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Pechino allunga ancora le mani sulle banche cinesi

Nelle conclusioni del Congresso del Popolo, appena terminato, c’è l’espressa richiesta di un maggior controllo della nomenklatura sugli istituti. I quali, intanto, continuano a navigare in pessime acque

Xi Jinping, nelle conclusioni del Congresso del Popolo, lo aveva espressamente chiesto: ci vuole più politica nelle banche cinesi. Insomma, più partito. Il leader maxìmo cinese, fresco di terzo mandato, ha ancora una volta deciso di allungare le mani sugli istituti del Dragone, molti dei quali, è bene ricordarlo, partecipati quando non controllati dallo Stato. La congiuntura non è delle più favorevoli per la Cina. Da una parte un Pil anemico (+5% nel 2023, sotto le attese del mercato), dall’altra la pressione sulle banche, con l’onda lunga del caso Svb arrivato fino a Pechino.

E così, proprio mentre la Cina sta affrontando una fase piuttosto stagnante e poco stimolante, al termine del Congresso del Popolo, conclusosi lo scorso lunedì, Xi ha introdotto una serie di cambiamenti radicali al quadro normativo bancario del Paese. Consentendo, per esempio, ai massimi dirigenti del partito di affermare un controllo più diretto sulla politica finanziaria e sulla regolamentazione bancaria. Non sono ancora chiari i dettagli della stretta, ma quotidiani come il New York Times sono più che sicuri: i vertici delle grandi banche del Paese saranno da questo momento in poi molto più sotto osservazione di quanto non lo siano stati in passato. L’idea sarebbe quella di aumentare il volume di comunicazioni al partito: ogni operazione, anche la più piccola, dovrà essere comunicata tempestivamente alle autorità.

“È molto coerente con ciò che Xi Jinping ha predicato negli ultimi 10 anni”, ha affermato Max Zenglein, capo economista presso il Mercator Institute for China Studies di Berlino. “Ogni volta che il governo cinese si trova di fronte a un problema, la soluzione è una maggiore centralizzazione del partito. Mentre i leader della Cina del passato cercavano di mantenere un cuscinetto tra il partito e il settore privato, il  Xi ha cancellato quelle linee e ha chiarito che le imprese sono lì per portare avanti l’agenda del partito”.

E che Pechino voglia mantenere saldamente il controllo delle banche nazionali, lo dimostrano anche le due mosse a sorpresa nel segno della continuità e della stabilità per affrontare le sfide dell’economia e aumentare la fiducia degli investitori. Due le nomine inaspettate proprio durante i lavori del Congresso del Popolo a Pechino: restano in sella il governatore della Banca centrale, Yi Gang, e il ministro delle Finanze, Liu Kun. Entrambi avevano raggiunto i limiti di età (65 anni il primo e 66 il secondo), ma Xi Jinping ha voluto riconfermarli.

Peccato che la salute delle banche cinesi sia decisamente cagionevole. Moody’s ha deciso di attribuire un outlook negativo all’intero comparto del credito, il quale “rappresenta ancora un importante fattore di preoccupazione, visto i legami con l’andamento dell’economia. Ad ogni modo, il supporto statale potrebbe rappresentare una possibile soluzione”. Forse.

 

                                                                                                                                                                            (Photo by Ralf Leineweber on Unsplash)

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