Come mai i patriarchi non hanno speso una parola per gli otto giorni risultati necessari ad Assad per consentire alle Nazioni Unite di riaprire i corridoi umanitari? Il commento di Riccardo Cristiano
In che cosa consiste la novità aggiuntiva, il disastro aggiuntivi del terremoto siriano? Una versione molto rappresentata trova questo disastro non tanto nelle morti di moltissimi profughi, e non solo, che non sono stati neanche soccorsi, visto che sono rimasti per giorni e giorni sotto le macerie. Tra le cause di questo orrore c’è il fatto, subito sottolineato dal nunzio in Siria, monsignor Mario Zenari, che nessuno ha ritenuto di proclamare un cessate il fuoco. E il fuoco coinvolge i turchi, i curdi sotto attacco e costretti a difendersi militarmente, i russi, l’esercito siriano e le milizie filo turche. Nessuno di costoro davanti al terremoto ha ritenuto di proporre un cessate il fuoco.
Eppure, a differenza del nunzio, i patriarchi di tutte le Chiese cristiane e coloro che li leggono si sono stracciate le vesti non per il cessate il fuoco che non c’è , non per gli omessi soccorsi in particolare a milioni di profughi, ma perché il mondo togliesse le sanzioni al governo siriano. Davvero? Premesso che si dovrebbe spiegare quali sanzioni, posto che questo fosse il problema, come avrebbe fatto il regime a sostenere le popolazioni di aree che non controlla, anzi, con le quali è in conflitto? Parliamo delle aree più ampie e popolate della parte di Siria colpita dal terremoto. Infatti è vero che Aleppo, sotto il controllo di Bashar Assad, è stata devastata dal sisma, ma lo stesso vale per tutto il governatorato di Idlib, al confine con la Turchia e non controllato da Assad, dove sono stati deportati da Assad milioni di profughi, come per Afrin, in mano ai turchi, e la vasta regione governata dai curdi.
Questo fatto oggettivo trasforma così la precedente domanda: come mai i patriarchi in questione non hanno speso una parola per gli otto giorni risultati necessari al presidente della Siria per consentire all’Onu, senza però concedere un voto da parte del consiglio di sicurezza dove la Russia lo ha sempre impedito, di riaprire i corridoi umanitari con cui l’Onu soccorreva i profughi del nord siriano e che proprio Damasco aveva preteso di chiudere e Mosca imposto di chiudere grazie al suo seggio all’Onu, lasciandone aperto uno solo, ufficialmente risultato danneggiato dal terremoto? La mativazione è chiara e ufficiale: gli aiuti ai nemici di Damasco dovevano passare da Damasco. L’Onu non ha ceduto a questa pretesa che però è rimasta tale anche davanti al terremoto, per otto giorni. Solo allora si è consentito all’Onu di riaprire i vecchi corridoi terrestri e far giungere gli aiuti, ma in via eccezionale, senza un voto ufficiale.
Siccome il terremoto ha colpito soprattutto quella parte di Siria, dove non governa Assad ma i curdi a oriente e i miliziani filo turchi a occidente, come mai Assad ha potuto temporeggiare impunemente per otto giorni prima di dare il suo ok all’Onu? E come mai i patriarchi di Siria nei loro numerosi comunicati non hanno ritenuto di spendere una parola al riguardo, ma solo sull’urgenza di togliere le sanzioni a Damasco?
Questo discorso delle sanzioni va capito bene.
Questi territori che Assad rivendica e per i quali si combatte ancora in questi giorni, ospitano un numero esorbitante di persone, che da anni vivono soltanto di aiuti umanitari, ostacolati dal regime siriano, non da supposte sanzioni. Le sole sanzioni europee esistenti riguardano individui e società trovati colpevoli di crimini contro l’umanità e commercio di armi. Sono in vigore dal 2013 e il limite che pongono nella realtà è all’acquisto di armi. Ma le armi non sono aiuto umanitario. Quelle volute da Trump contro la miriade di società di costruzioni edilizie con cui il regime intende gestire il business della ricostruzione in particolare con il concorso dei “fratelli” arabi degli Emirati o del Qatar impediscono transazioni economiche, mai hanno sfiorato l’aiuto umanitario.
Quando la Casa Bianca ha sbloccato l’accesso ad alcuni meccanismi finanziari per il regime siriano, i patriarchi hanno detto che queste sono le sanzioni che affamano i siriani. Ma il Financial Tracking Service dell’ufficio competente dell’Onu, Ocha, ha pubblicato per tutto il mondo i sommari relativi agli aiuti umanitari emergenziali. E per la Siria il dato è molto interessante: infatti i vincitori del conflitto, gli alleati, gli amici di Assad, non figurano proprio tra i donatori, neanche un dollaro arriva dalla Russia, o dall’Iran, che molti negli episcopati siriani hanno presentato e plaudito come liberatori. Invece nel solo 2022 ben 2,8 miliardi di dollari in aiuti umanitari sono arrivati da quei terribili amici dei terroristi e nemici dei siriani, gli Stati Uniti. E’ il 43% del totale degli aiuti umanitari, così importanti per i “poveri” di cui i patriarchi parlano spesso. La seconda fonte è altrettanto sorprendente, trattandosi della Germania, che contribuisce per il 25,8%, seguita dall’Unione Europea e poi dalla Francia. Così si è fatto il totale, o quasi, dei donatori.
Tutto questo comprende ovviamente anche i fondi per quella sicurezza alimentare che vede Wfp, Unhcr, Unrwa, Who e Unicef tra i principali benefattori. Senza gli Stati Uniti, dunque, queste azioni e operazioni sarebbero state dimezzate. Senza la Russia e l’Iran nulla cambia, perché i loro contributi non esistono.
Non esistono dati sul 2023, ma sarebbe interessante chiedere ai patriarchi siriani cosa sanno al riguardo. Il familiare di Assad posto ai vertici della commissariato per la gestione degli aiuti internazionali di cosa si occupa? E dà garanzie di imparzialità?