Al via il ciclo di audizioni presso la commissione banche per fare luce sul fallimento dell’istituto californiano, costato non meno di 20 miliardi di dollari. Dito puntato contro i vertici della banca, ma non solo
Si accendono ufficialmente le luci del Congresso americano sul crack della Silicon Valley Bank e di First Republic (ma anche di Signature Bank). Dopo aver messo in sicurezza i depositi dell’istituto californiano crollato sotto i colpi dei tassi e pilotato l’acquisizione dei restanti asset da parte della First Citizens Bank, ora il parlamento statunitense vuole vederci chiaro sul collasso della banca nata per finanziare le startup della Silicon Valley.
In queste ore, infatti, sono cominciate le audizioni presso il Senato dei principali rappresentanti delle autorità di vigilanza e regolamentazione europee. In prima linea c’è la Commissione banche, guidata dal presidente (democratico) Sherrod Brown, impegnata ad ascoltare, tra gli altri, il numero uno della Federal Deposit Insurance Corporation (l’Agenzia indipendente da governo e Federal Reserve, che assicura i depositanti e ha preso il controllo della banca nelle ore del tracollo in borsa), Martin Gruenberg, il vicepresidente del Consiglio dei governatori della Federal Reserve, Michael Barr e il sottosegretario del Dipartimento del Tesoro, Nellie Liang.
Ora, secondo quanto trapelato dalle osservazioni preparate in occasione delle audizioni, Brown ha messo subito in chiaro l’approccio all’indagine sui default. “Abbiamo molte domande e molta rabbia giustificata nei confronti dei dirigenti e dei consigli di amministrazione delle banche, dei capitalisti, dei regolatori bancari federali e statali e dei responsabili politici”.
Perché, “anche se non è stato utilizzato il denaro dei contribuenti per salvare i depositanti, capisco perché molti americani sono arrabbiati – persino disgustati – per la rapidità con cui il governo si è mobilitato quando un gruppo di élite in California lo ha richiesto. È perché i lavoratori americani non hanno visto le minacce ai loro stipendi e ai loro mezzi di sussistenza trattate come un’emergenza dello stesso livello”. Insomma, il Senato, dove i democratici contano 51 voti contro i 49 repubblicani, vuole fare piena luce.
Nelle sue osservazioni, Brown ha citato anche l’abolizione nel 2018 dei controlli rafforzati della Dodd-Frank per le banche di medie dimensioni come la Silicon Valley Bank. Legge voluta dai repubblicani, sostenuta da una fazione di democratici e firmata dall’allora presidente Donald Trump. Chiedendo alle autorità di regolamentazione di “valutare i danni”, imporre responsabilità e “aggiustare ciò che è rotto”.
Insomma, l’antifona è chiara. “È fondamentale capire come la Silicon Valley Bank e la Signature Bank siano crollate in modo da poter mantenere un sistema bancario forte, proteggere i soldi guadagnati duramente dagli americani e ritenere responsabili i manager, compresi gli amministratori delegati”, ha tuonato Brown. Meno male che dalla Fed dispensano pillole di ottimismo.
“Il nostro sistema bancario è solido e resiliente, con capitale e liquidità solidi”, ha affermato il numero due della Banca centrale, Michael Barr. “Ci impegniamo a garantire che tutti i depositi siano al sicuro. Continueremo a monitorare da vicino le condizioni del sistema bancario e siamo pronti a utilizzare tutti i nostri strumenti per istituti di qualsiasi dimensione, se necessario, per mantenere il sistema sano e salvo”.