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Così Israele guarda all’intesa Riad-Teheran

L’intesa tra Iran e Arabia Saudita non blocca le possibilità e le volontà reciproche di Riad e Gerusalemme per costruire una normalizzazione, mediata da Washington. Ciò che ne consegue è la volontà saudita di “essere meno dipendente da una grande potenza”, spiega Friedman

Se è vero che l’accordo raggiunto a Pechino tra Iran e Arabia Saudita apre a cambi di scenario regionali — per esempio su dossier come lo Yemen e il Libano — è anche vero che uno dei Paesi che sente più direttamente quanto accaduto come una questione di interesse nazionale è Israele.

Gerusalemme sta cercando di aprire i contatti con Riad — tramite una facilitazione americana complessa ma non impossibile. Contemporaneamente sta cercando di capire come muoversi con l’Iran — vedendo lo sviluppo del programma nucleare e l’attività di espansione delle milizie sciite regionali come due minacce esistenziali derivanti dalla Repubblica islamica.

Narrazioni e interessi

Una maggiore stabilità politica in Libano e una ricostruzione degli equilibri in Yemen potrebbe facilitare lo sviluppo economico nelle sottoregioni del Mediterraneo orientale e del Mar Rosso, aree di interesse diretto per Israele, entrambe oggetto di importanti investimenti regionali dal 2020 — come per esempio la costruzione dell’I2U2, la partnership tra Israele, Emirati, Usa e India. Allo stesso tempo l’intesa simboleggia la prima uscita pubblica per la Cina nel nuovo ruolo diplomatico nella regione che Xi Jinping progettata anche come parte del forcing narrativo sulle iniziative strategiche globali pianificate.

La Cina potrebbe sostituirsi alla Russia come grande potenza alternativa agli Stati Uniti nel Mediterraneo allargato, approfittando anche dell’indebolimento di immagine prodotto dall’invasione dell’Ucraina. Ciò solleva interrogativi sulla fiducia dell’Arabia Saudita nella capacità degli Stati Uniti, e in parte di Israele, di contenere e scoraggiare lo sviluppo nucleare dell’Iran e di proteggere il Regno da quello che percepisce come un accerchiamento iraniano.

Nuovi equilibri, vecchie dinamiche

“Da quando gli Stati Uniti hanno abbandonato l’accordo sul nucleare iraniano nel 2018, si è verificata una certa convergenza strategica tra i rivali regionali di Teheran. Gli Accordi di Abramo del settembre 2020 sono stati per esempio espressione, in parte, di un allineamento strategico più aperto tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein. Si ritiene che l’Arabia Saudita, o almeno il principe ereditario Mohammed bin Salman, sia favorevole a una collaborazione più stretta con Israele nel limitare il programma nucleare iraniano e nel resistere attivamente alla sua espansione regionale”, sottolinea Brandon Friedman del Moshe Dayan Center dell’Università di Tel Aviv.

Una domanda che l’accordo della scorsa settimana solleva sia a Washington che a Gerusalemme è proprio se l’Arabia Saudita crede ancora che gli Stati Uniti e Israele possano affrontare la marcia dell’Iran verso le armi nucleari. Per il governo di Benjamin Netanyahu non può essere un fattore di poco conto se si considera il valore che il primo ministro dà alla normalizzazione con Riad. Netanyahu ha detto spesso, da ultimo in un’intervista rilasciata a Repubblica in occasione del suo incontro con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, di voler trovare un accordo diplomatico con l’Arabia Saudita: “Credo certamente che l’accordo di pace tra noi e i sauditi porterà a un accordo con i palestinesi”, ha detto toccando un tema infuocato in patria.

“Ciò che si teme è che i sauditi si stiano chiedendo se gli Stati Uniti e Israele siano troppo preoccupati dalla politica interna israeliana e dall’escalation del conflitto con i palestinesi per contenere adeguatamente i progressi nucleari dell’Iran”, spiega Friedman. Ossia: i sauditi ritengono che, davanti a distrazioni israeliane e americane, forse sia meglio fare un accordo con l’Iran che tolga Riad dalla linea di fuoco? “In Israele, c’è chi sostiene che l’accordo con l’Iran dimostri che i sauditi ritengono che la convergenza strategica con Israele, simboleggiata dal discorso della rete di difesa aerea del Medio Oriente nell’estate del 2022, sia un peso eccessivo ora che Israele è sommerso da una crisi politica e da un’escalation del conflitto con i palestinesi. La notizia che il sovrano degli Emirati Arabi Uniti Mohammed bin Zayed ha deciso di congelare le acquisizioni di prodotti per la difesa da Israele alla luce dei recenti sviluppi interni in Israele sembrerebbe rafforzare questa linea di argomentazione”, aggiunge il docente dell’Università di Tel Aviv.

I rapporti nel Golfo non sono a somma zero

L’accordo solleva anche un’importante questione pratica per la cooperazione tattico-strategica saudita-israeliana. “Negli ultimi anni, è stato riferito che Riad è disposta a consentire a Israele di utilizzare lo spazio aereo saudita per effettuare un eventuale attacco militare contro il programma nucleare iraniano. Il nuovo accordo, tuttavia, sembra precludere questo tipo di cooperazione. Si potrebbe persino sostenere che la decisione dell’Iran di rinnovare i legami con l’Arabia Saudita sia un espediente per mettere un cuneo nell’allineamento strategico tra Israele e i rivali arabi dell’Iran nel Golfo”, aggiunge Friedman.

Tuttavia, per quanto noto tra le condizioni per la normalizzazione delle relazioni con Israele, i sauditi hanno insistito su una garanzia di sicurezza americana e sull’aiuto degli Stati Uniti nello sviluppo di un programma nucleare civile. “Ciò suggerisce che Riad sta perseguendo strategie multiple e sovrapposte per far fronte alle sfide di sicurezza regionale a breve, medio e lungo termine. Forse più di ogni altra cosa, ciò che questo accordo simboleggia per l’Arabia Saudita è il desiderio di essere meno dipendente da una grande potenza per la sua protezione, mentre cerca di auto-rafforzarsi e diventare una potenza globale e regionale più indipendente”, ha scritto l’esperto israeliano in una recente analisi per il Middle East Institute della University of Singapore.

La decisione di Riad di rinnovare i legami con Teheran è indubbiamente un colpo per gli sforzi di Israele di aumentare la pressione internazionale e regionale contro l’Iran in un momento in cui questa stava aumentando a causa dello stallo dei colloqui sul nucleare, della fornitura di droni alla Russia e della repressione delle proteste interne. Tuttavia, l’accordo non ostacola necessariamente una futura normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele – anche e le possibilità potrebbero essere in parte limitate dall’attuale politica israeliana nei confronti dei palestinesi. E probabilmente l’intesa non dissuaderà Israele dall’intraprendere azioni militari in futuro. Piuttosto, come ricordato da Raz Zimmit dell’INSS di Tel Aviv in un commento per Ispi, quanto accaduto a Pechino evidenzia che “il rapporto tra Iran, Stati del Golfo e Israele non è un gioco a somma zero”.

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