Il vertice di Palazzo Chigi si lega sia alle preoccupazioni sulla permeabilità di quella rotta legata ai problemi di Tripoli e Tunisi, sia al report dei servizi secondo cui 700 mila persone sarebbero pronte a partire. Nel prossimo Consiglio europeo si discuterà dell’emergenza con la proposta italiana
Come potrà influire il nuovo corso politico tunisino sulle rotte dell’immigrazione, in un fazzoletto di acque (e di terre) su cui il servizi segreti italiani hanno lanciato un allarme per potenziali nuovi arrivi? Il vertice di Palazzo Chigi di ieri si lega a doppia mandata sia alle preoccupazioni sulla permeabilità di quella rotta legata ai problemi di Tripoli e Tunisi, sia al report dei nostri 007, secondo cui 700mila persone sarebbero pronte a partire, oltre a porsi in continuità con il ragionamenti che il Presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro inglese Rishi Sunak hanno effettuato pochi giorni fa all’Eliseo.
Il governo italiano si è soffermato sulla globalità di questi aspetti nella riunione fra la premier Giorgia Meloni, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, quello della Difesa Guido Crosetto e i vertici dei Servizi segreti, a cui, in un secondo momento, hanno partecipato in collegamento anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e quello delle Infrastrutture, Matteo Salvini.
I poteri di Saied
Dopo 20 mesi dal colpo di mano con cui Kais Saied chiuse il Parlamento tunisino destituendo il governo, si è svolta ieri la prima seduta della nuova Assemblea, nata dopo le elezioni a cui ha partecipato appena l’11% degli aventi diritto. Esclusi i giornalisti stranieri e quelli tunisini che lavorano per testate non statali. I membri del precedente parlamento attaccano, parlando di una nuova Assemblea illegittima, “dal momento che il 90 per cento del popolo tunisino ha boicottato le elezioni, per questo motivo il parlamento non ha poteri”. Per questa ragione invitano tutti i “parlamentari arabi e non ad attendere nel conferire qualsiasi legittimità alla nuova Assemblea, continuando a sostenere le aspirazioni del popolo tunisino nella sua battaglia per il ripristino delle libertà fondamentali e la democrazia”.
Un passaggio che aumenta il livello di potenziale instabilità politica e istituzionale nel paese, che potrebbe avere riverberi sui flussi. In Tunisia vi sono solo circa 20.000 migranti subsahariani a fronte di una popolazione di 12 milioni ma il Paese sta affrontando una grave crisi alimentare, dopo che prodotti di prima necessità come caffè, zucchero e riso, solitamente sovvenzionati dal governo, sono scomparsi dai supermercati. Anche per questo abbiamo visto il governo soffiare sulla paura del migrante.
Cosa lega Libia e Tunisia?
Un mese fa il commissario UE Oliver Várhelyi aveva visitato una nuova motovedetta data ai libici sulla scorta della partnership avviata contro il contrabbando, con l’obiettivo di aumentare i mezzi a disposizione di Tripoli: oggi un portavoce della Commissione europea ha affermato che anche i percorsi legali devono essere migliorati. Il rischio però è che, nel frattempo che la politica decida, l’arrivo della primavera possa incoraggiare le partenze di quelle 700mila persone di cui hanno parlato i servizi nel paper analizzato da Palazzo Chigi.
Per questa ragione Giorgia Meloni auspica che, dopo i progressi del febbraio scorso, il prossimo Consiglio Europeo possa portare ad un passo in più: ovvero solidarietà concreta da parte degli stati membri nella gestione del dossier immigrazione, per far sì che non gravi solo sulle spalle di Italia, Grecia, Cipro, Malta e Spagna (gruppo di paesi in cui non tutti spiccano per accoglienza). Senza dimenticare che in quel quadrante l’Italia ha deciso di essere maggiormente presente sotto vari aspetti.
Di come utilizzare il ponte con l’Ue hanno discusso sia l’ambasciatore della Tunisia in Libia, Lassaad Ajili con il suo omologo della Repubblica del Niger, sia il ministro degli Esteri tunisino, Nabil Ammar, e l’omologo delle Comore, Dahir Dhu Kamal, che hanno concordato di cooperare per affrontare la questione dei migranti irregolari e superare così le polemiche scatenate dalle dichiarazioni rilasciate lo scorso 21 febbraio dal presidente tunisino. In quell’occasione Saied aveva sollevato con parole dure il problema degli africani subsahariani che si recano in Nord Africa sperando di attraversare il Mediterraneo e raggiungere l’Europa. “Orde di immigrati clandestini dall’Africa sub-sahariana continuano ad arrivare, con tutta la violenza, la criminalità e le pratiche inaccettabili che ciò comporta”, aveva osservato dinanzi al consiglio di sicurezza nazionale, sventolando l’idea che l’immigrazione influisse negativamente sulla demografia tunisina.