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Codice degli appalti e Pnrr. La nuova normativa spiegata da Guzzetta

Secondo il giurista “le modifiche introdotte al sistema degli appalti attraverso la legislazione sul Pnrr sono state recepite e rinforzate dal Codice. E questo è sicuramente un elemento positivo”. E sui subappalti? “Comprendo le preoccupazioni dei sindacati, ma mi sentirei di rassicurare sul fatto che il nuovo Codice mostra una particolare attenzione nel regolare l’applicazione di tale istituto proprio a tutela dei lavoratori”

Il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini è giubilante. L’approvazione del nuovo Codice degli appalti è una medaglia che si appunta al petto. Si gioca tutto sulla rapidità perché, sostiene il vicepremier, “per fare una gara si risparmieranno da sei mesi a un anno”. I sindacati già sono sul piede di guerra perché temono riverberi sull’applicazione dei contratti per i lavoratori dei subappalti. Ora si tratterà di vedere quali, in realtà, saranno gli effetti benefici di queste semplificazioni. Deroghe per i cantieri, appalti integrati e novità rilevanti sul piano delle centrali di committenza. Per approfondire il tema, abbiamo chiesto un parere a Giovanni Guzzetta, ordinario di Diritto pubblico all’Università di Roma Tor Vergata.

Professor Guzzetta, il nuovo Codice degli appalti è legge. Il testo punta alla semplificazione nel solco delle linee di mandato del governo. Quale sarà secondo lei il reale impatto sull’istruzione delle pratiche di appalti pubblici?

Premettiamo che i più rilevanti problemi nel sistema degli appalti pubblici non riguardano tanto le procedure di gara, ma quanto sta prima e dopo. Cioè la progettazione e l’esecuzione. Tant’è che mentre per i tempi e la scelta del contraente siamo perfettamente in linea con gli altri paesi dell’Unione, sul resto esistono forti criticità. Alcune di queste criticità derivano dal cortocircuito tra una progettazione lenta e spesso non ben fatta e l’emersione degli errori in sede di esecuzione contrattuale che determinano inevitabilmente rallentamenti quando non la vera e propria paralisi. Come ben sanno gli addetti ai lavori e, ormai, anche il grande pubblico. È  quello che giornalisticamente viene plasticamente definito come “opere incompiute”.

Come interviene il Codice in questo senso? 

È intervenuto sulle criticità, spingendo sul tema della digitalizzazione che, per quanto riguarda la fase della progettazione, significa soprattutto utilizzare il cosiddetto Bim (building information model). Questo consente di pervenire a un livello di dettaglio della progettazione tale da scongiurare che in fase di esecuzione contrattuale possano sorgere contestazioni dell’appaltatore derivanti da errori progettuali. Evitando così nuovi oneri o la necessità di correggere il progetto, di richiedere varianti se non addirittura la rinuncia dell’appaltatore e il blocco dell’opera.

Come agisce la nuova normativa sul versante degli enti locali?

Intanto direi che esiste un problema più generale che è quello della capacità dell’amministrazione di gestire processi così complessi. E qui c’è un gran lavoro da fare. È evidente che il problema si aggrava a livello di enti locali, soprattutto di quelli di dimensioni più contenute che ovviamente non hanno l’expertise, le risorse e il personale adeguati a sfide così complesse. Il Codice tenta di far fronte al problema rilanciando il tema della necessaria qualificazione delle stazioni appaltanti, il che comporterà un grande sforzo di formazione. La formazione però richiede tempo. Bisognerà ricorrere al contributo degli esperti, ma anche gli esperti debbono essere di qualità e nel passato non è sempre stato così. Il costo sarà importante, ma è un investimento ineludibile.

C’è un’integrazione possibile tra Pnrr e nuovo Codice degli appalti, vista anche l’esigenza di fare in fretta richiamata dal ministro Fitto?

Certamente sì, perché le modifiche introdotte al sistema degli appalti attraverso la legislazione sul Pnrr sono state recepite e rinforzate dal Codice. E questo è sicuramente un elemento positivo.

I sindacati sono già sul piede di guerra perché temono, a fronte della nuova legislazione, un’eccessiva liberalizzazione dei subappalti. Questo implica, spesso, una disapplicazione della contrattualistica nazionale del lavoro. Lei come la vede?

Comprendo la preoccupazione. E certo, anche guardando alla legislazione europea, non si può demonizzare di per sé l’istituto del subappalto, inteso anche come strumento per il coinvolgimento delle piccole e medie imprese in questo settore. Detto questo mi sentirei di rassicurare sul fatto che il nuovo Codice mostra una particolare attenzione nel regolare l’applicazione di tale istituto proprio a tutela dei lavoratori, con chiare ed espresse indicazioni.

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