Il cosiddetto Windsor Framework sul confine irlandese, se portato a termine, risulterebbe prezioso per togliere dal tavolo un elemento di frizione che negli ultimi mesi ha spesso rappresentato un ostacolo al dialogo. Chi c’era e cosa si è detto al convegno di The Smart Institute think tank
Prima “Get Brexit Done” poi “Make Brexit Work” ma alla fine “How Was Brexit”?
L’accordo trovato a Windsor tra Ursula von der Leyen e Rishi Sunak per risolvere la spinosa questione della regolamentazione relativa al confine irlandese rappresenta certamente un ulteriore passo in avanti per le relazioni tra le due sponde della Manica nel post-Brexit. E tale accordo giunge in un momento in cui la diplomazia sull’asse Londra-Bruxelles è impegnata a favorire la collaborazione sia sulla politica commerciale, e quindi sul corretto funzionamento dell’accordo sulle relazioni nel post-Brexit (Tca), sia per quanto attiene alla politica estera.
Questo in un momento molto delicato, con grandi sfide da affrontare, quali la guerra in Ucraina, la crisi energetica, e il perdurare della pandemia da Covid-19.
Per questo il cosiddetto Windsor Framework sul confine irlandese, se portato a termine, risulterebbe prezioso per togliere dal tavolo un elemento di frizione che negli ultimi mesi ha spesso rappresentato un ostacolo al dialogo, soprattutto dopo che il governo Johnson aveva prospettato un intervento legislativo per permettere al Regno Unito di disapplicare unilateralmente quanto definito nel Protocollo allegato al Withdrawal Agreement.
Il Windsor Framework prevede in primo luogo due cose: una corsia preferenziale, chiamata corridoio verde, con controlli e formalità doganali limitate per i beni che dalle altre parti del Regno Unito sono destinate esclusivamente al Nord Irlanda, e la possibilità da parte dell’Assemblea del Nord Irlanda di sollevare un’obiezione e potenzialmente impedire l’applicazione di una nuova norma Ue nel Nord Irlanda quando questa avesse un impatto significativo.
Tale accordo punta a superare, o quanto meno a ridurre, le problematiche presentate dal Protocollo attualmente in vigore, che determina di fatto un allineamento del Nord Irlanda alla UE facendo paventare ad alcuni una compromissione dell’unità territoriale del Regno Unito.
Ora la palla passa a Rishi Sunak che deve fare i conti con le diverse posizioni presenti sul tema all’interno di Westminster, in particolare tra i Tories, e tra le forze politiche del Nord Irlanda. Con gli unionisti del Dup che, dopo il successo elettorale del Sinn Fein, stanno bloccando il governo e l’Assemblea di Stormont proprio ponendo il superamento del Protocollo sul confine irlandese come condizione per la ripresa delle attività.
Ma a oltre due anni dall’uscita del Regno Unito dalla Ue, e con diverse questioni ancora in evoluzione, come si possono definire gli effetti di Brexit nelle relazioni tra Londra e Bruxelles e, più nello specifico, tra Italia e Regno Unito?
Il contesto geo-politico e geo-economico
Osservando il contesto generale per il Regno Unito, in primo luogo si rileva un cambiamento di approccio, oggi del tutto autonomo, nello gestire le relazioni e i dossier a livello internazionale.
Questo sia per quanto attiene alla politica commerciale, con i numerosi accordi commerciali bilaterali siglati da Londra nel Post-Brexit, sia in politica estera, con un maggiore allineamento agli Usa e un’attiva presenza sui principali scenari internazionali.
Ma anche con le criticità determinate sull’economia britannica dal dover affrontare esclusivamente con risorse proprie le grandi sfide di questi anni.
Questo proprio in un momento in cui l’Ue, con il Next Generation Eu, ha dato invece avvio ad un approccio più solidaristico tra gli Stati Membri.
Il Post-Brexit e la City
A seguito di Brexit ci sono state delle ripercussioni anche sul sistema finanziario e sulla City londinese, che ha perso qualcosa in termini di numero di aziende del settore, asset, e capitale umano, che si sono spostati verso le principali piazze finanziarie europee.
Per affrontare tale criticità, il governo britannico sta lavorando a una serie di interventi volti ad una deregulation che possa rendere la City ancora più attrattiva. Tale deregulation andrebbe a mettere in discussione alcune delle norme create in risposta alla crisi finanziaria del 2008, andando potenzialmente a determinare sia rischi che opportunità per il settore finanziario, da dover quindi bilanciare con attenzione.
Il nuovo quadro normativo tra Ue e Uk
L’Uscita dall’Ue ha inoltre avuto un impatto sul sistema normativo britannico. Per mantenere continuità normativa, in prima battuta sono state mantenute molte delle norme comunitarie.
È ora prevedibile che in alcuni settori Londra punterà a determinare vantaggi normativi, anche se la presenza di alcuni limiti, quale ad esempio la necessità di far circolare liberamente merci e servizi, lasciano pensare che la normativa del Regno Unito potrebbe, in alcuni ambiti, non discostarsi troppo da quella della Ue.
Il convegno di The Smart Institute think tank
Questa analisi di contesto è stata effettuata nel corso del convegno sul tema “Le relazioni economiche tra Italia e Regno Unito nell’attuale contesto geo-economico. Le prospettive per aziende e professionisti italiani” promosso da The Smart Institute think tank martedì 21 febbraio.
Il convegno si è sviluppato a partire dal Report, e dall’indicatore “Brexit Referendum Shock Index” in esso contenuto, realizzati da Mario Angiolillo e Stefano Riela di The Smart Institute.
La tavola rotonda è stata moderata da Mara Monti, visiting fellow della London School of Economics, con gli interventi di Alessandro Umberto Belluzzo, presidente della Camera di Commercio Italiana nel Regno Unito, Maurizio Garro, senior lead della Lloyd’s Bank di Londra, Ruggero Rubino Sammartano, board member dell’European Court of Arbitration, e con la partecipazione dei due autori. I lavori sono stati aperti dal saluto di Pasquale Merella, presidente di The Smart Institute.
Le relazioni economiche Italia-Uk e il “Brexit Referendum Shock Index”
È stato quindi analizzato lo stato delle relazioni tra Italia e Regno Unito.
Evidenziando come le relazioni commerciali tra le due parti siano ancora molto intense, nonostante alcune complessità quali ad esempio le formalità doganali o i visti. Con un volume di scambi in crescita anche rispetto ai dati pre-Covid di fine 2019, e un saldo attivo per l’Italia per 14 miliardi.
Molto importante in questo senso potrà essere il Memorandum of Understanding tra Italia e Regno Unito siglato a Roma ad inizio febbraio, primo memorandum del Regno Unito con un Paese Ue nel Post-Brexit.
Tale Memorandum si propone, tra l’altro, di creare migliori condizioni per chi vuole andare a lavorare oltre Manica, determinare maggiore facilità nel fare business, favorire maggiori investimenti, con un focus su alcuni settori strategici.
L’importanza delle relazioni economiche e commerciali tra Italia e Regno Unito è stata osservata anche con l”indice “Brexit Referendum Shock Index”. Tale indice, illustrato nel corso della tavola rotonda, permetterà di monitorare nel tempo gli effetti di Brexit su quattro variabili: commercio di beni, commercio di servizi, investimenti diretti esteri (i.d.e.) e trasferimenti di residenza. E come queste variabili nel tempo si modificano tra Italia e Regno Unito in rapporto alle modifiche tra Italia e altri Paesi Ue. Punto di partenza dell’osservazione dei dati è stato il Referendum del 2016.
Il convegno si è concluso dando appuntamento, tra alcuni mesi, per la presentazione del secondo rapporto annuale di The Smart Institute e dell’aggiornamento del “Brexit Referendum Shock Index”, per osservare e valutare gli ulteriori effetti di Brexit sulle relazioni bilaterali, nel quadro del complesso contesto geo-politico e geo-economico attuale.