“Un tribunale unico sui brevetti significa offrire agli investitori un’unica voce che gestisca qualunque procedimento sui diritti di proprietà intellettuali”, dice Lorenzo Montanari, executive director di Property Rights Alliance, che spiega quali sono i punti di forza del nostro Paese in questa candidatura
“Un’occasione irripetibile di fare dell’Italia un hub mondiale dell’innovazione”, così Lorenzo Montanari, executive director di Property Rights Alliance, in una conversazione con Formiche.net a proposito della candidatura di Milano a ospitare il Tribunale Unificato dei Brevetti, che doveva aprire a Londra ma la Brexit ha riaperto la partita. “Abbiamo tutte le carte in regola. I sistemi produttivo, giudiziario e politico italiani spingono nella stessa direzione”.
Quali sono i vantaggi per l’Italia nell’ospitare la sede del Tribunale Unico?
Brevetto europeo significa, in sintesi, poter offrire agli investitori internazionali un’unica voce che gestisca qualunque procedimento sulle proprietà intellettuali (Ip), dalle registrazioni ai contenziosi. Tradotto: occasione unica di attrarre investimenti esteri e creare un hub mondiale della ricerca e dell’innovazione. La città di Milano è una candidata ottimale visto il suo tessuto industriale.
Il governo italiano sta portando avanti dei negoziati.
Ci sono due sedi internazionali a Parigi e a Monaco, la terza avrebbe dovuto essere Londra, ma c’è stata la Brexit. Il governo italiano sta negoziando per portare l’ufficio a Milano insieme alle deleghe sui settori farmaceutico e della meccanica. Il punto dei negoziati è proprio questo: se l’Italia otterrà la sede senza quelle deleghe avrà una scatola vuota. Le discussioni avvengono con Francia e Germania, noi abbiamo organizzato un evento, insieme al think tank Competere di Pietro Paganini, per ribadire l’unicità dell’occasione che si presenta al nostro Paese.
Qual è la situazione italiana rispetto all’economia della conoscenza?
Property Rights Alliance pubblica dal 2007 un indice che offre un taglio olistico sui diritti di Ip utilizzato da istituzioni internazionali come la Commissione europea e la World Bank, tra gli altri. Numeri alla mano, l’Italia si classifica nona su 129 Paesi analizzati per la protezione dei brevetti. E se si guarda ai marchi siamo al secondo posto in Europa e quarto nel mondo. Nell’Unione europea il 45% del Pil è creato da industrie ad alta intensità di proprietà intellettuale. Negli Stati Uniti è il 38% e, contando entrambi gli attori, l’economia della conoscenza conta 120 milioni di posti di lavoro.
Perché è importante tutelare la proprietà intellettuale?
L’esempio che è stato fatto anche al convegno è quello dei vaccini Covid. Nel 2020 il Sud Africa e l’India – e successivamente anche altri tra cui l’amministrazione Biden – hanno proposto la sospensione dei diritti di proprietà. L’idea era che fossero una barriera all’accesso dei Paesi ai vaccini. Ma si è dimostrata non corretta perché, come si è visto, il vero problema era la logistica, la distribuzione fisica delle dosi. Il drammatico caso del Malawi insegna: un milione e mezzo di dosi letteralmente bruciate perché scadute a causa delle difficoltà logistiche. Un esempio di come un approccio puramente ideologico possa andare a scapito dell’innovazione.
Rimanendo sempre in ambito farmaceutico, i dati sono chiari. Il costo medio di sviluppo di un farmaco è di 2,4 miliardi su 12 anni. Il 12% dei nuovi farmaci viene poi approvato e immesso sul mercato. Dunque il volume d’affari e di investimenti non potrebbe essere lo stesso se non ci fosse una forte protezione della proprietà intellettuale, come tra l’altro previsto dall’accordo Trips dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.