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Perché Lagarde è sotto tiro in Europa. La versione di Angeloni

​Intervista all’economista, docente ed ex membro del Comitato esecutivo dell’Eurotower. Che non condanna la politica monetaria di Francoforte, i tassi prima o poi andavano toccati e poi il contesto economico europeo lo permette. Semmai gli errori hanno riguardato i ritardi e la comunicazione

Non è tempo di processi e nemmeno di sentenze. Christine Lagarde, certo, ha i suoi torti. Ma non per questo sulla gestione del costo del denaro ha sbagliato tutto. Ignazio Angeloni, economista di lungo corso e docente presso la Robert Schuman Center of the European University Institute in Florence, il Comitato esecutivo della Bce lo conosce bene, visto che vi ha fatto parte per diversi anni.

E per questo quando gli si chiede un parere sulla spaccatura, nemmeno troppo superficiale, tra i falchi e le colombe, nelle persone di Isabel Schnabel per i primi e di Fabio Panetta per i secondi, non si scalda più di tanto.

La presidente della Bce Lagarde sembra voler perseverare nella sua politica a base di rialzi dei tassi. Ignorando, forse, che l’inflazione in Ue è in ripiegamento e che è figlia di strozzature imputabili, anche, al conflitto in Ucraina. E che quei barlumi di crescita cui stiamo assistendo potrebbero uscirne penalizzati. Non le sembra che la Bce abbia perso il contatto con la realtà delle cose?

Non credo si debba definirla la sua politica. Penso piuttosto che Lagarde cerchi di conciliare le diverse posizioni che esistono all’interno del Consiglio che presiede. Le quali, in alcuni casi, riflettono specifiche situazioni, esigenze e preferenze nazionali. Riguardo alla politica dei tassi, a me sembra che le mosse della Bce negli ultimi tempi mirino a riportare i tassi di interesse a breve reali – cioè al netto dell’inflazione – su un livello equilibrato, superiore allo zero anche se di poco. La situazione degli ultimi tempi in cui essi sono stati fortemente negativi era anomala e giustificata da condizioni eccezionali: prima i rischi deflazionistici, poi la pandemia. La situazione economica dell’eurozona oggi consente e richiede questa strategia di riequilibrio.

E questo ragionamento vale anche per un’inflazione riconducibile a fattori slegati dalla domanda?

Alcuni sostengono che la politica monetaria non dovrebbe agire perché la fiammata inflazionistica ha tratto origine dal lato dell’offerta. Ma è una tesi sbagliata. Per tenere sotto controllo l’inflazione, la domanda va regolata anche in funzione di ciò che accade all’offerta. E poi, comunque, i dati sui prezzi energetici, in calo ovunque, e sulle strozzature nelle catene produttive mostrano che anche la situazione dell’offerta si va gradualmente normalizzando.

La presa di posizione di Panetta e, a stretto giro quella di segno opposto, di Schnabel, danno la cifra di una crescente frattura in seno alla Bce. Lagarde dovrà tenerne conto, alla fine. Oppure no?

Sicuramente la presidente terrà conto delle diverse posizioni nel Consiglio. Penso anzi che lo sta già facendo. Recentemente vi è stata un po’ di incertezza dal lato della comunicazione, soprattutto a causa di certe enfatizzazioni eccessive fatte durante le conferenze stampa. Ritengo che il problema possa essere superato già a partire dalle prossime riunioni del Consiglio. A parte questo aspetto, a me sembra che la linea seguita dalla Bce negli ultimi tempi in materia di tassi di interesse sia sostanzialmente corretta.

Abbiamo più volte sentito dire come la Bce si sia mossa con colpevole ritardo rispetto alla Fed, che già dalla scorsa primavera era entrata in azione. Condivide questa lettura?

Penso anche io che la Bce si sia mossa con ritardo nello scorcio del 2021 e agli inizi del 2022, nel non recepire tempestivamente la presenza e la portata delle pressioni inflazionistiche che iniziavano a manifestarsi. Allora la politica monetaria era sbilanciata in senso espansivo e andava riequilibrata, anche per evitare che l’inversione risultasse troppo rapida e intensa in un momento successivo. Ma questa è acqua passata, ora si guarda avanti.

Fed e Bce proseguiranno in un unico solco, quindi?

Il paragone fra Fed e Bce è difficile, perché le situazioni sono diverse – tanto per cominciare, l’indice dei prezzi di riferimento è diverso. A grandi linee va comunque rilevato che il tasso di interesse controllato della Fed in questo momento è del 4,5-4,75%, con un’inflazione al 6.4% (gennaio). Nonostante ciò il presidente Powell ha detto che c’è ancora del lavoro da fare, cioè, ulteriori aumenti dei tassi. Da noi i dati corrispondenti sono 2,5% e 8,5%. Lagarde nell’ultima conferenza stampa ha detto che c’è del terreno da percorrere. Parole differenti, ma la sostanza è la stessa.


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