Secondo l’ex funzionario dell’intelligence americana Panikoff dovrebbe nascere un nuovo servizio all’interno del dipartimento del Commercio. Ma non è l’unico ad auspicare un diciannovesimo organismo
C’è un unico tema su cui il Congresso degli Stati Uniti si trova sempre d’accordo: la Cina. Basti pensare alle politiche dell’amministrazione Biden (democratica) su TikTok e Huawei, in continuità con quelle dell’amministrazione Trump (repubblicana). Analizzare, comprendere e prevedere le azioni della Cina è una delle priorità della comunità di intelligence americana. Ma secondo Jonathan Panikoff, ex funzionario dell’intelligence oggi senior fellow del programma di geoeconomia e direttore della Scowcroft Middle East Security Initiative presso l’Atlantic Council, gli Stati Uniti hanno bisogno di una nuova agenzie d’intelligence, la diciannovesima. “Gli Stati Uniti non possono affrontare adeguatamente le sfide di sicurezza nazionale legate alla Cina, che sono sempre più guidate dalla tecnologia, senza l’aiuto di un partner che può apparire inaspettato, il dipartimento del Commercio”, ha scritto su Politico.
“Il mio ultimo incarico nel governo degli Stati Uniti è stato quello di supervisionare il ruolo della comunità di intelligence nel Comitato per gli investimenti esteri negli Stati Uniti (Cfius), insieme a un gruppo interagenzie precedentemente noto come Team Telecom, e di essere responsabile dell’impegno della comunità di intelligence con gli sforzi di sicurezza degli investimenti dei nostri alleati stranieri”, ha spiegato. I casi che vengono sottoposti al Cfius sono secretati e non vengono resi pubblici. “Ma posso dire questo: I casi più impegnativi riguardano solitamente questioni di tecnologia avanzata o dual use, un settore in cui il dipartimento del Commercio svolge un ruolo fondamentale, date le sue responsabilità in materia di commercio internazionale e controllo delle esportazioni”. Il dipartimento svolge infatti un ruolo centrale nel Chips Act e in altre leggi e misure che riguardano la competizione tra Stati Uniti e Cina.
Come nel 2004 l’Ufficio intelligence e analisi del Tesoro è stato inserito nella comunità d’intelligence statunitense. I successi dell’Ufficio “non sarebbero stati possibili senza la sua piena integrazione nella comunità di intelligence”, ha scritto Panikof sottolineando il fatto che le sue valutazione arrivano spesso alla Casa Bianca e alla politica americana. “Allo stesso modo, non ci si può aspettare che il dipartimento del Commercio svolga un ruolo più completo nella sicurezza nazionale degli Stati Uniti se i suoi leader non sono pienamente informati degli obiettivi strategici e degli sforzi tattici illeciti degli avversari degli Stati Uniti. Per soddisfare questa aspettativa, è necessario lanciare una nuova agenzia di intelligence, la diciannovesima, da collocare all’interno del dipartimento”, ha spiegato.
Panikoff non è l’unico esperto del settore a proporre la creazione di una nuova agenzia d’intelligence. Secondo Amy Zegart gli Stati Uniti dovrebbero dare vita a un servizio dedicato all’open-source (fonti aperte) per “comprendere e sfruttare le tecnologie emergenti” e per non rimanere indietro. Può sembrare ridondante ma è “essenziale”. Una nuova agenzia offrirebbe diversi vantaggi: le pratiche per il nullaosta di sicurezza sarebbero più facili trattandosi di informazioni non classificate, e dunque il reclutamento di dipendenti sarebbe più veloce; si potrebbe innescare un circolo virtuoso tra servizio pubblico e settore privato; i funzionari dell’intelligence avrebbero modo di concentrare sforzi e capacità sul loro lavoro esclusivo, cioè la racconta clandestina di informazioni. Fondamentale però riconoscere i limiti dell’open source intelligence. “Le immagini satellitari possono rivelare nuovi silos missilistici cinesi, ma non quello che i leader cinesi intendono fare con essi”, ha spiegato Zegart.