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Tim, il blitz (atteso) di Kkr e l’occhio del governo sulla rete

L’offerta del fondo americano per l’infrastruttura dell’ex Telecom è destinata a sparigliare le carte, ma non certo a sconvolgere più di tanto i piani del governo. L’opzione Cdp rimane sul tavolo e per Labriola continua a rappresentare la scelta industriale migliore. Urso comunque puntella l’azienda “che ha un ruolo cruciale”, mentre il titolo in Borsa si accende

La mossa è di quelle destinate a sparigliare le carte, specialmente in un momento in cui il dossier rete unica è tornato in cima all’agenda del governo di Giorgia Meloni. Il fondo statunitense Kkr ha presentato un’offerta non vincolante per l’acquisto di una partecipazione in Netco, lo spin-off di Tim che nei piani industriali dell’ex Telecom comprenderebbe la rete fissa, più Fibercop, società della fibra di cui il fondo a stelle e strisce è già socio con una quota del 37,5%, unitamente Sparkle, che si occupa del settore delicatissimo dei cavi sottomarini.

Secondo fonti di mercato la proposta del fondo, che ha innescato il rally del titolo Tim in Borsa, che nella seduta odierna ha strappato sul finale a +9,5%, si aggirerebbe attorno ai 20 miliardi, ma la cifra andrà verificata una volta che saranno rese note le condizioni. Sarebbe comunque inferiore alla somma a cui sarebbe disponibile a chiudere Vivendi, socio di riferimento del gruppo telefonico, (attorno ai 24 miliardi) ma senza più rappresentanti esecutivi nel board. Ora, il blitz di Kkr va letto in controluce.

Come noto, l’obiettivo dichiarato di Meloni e Adolfo Urso, l’esponente di governo che insieme al sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alle Tlc, Alessio Butti, più di tutti segue da vicino la partita della rete, è quello di mettere a sistema l’infrastruttura dell’ex Telecom con quella di Open Fiber. Il tutto per dare vita a un’entità a pieno controllo statale dentro la quale infilare la rete Tim e cablare il Paese.

Da parte sua l’ex Telecom, sui quali conti (il board sul bilancio 2022 è previsto tra qualche giorno) pesa un debito lordo vicino ai 25 miliardi, da diverso tempo punta a liberarsi dell’asset, sia per concentrarsi sulla propria fibra e sul 5G, sia per alleggerire un’esposizione diventata decisamente pesante. La domanda a questo punto è: ora che Kkr ha scoperto ufficialmente le carte (il consiglio di amministrazione odierno darà un primo sguardo all’offerta, ma senza prendere alcuna decisione in merito), che cosa succederà?

Tanto per cominciare, fanno notare fonti sondate da Formiche.net, la mossa di Kkr, che per qualche osservatore è vista come un tackle, non è in realtà per nulla un fulmine a ciel sereno. Sono mesi che il fondo americano è alla finestra in attesa di sviluppi sulla rete e lo stesso ad Pietro Labriola ha sempre ribadito di avere un’opzione A, la vendita della rete a Cassa depositi e prestiti, azionista di controllo di Open Fiber e vista come la scelta industriale migliore e un’opzione B, qualora la prima non si materializzasse, ovvero la cessione dell’asset a Kkr.

Secondo aspetto, da Tim viene ribadito informalmente un concetto: la partita per la rete rimane assolutamente aperta, vale a dire che un’eventuale offerta per la rete alternativa a quella di Kkr da parte di Cdp, verrebbe presa seriamente in considerazione se non addirittura messa in corsia preferenziale. Il governo continua a osservare da vicino la situazione. Di buon mattino è stato proprio il ministero per le Imprese e il made in Italy guidato da Urso a puntellare Tim (l’esecutivo ha comunque i poteri del Golden power sull’infrastruttura).

“Il governo segue con attenzione l’offerta presentata dal fondo Kkr per l’acquisto di una partecipazione in una costituenda società che gestisca la rete fissa di Tim, azienda che oggi ha un ruolo cruciale nei servizi di telefonia, nella realizzazione della banda larga nel nostro Paese e della infrastruttura del Polo Strategico Nazionale”, si legge in una nota. “Il governo reputa centrali la salvaguardia dei livelli occupazionali e la sicurezza di una infrastruttura strategica quale la rete nazionale di telecomunicazioni. Su questi presupposti si valuteranno gli sviluppi che riguardano la prima azienda di telefonia italiana”.

 

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