Il Pd ricomincia da Elly Schlein, cambia pelle e anima e diventa un altro partito. È una fase dirompente nella recente storia della forza politica nata dalla fusione a freddo fra l’eredità del Pci e quella democristiana. L’avvento della nuova segretaria mette in moto un cambiamento che coinvolge tutta la politica italiana. L’analisi di Gianfranco D’Anna
La scossa della 38enne Elly Schlein squassa il Pd talmente in profondità da determinare una immediata metamorfosi ideologica, una seconda fondazione del partito nato dalla fusione della tradizione comunista e del cattolicesimo interpretato dalla sinistra democristiana.
La netta affermazione popolare della prima segretaria del partito democratico, e la più giovane, fa rivivere insieme, accomunandole, le vibranti esperienze di Nilde Jotti e Tina Anselmi. Si illudono i capicorrente storici di provenienza democristiana o di estrazione comunista che hanno appoggiato Elly Schlein o Stefano Bonaccini.
Il rigetto del politichese di una sinistra alla deriva e la rivoluzione dialettica, ambientalista e sociale incarnata dalla neo segretaria è destinata a spazzare via la concezione delle rendite di posizione, delle cordate di potere, del sottogoverno e delle nomine, delle candidature parlamentari e degli incarichi europei autoreferenziali, mimetizzate da schieramenti e movimenti di pensiero.
Un Paese solo culturalmente moderno, ma con una politica, una giustizia, una sanità ed una burocrazia che urge delineare e dispiegare nell’alveo dei principi costituzionali.
La generazione Schlein ha le carte in regola per avviare questo processo, che seppellisce una volta per sempre il gattopardismo ricorrente del Nazareno. Le carte di una “partita” politica ancora tutta da giocare.
Resta da vedere se il Pd sopravvivrà all’impatto con la carica dirompente di inedite scelte radicali, oppure si verificherà un travaso scissionista dell’ala cattolico democristiana nel Terzo Polo di Calenda & Renzi o verso il neo riformismo moderato interpretato da Giorgia Meloni.