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Cosa accade nella scuola italiana? La riflessione del preside Ciccotti

Due giorni fa, nel veneziano, un prof. picchia il preside. Un esperto di scuola accusa i presidi di essere “capi assoluti e decisionisti”. Il parere del preside e storico del cinema Eusebio Ciccotti che invita ad abbassare i toni, anche rivedendo “Prima notte di quiete” (1972) di Valerio Zurlini e “Entre les murs” (2008) di Laurent Cantet

Nella cittadina di Mira (circa 40.000 abitanti), poco distante da Venezia, un docente, a seguito di una discussione con il preside (dirigente scolastico) perde il controllo e lo picchia. Come accade in strada per una discussione automobilistica o fuori da un bar per allusioni personali o verso terzi (sorella, madre, squadra di calcio). L’aggressore ha sempre la scusa pronta: sono stato provocato, non intendevo farlo, ero nervoso, attraverso un momento difficile, ecc.  Al momento non ci è dato sapere di più di quello riportato dalle poche righe di cronaca, nelle quali si aggiunge che l’aggressione è avvenuta davanti ai ragazzi e al personale scolastico.

Solo un anno fa una preside di Roma veniva diffamata con scritte circa una relazione con un minorenne. Nel 2018 – i video sono stati poi postati dai ragazzi stessi, come appendice alla bravata, tutt’ora visibili -, un ragazzo di un Itc di Lucca, ordina al docente, gridandogli, a mezzo metro dalla cattedra, “mi metta sei! E si metta in ginocchio! Chi comanda qui?”, con tanto di dito puntato contro il pacifico docente, intendendo che comandava lui, il capo-bullo. Nel frattempo, un compagno, caporale-bullo, poneva i cestini dei rifiuti sulla cattedra: il docente, letteralmente aggredito, offeso, accerchiato, non reagiva. Nell’articolo si legge che il docente veniva da una convalescenza e non aveva le forze di alzarsi dalla sedia e difendersi dalla aggressione stando in piedi.

Sempre più genitori vengono a scuola e chiedono di fare entrare o uscire i figli prima di una certa ora per visita medica o per “motivi di famiglia”. In realtà il minore non ha studiato e si “assenta” nell’ora in cui ha una verifica. In passato qualche preside si è opposto all’uscita anticipata ed è stato denunciato dal solerte avvocato di turno, per “sequestro di persona”. Non accettare uno studente dopo la prima o seconda ora significa “violare il diritto allo studio”. Pertanto, diversi presidi (incluso chi scrive) lasciano intatte la libertà di uscire ed entrare, come in un hotel. (Poi alla fine si fanno i conti; ma, comunque, il fastidio della interruzione, il registrare l’entrata posticipata e le uscite anticipate dei soli noti, è una irritante perdita di tempo).

Genitori aggressivi contestano i voti: “Ho interrogato mio figlio, è da sette. Lei gli ha dato cinque. Ce l’ha con lui!”. Altri alzano le mani contro i docenti nei corridoi scolastici. Auto dei prof. rigate con punteruoli: un classico del microcrimine vendicativo in uso nella scuola italiana.

Tornando al caso di Mira, il docente che ha picchiato il preside, la rete ha ospitato diversi interventi e reazioni. Alcuni “punti di vista” (ormai tutti si nascondono dietro questo furbo costrutto linguistico) ambigui, recitano: “Non si ricorre mai alle mani”, ma è pur vero “che certi dirigenti hanno un potere eccessivo”.

Un “esperto” che non si firma, su una stimata testata giornalistica scolastica, definisce il dirigente della scuola italiana di oggi un “capo assoluto, decisionista” e i collaboratori, docenti che “spesso si sentono dotati di superpoteri”. Che tale situazione, continua l’esperto, è stata generata dalla Legge 107 del 2015, che, “ha ampliato il potere esagerato dei dirigenti” con risultati “devastanti nelle scuole”.

Purtroppo, ci pare che l’esperto non conosca la scuola in ogni suo aspetto strutturale. Ignora che tutte le procedure deliberanti (didattiche e amministrative) di un istituto passano per l’approvazione delle due “camere”: Collegio dei docenti e Consiglio di istituto. Che esiste una giurisprudenza scolastica per le questioni delicate. Per altre, per esempio, per la assegnazione cattedre, si applica una procedura trasparente e consolidata, quella dei criteri, approvata in Collegio, in base alla continuità e anzianità di servizio. Il preside non assegna le classi “a simpatia”. Insomma, il temibile potere decisionale del dirigente sui docenti non esiste. Egli svolge un ruolo di coordinatore. Che è, e deve essere, un ruolo fortemente diplomatico, nel senso alto del termine.

Egli, di contro, ha in capo tutte le responsabilità, civili e penali, che possono ledere la salute di chi vive nella struttura: dalla sicurezza alla igiene. Condivide con le rappresentanze sindacali interne (Rsu) ed esterne (i sindacalisti “territoriali”) la programmazione delle risorse generali assegnate dallo Stato (Fis, Bonus, Pcto, ecc.); ma poi è il solo responsabile, con il D.s.g.a., dell’aspetto tecnico contabile (programma annuale, conto consuntivo, verifica di cassa, ecc.). Il tutto è, successivamente, controllato da due revisori dei conti (Mef e Mim). Dove risiederebbe “il potere esagerato del d.s. che ha devastato la scuola?”.

L’esperto difende il caso del prof. di “potenziamento” (classe cui appartiene attualmente il docente che ha colpito il preside a Mira), in quanto è costretto, a suo dire, solo a coprire i buchi dei docenti assenti in quel momento. È una figura sottoposta a stress (è la sottile indiretta difesa). Non vero. Per necessità, il docente di potenziamento è utilizzato per “coprire i buchi”, certo, ma per non più di tot ore al mese. Ma coprire la classe scoperta attiene a tutti i docenti in quel momento disponibili. Sovente, se non vi è nessuno disponibile, anche i dirigenti vanno in classe (a me capita spesso e lo faccio volentieri: lezione di storia o letteratura o filosofia o cinema). La sicurezza va garantita sempre.

Ritengo che definire i dirigenti scolastici “capi assoluti”, interpretare la Legge 107 del 2015 come testo che aumenta “esageratamente i poteri del dirigente […] devastando la scuola” e che abbia creato “collaboratori con superpoteri”, è semplicemente falso, come ho cercato di spiegare. Inoltre, tale affermazione si configura come provocazione, ossia potrebbe “armare” altri pugni. Speriamo non le pistole. Consiglierei all’esperto in oggetto di osservare la calma, la saggezza e la logica con cui il giovane supplente Alain Delon si presenta ai suoi studenti liceali in Prima notte di quiete (1972, Valerio Zurlini): “Non mi interessano le vostre lotte politiche. Io sono qui per spiegare perché un verso di Leopardi è bello”.

Di fronte a un docente aggressivo come quello che alza le mani può esserci comprensione se egli chiederà scusa e riconoscerà di aver sbagliato. Pagando il dovuto debito con la giustizia e l’amministrazione. A questi raccomanderei la visione di La classe (Entre les murs, 2008) di Laurent Cantet, dove si discute animatamente, senza arrivare allo scontro fisico.

 


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