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La geoeconomia mondiale nella prospettiva di Carlo Jean

“L’Italia deve realizzare l’interesse nazionale in uno scenario geopolitico in profonda trasformazione”. La lezione del generale Carlo Jean al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri

L’attuale situazione geopolitica mondiale è attraversata da un profondo cambiamento dell’ordine mondiale precedente, caratterizzato dall’egemonia americana del post-guerra fredda e dalle regole multilaterali che lo caratterizzavano. La crisi economico-finanziaria del 2007-08 e quella conseguente alla pandemia del Covid-19 l’hanno mutato, causando tensioni e incertezze. Esse non sono solo geopolitiche, caratterizzate dal sorgere di nazionalismi e regionalismi, ma anche economiche, con processi di “de-globalizzazione”. Il tumultuoso e rapido sviluppo di nuove tecnologie – in particolare, come posto in rilievo da Kissinger, dell’Intelligenza Artificiale – e della loro applicazione in campo strategico unitamente alle armi spaziali e cibernetiche ha diminuito la stabilità della dissuasione nucleare. Un conflitto fra le grandi potenze è ridivenuto possibile.

Questi argomenti sono stati al centro della lezione “La geoeconomia nel mondo multipolare ormai fuori controllo”, tenuta dal generale, docente e saggista Carlo Jean al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.

Nel quadro descritto si colloca l’aggressione russa all’Ucraina. Essa deriva da una lenta trasformazione in senso sempre più autoritario del sistema politico interno alla Russia e alla crescita di una volontà di rivincita della sconfitta subita nella guerra fredda e dal collasso dell’Urss. Non modifica solo gli equilibri geopolitici in Europa, ma nel mondo e, in particolare, nelle relazioni di competizione e cooperazione fra gli Usa e la Cina.

Secondo il docente, già dopo la fine della Seconda guerra mondiale e per tutta la durata della guerra fredda, l’Urss aveva svolto un importante ruolo di stabilità, sia per evitare uno scontro diretto, sia per la comunanza d’interessi fra Washington e Mosca di mantenere l’ordine bipolare, derivato dagli accordi di Yalta/Teheran.

Il generale ha affermato che le due potenze mondiali stabilivano l’ordine con il controllo sulle rispettive aree d’influenza o di controllo diretto tramite satelliti. I conflitti erano marginalizzati nelle periferie dei due blocchi e non assumevano mai una dimensione tale da modificare i rapporti di potenza esistenti fra essi. Il confronto, congelato militarmente, era molto vivo dal punto di vista informativo e disinformativo.

L’Urss ha dovuto cedere quando la sua economia, basata sul capitalismo di Stato, non ha retto la competizione con le economie capitalistiche basate sul libero mercato e le libertà civili proprie del blocco occidentale. Tale crollo era stato esplicitamente previsto dalla Dottrina Truman del 1948 e si è avverato allorquando il progresso tecnologico americano si è tradotto, sotto la presidenza Reagan, in un aumento delle capacità strategiche degli Usa, che l’Urss non era in condizioni di compensare.

La rapidità e le dimensioni del disastro furono indubbiamente amplificate dal fatto che Gorbaciov volle realizzare contemporaneamente la ristrutturazione dell’economia o perestroika e la liberalizzazione del sistema politico o glasnost. Per inciso, tale errore non fu commesso dalla Cina. Con Deng Xiaoping, liberalizzò la sua economia, dando vita al “miracolo economico” cinese, ma a Piazza Tienanmen represse la rivolta che si prefiggeva di liberalizzare il suo sistema politico.

Tale processo è oggi posto in discussione da Xi Jinping, che mira a centralizzare politica ed economia e a ridare centralità all’ideologia marxista-leninista, unita a uno spiccato nazionalismo. Egli sta ridando centralità alla politica rispetto al mercato. Sono finite le fantasie occidentali circa la possibilità che l’aumento del benessere economico avrebbe comportato la democratizzazione della Cina. Ormai domina la competizione con gli Usa e con il loro sistema di alleanze sempre più consolidate nell’Indo-Pacifico, che potrebbe dar luogo anche a un conflitto diretto – secondo la teoria della “trappola di Tucidide – che caratterizzerà gli assetti geopolitici del mondo nei prossimi decenni. Per ora – secondo taluni esperti ancora per un decennio – la Cina non sarà in condizioni di sfidare direttamente gli Usa, ad esempio con un attacco a Taiwan. A più lungo termine la situazione è imprevedibile. Molto dipenderà dalla tenuta delle alleanze degli Usa e dall’andamento dell’economia e della tecnologia cinese. Per accrescere la loro influenza di potenze egemoni, investivano ingenti quantità di risorse finanziarie e tecnologiche nel settore delle nuove armi convenzionali. Le forze nucleari rimangono centrali per la dissuasione, che continua ad essere basata sulla capacità di “secondo colpo”, cioè di distruzione dell’avversario anche dopo averne incassato un attacco di sorpresa.

Secondo Jean, anche dopo la fine del mondo bipolare, tale sistema pur divenendo meno stabile non muta radicalmente, né con il massiccio riarmo nucleare in corso da parte della Cina, né con la decisione russa di non attuare le verifiche del Nuovo Start – unico rimasto in vita dei grandi trattati bilaterali fra gli Usa e la Russia concernenti le armi nucleari strategiche – e di non proseguire i negoziati di Ginevra per adeguarlo ai mutamenti tecnologici e geopolitici in corso.

Le ripetute minacce russe di far ricorso alle armi nucleari nel conflitto in Ucraina sono ritenute da Jean un “bluff”. Esse hanno però segnato la fine dell’“eclisse nucleare”, seguita in Europa alla fine del mondo bipolare. Jean ritiene che, per avere un effetto importante, le armi nucleari tattiche dovrebbero essere utilizzate “a grappoli” di una ventina di testate, mentre sembra da escludersi un impiego contro le città ucraine, sicuramente più efficace per indurre Kiev ad arrendersi, ma che solleverebbe contro la Russia i 35 Stati che non hanno condannato all’Onu la sua aggressione e non ne hanno chiesto il ritiro dai territori ucraini occupati, in particolare della Cina.

Già nella riunione della Shanghai Cooperation Organisation, tenuta a Samarcanda lo scorso settembre, Cina e India avevano sollevato critiche particolari sulle minacce di Putin di ricorrere alle armi nucleari. Esse sono state più volte ripetute. Nella visione che le due superpotenze asiatiche hanno sul futuro del mondo, anche il solo ricatto nucleare da parte russa ha l’effetto di stimolare la proliferazione nucleare in tutto il mondo. Essa renderebbe impossibile alla Cina mettersi a capo del “Sud Globale”, come si propone di fare Xi Jinping per erodere l’egemonia degli Usa e dei loro alleati nel mondo. Analogamente, l’India, che segue una politica ambigua di legami sia con la Russia che con gli Usa, vedrebbe sfumare l’intento del premier Modi di mettersi a capo di un nuovo movimento di Paesi non allineati né con gli Usa né con la Cina.

Putin ha fatto disastrosamente i suoi calcoli. Si è basato su rapporti dell’Fsb (servizio d’intelligence interno, ma responsabile dell’intero spazio ex-sovietico), anziché basarsi sulla realtà. Fsb cercava di compiacerlo, confermando le sue idee preconcette. Fallimentari si sono rivelati i suoi preconcetti sull’inevitabile declino dell’Occidente e sul fatto che la Russia si trovasse dal lato giusto della storia. Oltre che all’eroismo dei soldati e allo stoicismo della popolazione ucraina, ha completamente errato sulla debolezza dell’Occidente. Quasi paradossalmente Nato e Ue hanno reagito duramente ed efficacemente. Oggi l’esito del conflitto in Ucraina pone in gioco la stessa credibilità mondiale dell’Occidente, in particolare quella dell’Ue.

Il generale ha concluso ricordando come il conflitto si stia trasformando in una guerra di logoramento. È estremamente improbabile che una delle due parti in gioco riesca ad ottenere una vittoria militare sul campo. Il conflitto è quindi destinato a durare ancora a lungo. Il suo prevedibile esito sarà un suo congelamento, simile a quello verificatosi nella guerra di Corea. Un accordo dipenderà forse più dalle garanzie di sicurezza che l’Occidente vorrà e potrà fornire all’Ucraina, che dal regolamento delle questioni territoriali.



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