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Primo sì dell’Europa all’Italia. La due giorni di Urso a Stoccolma

Il ministro per le Imprese incassa l’appoggio di Breton​ e apre la strada per la creazione di una politica industriale continentale a prova di Cina. Ora palla al Consiglio europeo, con lo spettro di uno sgambetto dei Paesi frugali

Buona la prima. Anche se la strada verso una solida e credibile politica industriale europea – a prova di Inflation Reduction Act (Ira) –  è ancora lontana. Adolfo Urso può tornare da Stoccolma, dove si è recato per il primo Consiglio europeo per la competitività, con un piccolo bottino. Tra due giorni, a Bruxelles si capirà se l’Europa sarà in grado di compattarsi nella risposta al piano di sussidi americano. I segnali non sono molto confortanti, vista la trasferta in solitaria negli Stati Uniti di Francia e Germania, volate a Washington forse più per interessi nazionali che continentali.

Nel mentre, il governo di Giorgia Meloni porta a casa un risultato e cioè un primo vero appoggio dell’Europa, nella figura del commissario al Mercato Interno, Thierry Breton, alla strategia italiana per un salto di qualità industriale in Ue, in chiave anche anti-cinese. “L’incontro con il commissario Breton e quello con la presidenza svedese (di turno al Consiglio europeo, ndr) ci hanno confortato sulla strada che abbiamo indicato per dare una risposta non solo all’Ira americano ma soprattutto alla sfida globale della Cina e più in generale dell’Asia”, ha chiarito il ministro delle Imprese e del Made in Italy, a valle dell’incontro con Breton.

Urso poi ha rimarcato la necessità di una ulteriore spinta verso una politica industriale in grado di emancipare l’Europa dalla Cina, ma anche dagli Usa. “È necessaria la chiarezza degli obiettivi e una decisione comune per evitare la fuga delle imprese europee e garantire autonomia strategica dell’Europa non solo nella produzione energetica nella fase di transizione ecologica, ma anche negli altri settori strategici come il digitale, la farmaceutica, l’alimentazione e l’aereospazio”.

Per quanto riguarda gli aiuti di Stato, capitolo scivoloso visto che in caso di rifiuto dei Paesi frugali si partecipare a un fondo sovrano a base di debito comune, Urso ha ribadito la linea dell’Italia e cioè che un fondo serve. “Ho espresso pieno sostegno a quanto delineato dal commissario in merito alla revisione degli aiuti di Stato, che non deve essere un via liberi tutti, soprattutto a quanto ci ha espresso in merito alla flessibilità nell’uso delle risorse comunitarie e ad una architettura finanziaria che non si limiti al pieno utilizzo con criteri di flessibilità dei fondi esistenti ma anche alla creazione di un Fondo sovrano europeo”. Adesso palla al Consiglio europeo.


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