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Bergamo, la politica processi se stessa. Il commento di Cangini

L’inchiesta sulla mancata zona rossa a febbraio 2020 a Bergamo si tradurrà in un processo alla scienza, come lo fu quello che la procura de L’Aquila intentò ai vertici della Commissione grandi rischi con l’accusa di non aver previsto il terremoto del 2009. Ma soprattutto sarà un processo “politico” alla politica

Non c’è Paese al mondo che non sia stato sconvolto dalla tragedia della pandemia, ma c’è solo un Paese al mondo in cui i vertici delle istituzioni politiche e tecniche che hanno fatto fronte al Covid-19 sono finiti sotto inchiesta: l’Italia.

Le comprensibili pressioni dei cittadini hanno indotto la Procura di Bergamo ad indagare l’allora premier Conte, il ministro della Sanità Speranza e via elencando; l’ipocrisia dell’obbligatorietà dell’azione penale ha fatto il resto. Con tutta l’antipatia politica per Giuseppe Conte e le riserve sull’operato di Roberto Speranza, è chiaro che il processo non porterà a nulla. Nulla di utile per i cittadini. Sarà un processo alla scienza, come lo fu quello che la procura de L’Aquila intentò ai vertici della Commissione grandi rischi con l’accusa di non aver previsto il terremoto del 2009. Ma soprattutto sarà un processo “politico” alla politica, come lo furono i due processi a carico di Matteo Salvini per la gestione di migranti e Ong.

Un’anomalia tutta italiana, come lo fu Mani Pulite. In nessun Paese civilizzato al mondo un’intera classe politica è stata messa fuori gioco per via giudiziaria, e in nessun Paese civilizzato al mondo la Giustizia è divenuta strumento di lotta politica come da noi.

Cominciò nei primi anni 90, con Leoluca Orlando, la prassi di denunciare in sede giudiziaria le presunte mancanze o le presunte malefatte dell’avversario politico. Prassi che si è fatta regola soprattutto a livello locale, dove è ormai considerato normale che le opposizioni denuncino alla magistratura le scelte o le mancate scelte di sindaci e governatori.

Si tratta di un fenomeno uguale e contrario a quello per cui la politica si astiene spesso dall’esercitare le proprie funzioni obbligando di conseguenza l’ordine giudiziario a sostituirsi ad essa. Dall’Ilva di Taranto all’eutanasia, è accaduto infinite volte. Si tratta di prassi consolidate che, ormai, non stupiscono nessuno, ma che a ben guardare denunciano lo stato di profonda crisi in cui versa la nostra democrazia. Una crisi determinata non dalla forza dei magistrati, ma dalla debolezza dei politici.


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