Si prospetta per l’Italia l’avvio di una nuova era in sede europea. Perché la nuova “regola delle spesa” pubblica non ci penalizzi, o almeno ci penalizzi meno rispetto alla vecchia, il governo italiano ha bisogno di alleati forti e di credibilità propria. Il commento di Andrea Cangini
Mentre i giornali italiani si arrovellavano sul tasso di fascismo della destra, sul pauperismo della sinistra e sull’eclissi dei cattolici a destra come a sinistra, a Bruxelles è accaduto qualcosa di straordinario: dopo 26 anni di sofferenze e di polemiche, il Patto di stabilità e crescita, col suo famigerato paramento del 3% nel rapporto tra debito pubblico e Pil, è stato mandato in soffitta.
All’Ecofin che si è concluso ieri, i 27 ministri delle Finanze hanno stabilito che anche per quest’anno non verranno aperte procedure per deficit e che dal 2024 entreranno in vigore le nuove regole che verranno stilate sulla base della proposta legislativa che sarà presentata dalla Commissione europea dopo il Consiglio del 23 e 24 marzo.
Per l’Italia, che ha causa del debito pubblico monstre ha sofferto più degli altri Paesi membri l’imposizione di parametri stringenti sui conti pubblici, è un’ottima notizia. Una notizia che presuppone la riforma dell’obbligo di pareggio di bilancio che nel 2012 inserimmo zelantemente in Costituzione all’articolo 81. Ma siamo solo all’inizio, all’inizio di un duro confronto in sede europea. Incoraggiato anche da ragioni di politica interna, il suo partito, l’Fdp, è in caduta libera nelle urne e nei sondaggi, il ministro liberale delle Finanze tedesco, Christian Lindner, all’Ecofin ha infatti fatto fuoco e fiamme. La notizia è che, forse per la prima volta da molti anni a questa parte, non è riuscito ad ottenere quello che la Germania, al solito spalleggiata dai Paesi cosiddetti frugali, voleva.
Si prospetta, dunque, per l’Italia l’avvio di una nuova era in sede europea. Perché la nuova “regola delle spesa” pubblica non ci penalizzi, o almeno ci penalizzi meno rispetto alla vecchia, il governo italiano ha bisogno di alleati forti e di credibilità propria. Perciò Giorgia Meloni ha tutto l’interesse a compiere due mosse strategiche decisive: accantonare le vecchie e trite polemiche sui migranti, ripristinando al più presto un rapporto solido con la Francia in linea con il Trattato del Quirinale; dare un segnale di responsabilità e concretezza ai partner più scettici sulle italiche virtù affrontando il nodo della spesa pubblica con una seria e incredibile spending review.