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Indo Pacifico, G20 e Africa Orientale. L’importanza dell’incontro Meloni-Modi secondo Fassino

In questa intervista con Formiche.net il vicepresidente della commissione Difesa ribadisce l’importanza dei buoni rapporti da tenere con un player fondamentale come l’India, e rimarca la “differenza di sensibilità” sulla questione Ucraina. “Sulla guerra l’India ha una posizione assai prudente e non ha manifestato la solidarietà che l’Italia e l’Europa stanno garantendo a Kiev. Dobbiamo far percepire che il conflitto in Ucraina non è solo un problema occidentale, ma globale”

“L’India è uno dei grandi protagonisti dell’economia globale. Del tutto ovvio che l’Italia abbia interesse ad alzare il livello delle relazioni bilaterali, resi difficili negli anni scorsi dalla vicenda dei Marò e da contenziosi commerciali”. Piero Fassino, deputato del Pd e vicepresidente della commissione Difesa, legge l’incontro tra la premier Giorgia Meloni e l’omologo indiano Narendra Modi, mettendo in fila una serie di questioni prioritarie in questo momento storico, anche alla luce della “sensibilizzazione che il nostro Paese, assieme agli altri partner occidentali, dovrà fare sull’India per la risoluzione del conflitto in Ucraina”.

Sia Meloni che Modi si sono ripromessi di consolidare le relazioni tra i due Paesi. Le “leve” di partenza sono Sicurezza e Difesa.

L’India è uno dei grandi protagonisti dell’economia globale. Membro del G20 e del gruppo dei Brics. In costante crescita demografica che lo vedrà essere a fine secolo il Paese più popoloso del pianeta davanti alla Cina. Per le dimensioni del suo apparato produttivo e con un’economia che ogni anno cresce a doppia cifra, ha ha un peso rilevantissimo negli equilibri commerciali internazionali, nonché nelle strategie energetiche e ambientali del mondo. Ed è attore strategico in quella regione indopacifica che con le sue dinamiche influisce sugli equilibri geostrategici mondiali. Del tutto ovvio che l’Italia abbia un interesse ad alzare il livello delle relazioni bilaterali, anche alla luce della crescente presenza delle imprese italiane sul mercato indiano.

Dunque il viaggio di Meloni si muove in questo solco. 

Sì, la visita del presidente del Consiglio italiano va in questa direzione, raccogliendo il lavoro di tessitura paziente e puntuale fatto negli ultimi anni dall’ambasciatore De Luca. Che in questo dialogo si affrontino anche i temi cruciali della sicurezza e della difesa, specie a fronte del periodo che stiamo vivendo, è quasi fisiologico. Ricordo che l’anno scorso Stati Uniti, Australia e Gran Bretagna, di fronte all’espansionismo cinese, hanno dato vita all’alleanza politico-militare Aukus, apprezzata da New Delhi. Peraltro la Francia, avendo suoi territori nell’Oceano Indiano e nel Pacifico, ha sottoscritto un Trattato di cooperazioni militare con l’India.

È corretto, quindi, immaginare l’allargamento del Mediterraneo fino all’Indo-Pacifico. 

È un approccio che sta nella agenda politica anche della Nato. La connessione tra Mediterraneo e Indo Pacifico è più che evidente. Dunque visitando l’India, competitor della Cina in Asia, era fondamentale trattare questo tema. Così come sarà fondamentale il ruolo che potrà esercitare l’India nella ricostruzione di una “governance” mondiale, quando terminerà il conflitto in Ucraina.

A cosa si riferisce in particolare?

Il grande tema per la comunità internazionale, dopo la guerra Ucraina, sarà la ricostruzione di un sistema solido di governance del mondo, che invece oggi vive una condizione di grande fragilità, se non una vera e propria anarchia. La guerra in Ucraina ha rotto le politiche di concertazione tra i grandi player. In conseguenza si è paralizzata l’attività dell’Onu e delle istituzioni internazionali. Si sono moltiplicate le spinte centrifughe di Paesi che giocano in proprio. Sono saltati gli accordi sulla riduzione degli armamenti. Procedono con maggiore difficoltà le politiche di riduzione delle emissioni e di contenimento del climate change. E gli scambi commerciali sono sempre più ricondotti sotto ombrelli protezionistici. Ricostruire un ordine mondiale condiviso richiede un coinvolgimento di tutti i principali attori internazionali e l’India sarà un soggetto fondamentale.

Buone relazioni con l’India si traducono, per l’Italia, in un affaccio determinante sull’Africa Orientale. 

Da sempre l’India ha una forte proiezione sulle coste dell’Africa orientale che si affaccia sull’Oceano Indiano, intrattenendo rapporti economici e commerciali molto rilevanti. Parallelamente l’Italia ha un forte interesse a proiettarsi sull’intero continente africano, dove siamo il terzo Paese dell’Ue per investimenti. Pensiamo al nostro ruolo in Mozambico e in SudAfrica. O all’interesse per la stabilizzazione della Somalia. Dunque è evidente che avere un rapporto solido con l’India possa servire all’Italia anche per un consolidamento della sua politica in Africa.

Come si inseriscono questi rapporti, nel quadro più ampio delle politiche europee?

I rapporti bilaterali devono sempre essere coerenti con le politiche dell’Unione Europea. Un’Italia che giocasse da sola, riscuoterebbe meno attenzione e meno interesse. E oggi anche l’Ue ha forte interesse a intensificare le relazioni con New Delhi.

Sul ruolo indiano nel G20 e, segnatamente, sulla questione ucraina, sono emerse sensibilità diverse. Quale ruolo può giocare l’Italia?

Le differenze emerse non sono di poco conto. Sulla guerra Ucraina l’India ha una posizione assai prudente e non ha manifestato la solidarietà che l’Italia e l’Europa stanno garantendo a Kiev. Dobbiamo far percepire all’India, come ad altri Paesi del “resto del mondo”, che il conflitto in Ucraina non è solo un problema occidentale, ma globale. Va evitata la polarizzazione “west/rest”. Mi aspetto anche una sollecitazione alle autorità indiane per un impegno più forte sul climate change, i cui effetti non aspettano certo i nostri calendari.

Un cambio di rotta e un orientamento verso la transizione ecologica?

È evidente che occorra un impegno concreto volto alla transizione ecologica, anche e soprattutto per i cicli produttivi. L’India, così come la Cina, proprio per le sue dimensioni produttive ha una particolare responsabilità.



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