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Prudenza sui conti e golden rule allargata alla Difesa. Il taccuino di Giorgetti ​

Il ministro dell’Economia interviene in Parlamento e ribadisce la filosofia del governo nella gestione del bilancio, già messo sotto stress dal superbonus. Credibilità e ordine sono i dogmi da seguire per ridurre il debito, ​l’Europa non tema strappi da Roma. Semmai, Bruxelles assicuri l’esclusione degli investimenti per la crescita dal calcolo del deficit. Anche se la Germania non vuole

La prudenza, prima di tutto. Il superbonus ha indubbiamente messo sotto stress i conti pubblici italiani, ma questo non vuol dire che la situazione sia finita fuori controllo. Anzi. Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, ha fermato il meccanismo della misura voluta dal governo Conte II, consapevole dell’impatto, certificato proprio ieri dall’Istat, sul deficit. Una scelta non certo a cuor leggero, ma imposta dalla salvaguardia del bilancio pubblico, già compresso da due anni e mezzo di pandemia.

Per questo, in occasione dell’audizione presso la Sala del Mappamondo, alla Camera, il responsabile di Via XX Settembre e numero due della Lega, ha ribadito un concetto caro al governo di Giorgia Meloni: l’accortezza sui conti, anche e non solo, per tenersi buoni quei mercati che ogni anno prestano all’Italia 400 miliardi. Partendo da questo assunto, Giorgetti ha però toccato altri punti caldi. Per esempio, lo scorporo dai calcoli europei per il disavanzo, di certi investimenti.

PRUDENZA E ANCORA PRUDENZA

“L’Italia ha tutto l’interesse a mantenere una gestione ordinata della finanza pubblica. La riduzione del debito pubblico deve in questo senso essere realistica e graduale per permettere al Paese di avere spazi di bilancio per investimenti e per affrontare le emergenze”, ha esordito Giorgetti. “La riduzione realistica, graduale e duratura dello stock di debito pubblico è indispensabile per liberare l’Italia da una situazione cronica di assenza di spazi fiscali da utilizzare per il perseguimento di politiche che consentano di tenere il passo degli altri partner europei, affrontare le sfide della competitività in un e fronteggiare eventuali situazioni di emergenza”.

Un’operazione, che non può prescindere da un cambio di passo dell’Europa, in materia di vigilanza sui conti pubblici dei Paesi membri. Ovvero, da una riscrittura del Patto di stabilità, alla luce dei grandi sconvolgimenti passati, presenti e futuri. “La proposta della Commissione europea per la revisione della governance economica dell’Ue e del Patto di Stabilità è il punto di partenza, non certo quello di arrivo”, ha messo in chiaro il titolare del Mef. Per il quale, “da una prima valutazione sembrerebbe che il nuovo impianto sia più favorevole rispetto al sentiero di aggiustamento che sarebbe necessario seguire se fossero riattivate le vecchie regole, in particolare quella sul debito nel caso in cui il percorso di aggiustamento concordato si sviluppi su sette anni”.

CACCIA ALLA GOLDEN RULE

Giorgetti è poi tornato a battere su un punto e cioè sulla possibilità di tenere fuori gli investimenti finalizzati alla crescita, dal calcolo del deficit ai fini delle statistiche Eurostat. La famosa golden rule, che Giorgetti ha ben tenuto a precisare, può essere non assoluta, bensì declinata, ovvero cucita su misura per certi investimenti. “Per promuovere in Europa una crescita sostenibile e inclusiva è opportuno rafforzare la cosiddetta golden rule sugli investimenti”.

Giorgetti ha poi sottolineato come nella proposta della Commissione “non si riscontra un trattamento preferenziale per le tipologie di spesa che possono fornire un apporto positivo al potenziale di crescita. Tale obiettivo non sembra potersi raggiungere solo con la previsione della possibilità di richiedere un’estensione della durata del piano di aggiustamento fino a sette anni (rispetto alla durata normale di quattro anni), a fronte di importanti riforme e investimenti che contribuiscano alla sostenibilità del debito”.

Tra gli investimenti che nell’ottica italiana dovrebbero finire sotto il cappello della golden rule e dunque fuori dai calcoli del deficit e del debito, quelli relativi alla Difesa comune. “Quanto al perimetro dell’aggregato di spesa, dovrà avviarsi una riflessione anche sulle spese sociali escluse e le modalità di imputazione, e eventuale esclusione, delle spese concordate a livello europeo, come quelle relative all’assistenza finanziaria fornita in caso di crisi oppure alla costituzione della Difesa comune europea”, ha spiegato Giorgetti. Peccato che qualcuno non sia d’accordo con il tenere capitoli di spesa fuori dal deficit: la Germania.

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