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Huawei investirà 300 milioni in Africa. Nuova Via della Seta tech?

La società cinese lancia un piano per penetrare ulteriormente il sistema di connessioni internet africane. Pechino pensa nuove infrastrutture, cyber, con cui conquistare i Paesi del continente. Mentre rimangano i dubbi occidentali sulle potenziali attività di spionaggio di Huawei

Il gigante tecnologico cinese Huawei ha annunciato di essere pronto a coprire gli investimenti che le organizzazioni del africane pianificano nei centri dati e nelle industrie di cybersecurity del continente, i quali secondo i dati attuali potrebbero ammontare a oltre 300 milioni di dollari entro la fine del 2026. Attualmente, le realtà africane hanno bisogno di potenza di calcolo e di sistemi integrati contro le minacce informatiche: ambiti nei quali Huawei punta a collaborare. Per esempio, la società ha recentemente lanciato la sua nuova tecnologia Wi-Fi, il “Wi-Fi 7”, specificatamente pensato per il mercato dell’Africa orientale, con l’intento di “rivoluzionare la connettività Internet”, spiega l’agenzia stampa statale cinese, Xinhua.

Narrazioni e interessi

Concentrandosi sull’innovazione dell’infrastruttura dei data center, l’azienda cinese sta lavorando per guidare lo sviluppo di capacità di potenza di calcolo massiccia e diversificata e aiutare le imprese a contrastare le minacce informatiche. Ha spiegato David Wang, direttore esecutivo del consiglio di amministrazione di Huawei, presidente del consiglio di amministrazione dell’infrastruttura ICT e presidente dell’Enterprise BG.

Wang parlava al pubblico di un evento sulla trasformazione digitale a Barcellona quando ha annunciato la disponibilità della sua azienda a spingere un nuovo piano africano. Nello stesso contesto, il Mobile World Congress, la società mineraria Debswana e Huawei hanno reso pubblico il progetto congiunto con cui avviare la prima miniera di diamanti al mondo gestita con tecnologia 5G – ovviamente cinese.

Il manager di Huawei ha aggiunto che la tecnologia che offre la sua azienda è la strada giusta per aiutare le industrie a diventare digitali, e per questo incontra richieste sempre maggiori che arrivano dal continente africano, dove realtà private e pubbliche stanno intensificando gli investimenti nel settore cyber. In alcune zone del continente la scarsa penetrazione di internet è stata affrontata dai vari governi, davanti alle richieste dei cittadini, ricorrendo all’azienda cinese.

Pechino è già uno dei maggiori investitori in infrastrutture tecnologiche africane attraverso quella che viene chiamata Digital Silk Road, che alcuni analisti vedono come una rivisitazione in chiave moderna della sua Belt and Road Initiative. “Il passaggio da edifici e strade a hardware e software crea potenzialmente nuove opportunità commerciali per le aziende cinesi”, spiega Nosmot Gbadamosi nella sua newsletter per Foreign Policy.

Progetti e backdoor

Già nel giugno 2021, il presidente del Senegal, Macky Sall, attualmente leader dell’Unione Africana, ha inaugurato il Diamniadio National Datacenter, a circa 30 chilometri da Dakar. La struttura è costata 18,2 milioni di dollari ed è stata costruita da Huawei e finanziata con un prestito cinese.

Questo genere di investimenti rientra tra quelli che Pechino continua a tenere aperti verso l’Africa, dopo aver rivisto robustamente le sue policy negli ultimi anni, essenzialmente evitando eccessivi coinvolgimenti. E per ragioni di convenienza pratica, e per ragioni di calcolo politico: davanti alle insolvenze e alle misure conseguenti, la Cina rischia di passare come predatoria, andando contro la narrazione con cui Xi Jinping vuole descriversi figura di riferimento di un mondo multipolare lontano da comportamenti predatori e colonialisti.

Negli ultimi anni, l’azienda cinese di telecomunicazioni ha fatto grandi conquiste in Africa, anche se gli Stati Uniti hanno esortato i loro alleati in tutto il mondo a non collaborare con Huawei per problemi di sicurezza informatica. Gli americani ritengono che Huawei e altre società di telecomunicazioni cinesi che costruiscono infrastrutture critiche in tutto il mondo possano installare le cosiddette backdoor e utilizzarle per spiare per conto del governo cinese. Accuse da cui l’azienda di Shenzen si è sempre smarcata.

Non solo: nel gennaio 2018, il quotidiano francese Le Monde ha riferito che Pechino aveva messo delle cimici nella sede dell’Unione Africana, la cui costruzione è stata pagata e realizzata dalla Cina. Ogni notte, per cinque anni, l’intero contenuto dei sistemi informatici dell’edificio – installati da Huawei – sarebbe stato trasferito in Cina. Secondo il rapporto, sono stati trovati microfoni incastrati nelle scrivanie e nelle pareti. Sia la Cina che l’Unione Africana hanno respinto le accuse.

Il network cinese 

Huawei ha costruito circa il 70% delle reti 4G del continente africano, superando di gran lunga i rivali europei. La costruzione è spesso accompagnata da prestiti da parte delle banche statali cinesi, che vengono approvati più velocemente e con meno condizioni rispetto ai prestiti da parte delle istituzioni internazionali.

Se le preoccupazioni per Huawei sono condivise da altri Paesi del mondo, in Africa sono in gran parte oscurate dall’imperativo di un maggiore accesso a Internet. Il continente ospita alcune delle economie in più rapida crescita del mondo e si prevede che la sua popolazione raddoppierà entro il 2050. Fattori che richiedono connessione. Nell’Africa subsahariana, dove meno del 30% delle persone usa internet, la maggior parte dei governi accoglie con favore gli investimenti della Cina nelle infrastrutture digitali . Grazie alle sovvenzioni del governo cinese, la vedono come un percorso più economico per una maggiore connettività.

I digital watchdog, tuttavia, spesso etichettano la Cina come uno dei peggiori abusatori delle libertà di Internet a livello nazionale, e gli osservatori occidentali temono che i regimi africani con tendenze antidemocratiche possano adottare non solo la tecnologia cinese, ma anche il modo in cui la Cina la utilizza per monitorare il dissenso. Già in Zambia e Uganda si è scoperto che i governi hanno utilizzato la tecnologia cinese per spiare l’opposizione e i critici. In Zimbabwe, si teme che venga utilizzata per fare lo stesso in vista delle elezioni di quest’anno.

Le società cinesi declinano ogni responsabilità. Val la pena sottolineare che anche altre aziende occidentali potrebbero aver fornito sistemi digitali che poi i singoli governi africani hanno scelto di utilizzare per scopi di controllo delle masse e delle opposizioni.

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