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I numeri non mentono. Il blitz di Meloni sul superbonus è solo realismo

La misura introdotta dal secondo governo Conte è già costata allo Stato oltre 70 miliardi, senza considerare l’enorme mole dei crediti incagliati. Esclusi ribaltoni sul deficit e aumenti delle tasse, va da sé che il meccanismo andava fermato. Come sottolineato, anche, da Cottarelli

La prudenza ha sempre un costo, persino politico. E il colpo di spugna di Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti sul superbonus, non fa eccezione alcuna. Il blitz di Palazzo Chigi, lo scorso giovedì, che ha sensibilmente modificato le regole della misura introdotta dal secondo governo Conte, sotto forma di agevolazione fiscale per gli interventi di ristrutturazione che migliorano l’efficienza energetica di case e condomini, ha sollevato la protesta di tutte quelle imprese che hanno sostenuto il costo dei lavori, per poi cedere il credito oppure applicato lo sconto in fattura e in attesa del rimborso da parte dello Stato.

Il problema è che i numeri raccontano un’altra storia, che conduce direttamente tra le braccia dell’unico vero nemico della crescita, almeno in Italia: il debito pubblico. Sì, perché volendo fare due conti, ci ha pensato l’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie e la sostenibilità, dal 2020 al 31 gennaio 2023 sono stati autorizzati 372.303 cantieri per un importo complessivo di 65,2 miliardi di euro e un costo a carico dello Stato di 71,7 miliardi di euro. Denari a cui vanno aggiunti gli enormi stock di crediti incagliati, anche in pancia alle banche che, tra le altre cose, hanno esaurito le munizioni per anticipare la cassa alle imprese.

Insomma, negli ultimi anni i limiti e i problemi di questa misura sono emersi in modo piuttosto chiaro: oltre a costare moltissimo allo Stato, la versione originale del superbonus era poco equa perché ha favorito le fasce benestanti della popolazione, ha portato benefici limitati in termini di emissioni risparmiate, ha falsato il mercato dei materiali edili che hanno iniziato a costare moltissimo, ha favorito le frodi. Inoltre, in assenza di coperture, i miliardi di spesa sostenuti dallo Stato, sono destinati a trasformarsi inevitabilmente in deficit e dunque, entro fine anno, in debito.

Questo sia a Palazzo Chigi, sia a Via XX Settembre, lo sanno fin troppo bene. Giorgetti, che i conti li sa fare, ha messo le mani avanti. Come a dire, se oggi lo Stato deve sostenere oltre 70 miliardi di spesa per il bonus (più i 15 miliardi di crediti incagliati che vanno liquidati alle imprese) e non può, giustamente, aumentare le tasse, da dove arriveranno i soldi per la prossima manovra? Non si può certo pensare di scardinare l’ultimo Documento di economia e finanza, che fissa il disavanzo nel 2023 al 4,5% o di ipotecare il futuro dei giovani, ben oltre i 2 mila euro già stimati dal premier. Difficile andare in Europa e raccontare che l’asticella del deficit va alzata perché non si può fermare il superbonus.

Per fortuna, sulla misura che porta la firma del M5S, non manca la lucidità di chi non si può certo considerare in odore di centrodestra. Anzi. Carlo Cottarelli, economista ed esponente dem, per esempio. “Che ci fosse un problema nel provvedimento originario era chiaro a tutti”, ha candidamente ammesso l’ex alto funzionario del Fondo monetario sul Corriere della Sera. “Chiaramente c’era la necessità di sostenere il settore delle costruzioni e si dovrà ancora intervenire, tenendo conto che abbiamo il problema del rinnovamento dei nostri edifici. Però un bonus al 110% che poteva essere utilizzato con la cessione è una modalità troppo generosa e troppo costosa per lo Stato. Quando consenti di avere gratis, anche in caso di redditi elevati, i lavori effettuati in casa, che rendono un immobile più bello e il proprietario ci guadagna è chiaro che la domanda per quel tipo di incentivo diventa troppo alta”.

E pensare che, già due anni fa, qualche sirena era suonata. A lanciare l’allarme sulla eccessiva generosità del superbonus ci aveva pensato l’economista Giuseppe Pisauro da presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), l’organismo indipendente che si occupa di produrre analisi e verifiche sulle previsioni macroeconomiche e finanziarie effettuate dal governo. La principale difficoltà riscontrata era quella di “prevedere l’effettivo impatto dei maggiori incentivi sulle decisioni di spesa, circostanza resa più problematica dal fatto che il Superbonus per la prima volta copre integralmente i costi, con massimali di spesa agevolabile più elevati rispetto a quelli previsti per altri interventi di incentivo riguardanti gli immobili”. Ora è tempo di voltare pagina.

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