Prima indagine federale aperta contro ByteDance, la società madre cinese dell’app. L’accusa è di aver sorvegliato utenti americani, compresi alcuni giornalisti. Si tratta dell’ennesimo capitolo di una guerra che non accenna a smettere e sta coinvolgendo sempre più attori
Non accenna a placarsi la guerra tra Stati Uniti e TikTok, ogni giorno condita di un nuovo episodio che alza l’escalation e incancrenisce ancor di più i rapporti tra Washington e Pechino. Due giorni fa la richiesta a ByteDance di vendere le sue quote cinesi, pena il bando definitivo di TikTok in America. Oggi, invece, il Dipartimento di Giustizia americano ha avviato un’indagine contro ByteDance, la società madre dell’app cinese, per presunto spionaggio nei confronti di alcuni cittadini americani. Tra questi ci sarebbero anche giornalisti, sorvegliati per capire chi fosse stato a fornire ai media informazioni riservate della compagnia. Compreso uno di Forbes, che non è si lasciato l’occasione e ha dato per prima la notizia, ripresa dai maggiori giornali statunitensi, compreso il New York Times.
Come scrive il quotidiano statunitense, l’indagine sarebbe partita alla fine del 2022, più precisamente a dicembre quando da parte di ByteDance era arrivata l’ammissione che alcuni suoi dipendenti erano entrati in possesso di dati personali degli utenti americani. L’allarme è scattato immediatamente e, alla luce dei fatti odierni, rimbomba in modo più sordo. Su ByteDance ci sarebbero anche gli occhi dell’FBI e del procuratore federale del distretto della Virginia, ma non è chiaro se le loro indagini siano collegate a quella del Dipartimento di Giustizia. Tutti, per ora, mantengono il massimo riserbo.
Ad ogni modo, la notizia è già storica. Per la prima volta, infatti, un’inchiesta federale piomba su TikTok, che prova a difendersi. Lo ha fatto tramite il portavoce di BiteDance, affermando come “abbiamo condannato fermamente le azioni delle persone ritenute coinvolte e non lavorano più” nella società. “La nostra indagine interna è ancora in corso e collaboreremo con qualsiasi indagine ufficiale quando ci verrà portata”, ha aggiunto.
La questione, come anticipato, segue a un’ondata di tensione che è partita negli Stati Uniti e, pian piano, si sta allargando a più Paesi. In America era partita a tamburo battente con Donald Trump alla Casa Bianca, ma poi è proseguita anche con l’arrivo di Joe Biden che, a differenza del suo predecessore, sta utilizzando davvero il bastone nei confronti delle minacce che arrivano dalla Cina. La decisione rivolta ai funzionari americani di eliminare TikTok dai loro dispositivi è stata una miccia che ha provocato un incendio piuttosto grande. Il Canada si è subito accodato, così come anche i Regno Unito.
Sulle questioni di sicurezza tuttavia non ci scherza nessuno. Ecco perché anche la Commissione europea ha chiesto ai suoi dipendenti di disinstallare l’app entro metà marzo, a meno che non volessero perdere l’accesso alla posta elettronica istituzionale o utilizzare Teams. Anche da qui, dunque, si capisce che tipo di rischi si stanno correndo. Infine, la stessa decisione è stata presa dal Belgio e, sempre ieri, da Malta.
Finora, la vicenda aveva un solo grande dubbio, oltre a quello di scoprire se TikTok sia davvero un’arma di politica estera sfruttata dai cinesi oppure una normalissima piattaforma dove girare e postare video differenti. Il fatto che i governi di diversi Paesi si stiano allineando sul divieto per i loro funzionari, però, fa pensare a responsabilità concrete di cui l’app deve rispondere. Ora che in mezzo ci sono finiti anche normali cittadini, ancor di più.