“Un’intesa umanitaria tra siriani e israeliani sarebbe un passo avanti importante. L’Italia? Ha il profilo giusto per svolgere un ruolo: non è stata assolutamente così in prima linea contro Assad, mentre sta gestendo la guerra in Ucraina, rapporti con la Francia non semplici, la diversificazione energetica e la possibile partecipazione a proporre un segretario generale della Nato”. Conversazione con Alessandro Politi, direttore della Nato Defense College Foundation
Gli occidentali ufficialmente non vogliono avere niente a che fare con Bashar el-Assad, che Mosca e Teheran affiancano, e al momento Recep Tayyip Erdogan non ha la Siria come priorità. Ma come il terremoto potrà cambiare l’atteggiamento non solo dell’Occidente ma, a questo punto, anche dello stesso Assad sulla scena internazionale? “Il sisma offre un’opportunità, quanto essa diventi una probabilità non è dato dirlo. Però un’intesa umanitaria tra siriani e israeliani sarebbe un passo avanti importante”, osserva a Formiche.net Alessandro Politi, direttore della Nato Defense College Foundation secondo cui, comunque, è pertinente interrogarsi sul futuro politico e geopolitico di un Paese martoriato da una guerra decennale come la Siria.
Tragedia e opportunità
La Siria, è la premessa analitica di Politi, non è un luogo distante ma nel Mediterraneo, quindi di grande importanza per il nostro governo: “Cosa cambia un terremoto nei rapporti tra i Paesi non è una domanda scontata. Innanzitutto ho visto le foto di pompieri greci che salvavano bambini turchi, oltre a quella del ministro degli Esteri greco, Nikos Dendias, il primo a visitare la Turchia dopo il terremoto: la visita è una cosa concreta. Quindi un terremoto è sempre un’occasione propizia, nella tragedia, per migliorare dei rapporti mediocri”.
Per quali ragioni? “Perché il lato culturale, il lato umanitario, il lato sportivo sono lati soft. Un terremoto è un modo per rivedere delle politiche o almeno per creare uno spazio di possibilità tra diversi Paesi e diversi interessi: si tratta di un elemento prezioso e, naturalmente, soggetto a volontà, o a inerzie, o a pigrizia, o a stupidità politica. C’è un dato umanitario indiscutibile: la Siria è già stata pesantemente bombardata, prima e spesso di più dell’Ucraina, ora anch’essa sotto pesante attacco. Tuttavia, con gli attacchi massicci che hanno condotto i russi in questi ultimi mesi, credo che la distruzione in Ucraina sia significativamente aumentata. Però non c’è dubbio che la Siria è bombardata da quasi dodici anni e che tutte le sue grandi città sono state devastate da selvaggi combattimenti: un terremoto alla frontiera con la Turchia, francamente, era l’ultima cosa di cui avessero bisogno i siriani”.
Quale destino per la Siria
Da un lato la tragedia nella tragedia, in Siria, dove il sisma si è sommato a una guerra spietata, dall’altro un Paese relativamente prospero come la Turchia: cosa si può fare politicamente in questo momento? “Si potrebbe dare spazio a quella che, stupidamente, viene chiamata una politica buonista oppure provare a non lasciare la Siria nelle mani degli iraniani e dei russi. Allora evidentemente la guerra in Siria non è finita del tutto, quindi fare piani Marshall di ricostruzione è assolutamente utopico. Piuttosto, si potrebbe verificare se il governo siriano non debba essere tirato fuori da questo giro di dubbie amicizie e magari avere delle sponde politiche”. Per farne cosa? “Per negoziare meglio con le sue controparti obbligate, penso a Bibi Netanyahu che per ovvi motivi di interesse nazionale ha mandato subito dei soccorsi. Questo non è banale”.
E poi ci sono il ruolo e la postura di Assad, sui quali secondo Politi, almeno a livello pubblico, vi sono incognite: “Abbiamo visto come ha mal gestito le proteste e come ha fatto delle scelte che hanno fatto piombare il Paese nella guerra civile. Inoltre sappiamo benissimo che il suo entourage di vecchi generali non ha fatto nulla per evitare questa catastrofe, quindi diciamo che i precedenti non sono incoraggianti. Questo non significa che Assad sia ‘cattivo per sempre’, ma osservo che in quel Paese l’Occidente non c’è da un bel pezzo”.
Gli “Occidenti” e la Siria
Il ragionamento verte su quale Occidente si sia visto fino ad ora in Siria, “quando ci sono stati diversi Occidenti a seconda delle situazioni”. Inoltre la Nato in questa vicenda è stata meno interessata a livello di cancellerie, quando si è dovuto decidere se bombardare la Siria oppure no: sulla famosa red line non c’è stata molta unanimità e non c’è stato molto consenso. “Con la partenza di Stoltenberg e con l’arrivo di un nuovo segretario generale – precisa – speriamo che si capisca che quando si parla di Indo-Pacifico, bisogna cominciare dall’Oceano Indiano dove, guarda caso, la penisola arabica e i Paesi arabi hanno qualcosa da dire e hanno la loro importanza. È vero che la Siria è sul Mediterraneo, ma i legami tra Siria e Iran portano subito all’Oceano Indiano”.
Inoltre esiste un collegamento con Israele che porta immediatamente al Mar Rosso, “quindi non bisogna essere di corte vedute”. C’è poi il versante americano, dove l’amministrazione Biden è ancora “molto concentrata su due problemi: Arabia Saudita e Israele, e quest’ultimo può essere un punto di partenza”.
Esiste però un’altra cancelleria interessata alla Siria, quella francese anche se prima, rileva, “servirebbe capire come Parigi vorrà muoversi in Libano, dove fino ad ora non ha ottenuto risultati e come vorrà muoversi in Siria, dove peraltro il governo sa benissimo che per molto tempo i francesi sono stati interessati soltanto ad abbattere Assad, quindi è un esercizio molto complicato”.
Infine, la cancelleria tedesca, “non pervenuta anche a causa delle divisioni molto serie nel governo di Berlino, con la spaccatura di una coalizione che non ha convinto molti osservatori politici. Non c’è la Spagna, al momento molto impegnata a ristabilire delle buone relazioni con Algeria e Marocco in virtù del transito del gas”.
Le prospettive italiane
E l’Italia? “Penso si renda conto che avrebbe il profilo giusto per svolgere un ruolo: non è stata assolutamente così in prima linea contro Assad, mentre sta gestendo la guerra in Ucraina, dei rapporti con la Francia non semplici, la diversificazione energetica, la possibile partecipazione a proporre un segretario generale della Nato. Su tutte le questioni comunitarie non dubito che il governo italiano si muova quantomeno d’intesa con gli Stati Uniti o con Israele: mi sembra che stia facendo diversi sforzi per battere un colpo in altri scacchieri. È chiaro che, un momento dopo, bisognerà dare seguito alle prime dichiarazioni, però al momento vedo comunque uno sforzo che prima non c’era, vedremo se andrà avanti e quanti spazi reali potrà avere”.
E conclude: “Se Assad cominciasse a lavorare in modo accorto con gli israeliani, cosa per esempio sulla quale i russi potrebbero non essere contrari, a quel punto il sisma diverrebbe un’opportunità, considerato che un’intesa tra siriani e israeliani sarebbe davvero un passo avanti importante”.