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Cosa lega la condanna di Tsikhanouskaya alle mosse bielorusse su Kiev? Risponde Politi

Dopo i vaccini e i porti, anche la giustizia è usata come clava geopolitica e se ciò accade in un quadrante sensibile come la Bielorussia non bisogna sottovalutarlo. Il direttore della Nato Defense College Foundation: “È un messaggio a basso costo per il governo di Minsk dal momento che la condanna internazionale c’è già e Sviatlana Tikhanovskaya è già neutralizzata perché si trova fuori dai confini nazionali”

“È una brutta notizia evidentemente e, tenendo conto che l’esponente politica è in contumacia, il governo corre meno rischi di avere una martire: per cui la condanna a 15 anni è un chiaro messaggio diretto non tanto all’interessata, quanto a chi è rimasto in patria”.

Così Alessandro Politi, direttore della Nato Defense College Foundation, che Formiche.net ha raggiunto telefonicamente in Lussemburgo, commenta la decisione di un tribunale in Bielorussia che ha condannato la leader dell’opposizione in esilio Svetlana Tsikhanouskaya a 15 anni di carcere dopo un processo in contumacia con l’accusa di aver cospirato per rovesciare il governo. Si tratta dell’ultima mossa in ordine di tempo del governo di Minsk per comprimere il dissenso interno che si era coagulato attorno alla figura dell’ex candidata alle presidenziali.

È l’ombra dell’autoritarismo che si addensa là dove già prosperava nei Paesi a “democrazia gestita” oltre la Vistola e che ha tentato di allungarsi in vari ambiti con le manovre “amichevoli” sui vaccini o sulla gestione dei porti (anche e non solo in Italia). In sostanza la longa manus della giustizia ad orologeria viene usata come clava geopolitica per altri scopi.

Qui Minsk

La Procura aveva chiesto una pena di 19 anni così come per l’ex ministro della Cultura Pavel Latushka, mentre 12 anni per Maria Moroz, già capo dell’ufficio elettorale di Tsikhanouskaya, Olga Kovalkova e Serghei Dylevsky. “Sappiamo – aggiunge Politi – che questi Paesi si reggono su un consenso economico unito a una carica nazionalista: è questa la ricetta di lunga data a quelle latitudini, un quadro che può essere stato intaccato dall’effetto di una guerra che a ha messo in dubbio tanti assetti politici ed economici europei, tra cui anche quello bielorusso”. Nei fatti altro non è che un messaggio a basso costo per il governo di Minsk dal momento che è già condannato a livello internazionale e Sviatlana Tsikhanouskaya è per ora neutralizzata perché si trova fuori dai confini nazionali.

Più in generale, al di là delle notizie di cronaca che più o meno ci si aspettava, la postura bielorussa ha registrato dei cambiamenti tarati sul secondo tempo della guerra in Ucraina? “Ovvio che la guerra non sia indifferente per il governo di Minsk – precisa – Tanto per cominciare è stato il facilitatore dei due accordi che avrebbero dovuto evitare questa guerra, ma che forse hanno solo ritardato la sventurata decisione russa: questo è il primo motivo per cui il governo non è affatto così neutrale. In secondo luogo Minsk capisce benissimo quali siano le implicazioni di questa guerra, comunque essa finisca. Si è parlato molto della possibilità che i russi concentrino forze o che addirittura i bielorussi vadano avanti”.

Immobilismo bielorusso

In secondo luogo, osserva, non si può non notare che la decisione più accorta che possa prendere il governo bielorusso sia di non fare assolutamente nulla, aiutato anche da qualche discreto accordo con l’Ucraina. “Ovvero fare esattamente come il governo di Franco durante la seconda guerra mondiale, la scelta fatta nel maggiore interesse per la sopravvivenza di quel regime. Inoltre abbiamo visto come Putin abbia preso delle decisioni nettamente contrarie a una fetta consistente dell’interesse nazionale del suo Paese”. Peraltro, come Franco, Lukashenko ha inviato il reggimento di volontari Kalinouski in Ucraina, ben sapendo che il suo esercito non ha né esperienza, né motivazione, né equipaggiamenti per entrare in guerra: i colpi d’artiglieria, per esempio, sono già stati vampirizzati dai russi.

Tuttavia, secondo Politi, va considerato che Lukashenko potrebbe anche essere portato a fare un calcolo simile a quello fatto dal presidente russo: “Anche se è improbabile, nessuno lo può escludere in partenza, perché a volte non tutto quello che è improbabile è impossibile. Questo possiamo imparare dalla disgraziata decisione di Putin”.

L’ex candidata Tsikhanouskaya

Nell’aprile del 2021 l’ex candidata alle presidenziali bielorusse contro Lukashenko era stata a Roma, in audizione alla commissione Esteri, dopo essere stata ricevuta da Merkel, Macron e dal cancelliere austriaco Kurz. Tsikhanouskaya si è imposta alla ribalta dopo l’arresto del marito Sergei Tsikhanovsky nel 2020. Aveva voluto sfidare Lukashenko alle elezioni presidenziali, ma, quando Lukashenko aveva rivendicato la vittoria, Tsikhanouskaya fuggì in Lituania, mentre migliaia di persone manifestavano per le strade del Paese. Il giro di vite di Lukashenko sul dissenso era stato fatto dal presidente al chiaro scopo di spegnere le manifestazioni in patria e per questa ragione la leader dell’opposizione aveva iniziato una serie di incontri ai massimi vertici europei per sensibilizzare gli stati membri.

L’Ucraina condivide una frontiera di 1.000 chilometri con la Bielorussia. Lo scorso primo febbraio è entrato in vigore un accordo sui visti di riconoscimento reciproco tra Bielorussia e Russia, al fine di rendere possibile a quei cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno temporaneo e ordinario di partecipare ad eventi sportivi internazionali in uno dei due Paesi, oltre a garantire il diritto di ingresso, uscita, soggiorno e transito. Lo scopo dell’accordo è creare un quadro giuridico per regolare la procedura per l’attraversamento del confine bielorusso-russo da parte di cittadini stranieri e apolidi.

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