbiamo l’esigenza chiediamo agli Usa di poter usare uno dei loro stanziati a Sigonella”

Le risorse necessarie

Di fronte a questo scenario, tuttavia, esiste un rimedio. “Tale ritardo capacitivo – ha detto il capo di Stato maggiore – potrebbe ritrovare coerente attuazione ove si concretizzasse l’impegno politico di raggiungere il 2% del Pil per le spese della Difesa”. Ritardi o minori assegnazioni rischiano di non favorire “il tempestivo conseguimento delle capacità individuate”. Le minori risorse assegnate dal Mimit, per esempio, “hanno causato ritardi nei pagamenti delle fregate antisommergibile Fremm 11-12, che rimpiazzano quelle cedute all’Egitto” con rischio di interruzioni su altri programmi della Marina, dal nuovo sommergibile e all’elicottero Nh-90, “spina dorsale della flotta”.



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