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Autonomia strategica e Difesa. Le lezioni ucraine per l’industria

La guerra in Ucraina ha fatto emergere l’importanza di assicurarsi l’autonomia strategica nel settore, fondamentale, della Difesa e della sua industria. Dalla produzione di sistemi d’arma, al vantaggio tecnologico nei settori dell’aerospazio e della sicurezza, si sono confrontati all’evento della Fondazione Farefuturo Claudio Graziano, Domitilla Benigni, Alessandro Ercolani e Giulio Ranzo

L’indipendenza nazionale passa anche (e soprattutto) attraverso la sovranità tecnologica, un fattore cruciale in tutti i settori del sistema-Paese, ma che assume una valenza ulteriore nel caso della dimensione militare e del relativo comparto industriale. È quanto emerso nel corso del panel dedicato alla “Difesa e industria della Difesa”, parte del più ampio incontro organizzato dalla Fondazione Farefuturo, nel corso del quale si sono confrontati il presidente di Fincantieri e già presidente del Comitato militare dell’Ue, generale Claudio Graziano, e gli amministratori delegati di Elettronica, Domitilla Benigni, di Rheinmetall Italia, Alessandro Ercolani, e di Avio, Giulio Ranzo.

Consapevolezza della Difesa

In particolare, come registrato da Mauro Mazza, direttore editoriale di Farefuturo che ha moderato il panel, a un anno dall’invasione russa dell’Ucraina ci siamo accorti che “nulla è più come prima” e che la “nostra vita è cambiata, e non è stato un cambiamento in positivo”. Tutto questo ha modificato anche il senso e il ruolo della Difesa e della sua industria. Per il generale Graziano, infatti, il cambiamento era in atto già da tempo, e il 24 febbraio è servito solo per rendersene conto. “L’obiettivo del 2% del Pil alla difesa in ambito Nato o le iniziative europee di sicurezza erano in atto da prima del 2022” e l’invasione ha solo fatto tornare attuali parole come “guerra” e “ricerca della pace”. Tutto questo “richiede di essere preparati con maggiore consapevolezza nazionale”, come per esempio nell’avere sempre chiaro che “supportare l’Ucraina è un dovere, e che aiutando Kiev a difendersi, indirettamente difendiamo anche la nostra libertà”. Il nemico, per il generale, non è infatti direttamente ai nostri confini, ma poco al di fuori, in Ucraina e nel sud del mondo. Tutti questi problemi, tuttavia, non sono affrontabili da un solo Paese, ed è per questo che bisogna sostenere la costruzione di una Difesa europea e il rafforzamento di quella nazionale, in un’ottica di scala per cui, come l’architettura militar e l’autonomia strategica europea non sarebbe contro la Nato, ma per essere in grado di operare “da soli se necessario, insieme se possibile”, allo stesso modo la difesa nazionale dev’essere in grado di fare la stessa cosa con l’Ue e la Nato, ma rimanendo in grado di agire a sostegno dell’interesse nazionale italiano. “Questo lo si può fare solo con una industria forte, e per questo bisogna investire e far parte del quadro di sicurezza internazionale”.

La sfida digitale

Aspetto cruciale del nuovo scenario di sicurezza è l’emergere di nuove tecnologie e di nuovi domini di competizione, primo fra tutti quello del cyber-spazio. “La prima parte dell’invasione dell’Ucraina è stata una vera guerra ibrida, un guerra cyber” ha infatti registrato Domitilla Benigni, sottolineando quanto dal punto di vista della rete “siamo sotto attacco, in una situazione di pandemia digitale endemica, globale”, con una crescita esponenziale degli attacchi. Il problema sono i bassi costi degli attacchi, per cui servono solo competenze e software economici, e l’impossibilità di identificare con sicurezza la minaccia: “in una cyber-guerra non sai contro chi stai combattendo”. Di fronte a questa vera crisi digitale, la Nato ha inserito lo spazio cyber tra quelli coperti dall’articolo 5, per cui un Paese è autorizzato a rispondere a un attacco cyber come fosse convenzionale. L’Italia, però, non è rimasta a guardare “e ha accelerato sulle sue difese cyber” istituendo l’Agenzia per la cyber-sicurezza nazionale, implementando il perimetro di sicurezza cyber e costituendo presso il Comando operativo di vertice interforze il Comando operazioni in rete, il centro militare per operazioni cyber.

Vantaggio tecnologico

Naturalmente, cruciale per tutte queste sfide sarà la dimensione tecnologica, e il mantenimento di un costante vantaggio competitivo in termini di innovazione rispetto ai potenziali avversari. Tuttavia, “le tecnologie sono figlie di intuizioni e processi industriali” ha sottolineato Ercolani, registrando come se per le dottrine militari vale il principio quasi darwiniano di adattamento all’ambiente per il quale vengono sviluppate, lo stesso può dirsi per le tecnologie: “In assenza di un ambiente operativo per il quale testare, non sappiamo se funzionano”. Prima dell’invasione del 24 febbraio, in Europa in qualche modo era mancata l’idea di un ambiente che provasse l’efficacia delle dottrine e delle tecnologie. “Dalla guerra dobbiamo apprendere delle lezioni per il futuro, come il fatto che abbiamo ‘riscoperto’ che le guerre senza munizioni non si fanno”. L’Ucraina ha dimostrato come Europa (e Italia) non siano pronte ad affrontare le sfide del futuro da questo punto di vista. “Gli Usa producono 200mila colpi l’anno, numeri simili in Europa; in un giorno di guerra in Ucraina si sparano 9mila colpi al giorno, due milioni l’anno”.

Autonomie strategiche

Come confermato anche da Ranzo “il rateo di consumo di missili nel conflitto ucraino, in alcuni momenti di picco, ha superato in un giorno la produzione di un anno”. Una condizione che dovrebbe mettere in allarme sia l’Europa, sia gli Usa, “che pure hanno una produzione dodici volte superiore” a quella del Vecchio continente. Sono valutazioni, ha sottolineato ancora l’ad di Avio, che vanno fatte “in tempi calmi”. Come per gli attacchi cyber, “se ci si pone il problema della cyber-sicurezza dopo che un attacco è avvenuto, è troppo tardi”. La sovranità tecnologica, allora, è un qualcosa su cui ragionare quando si è in pace, per identificare “le aree da presidiare assolutamente, sia in Europa, sia a livello nazionale in modo da garantirci un contributo che non sia gregario, ma di leadership”. La guerra in Ucraina, allora, deve essere uno stimolo per ragionare sui diversi settori nei quali l’autonomia è necessaria. Ne sono esempi l’energia, “ma anche sul prossimo conflitto, più pericoloso, sui semiconduttori”, una risorsa scarsa e importante “posta sotto il rischio di indisponibilità perché concentrata in Paesi essi stessi oggetto di tensioni e contrasti geopolitici”.


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