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La campagna diplomatica di Macron in Africa (prima che sia troppo tardi)

Angola, Gabon, Congo. L’obiettivo mai celato di rialzare la testa dopo le battute a vuoto, complice anche un certo sentimento antifrancese in alcune ex colonie. Per arginare la crescente influenza russa nei paesi africani di lingua francese, che si somma alla penetrazione cinese per le materie prime

La vigilia del viaggio di Giorgia Meloni in India e negli Emirati Arabi è caratterizzata dalla consapevolezza di voler aggiungere un mattoncino alla costruzione di un percorso, fatto non solo di rinnovati rapporti bilaterali ma anche di una visione geostrategica che caratterizzi l’Italia. Il presidente del Consiglio questa sera arriverà, insieme al ministro degli Esteri Antonio Tajani e ad una delegazione di alto profilo imprenditoriale, a Nuova Delhi dove domani incontrerà il primo ministro Narendra Modi e la presidente della Repubblica Droupadi Murmu. Non ci sarà solo la guerra in Ucraina come tema di discussione, ma soprattutto le relazioni con l’Unione europea prima della fitta due giorni ad Abu Dhabi.

La visita può rappresentare il primo passo di un nuovo inizio. Il premier inoltre sarà Chief Guest e Keynote Speaker dell’ottava edizione del Raisina Dialogue, la principale conferenza indiana su geopolitica e geoeconomia. Promossa dal ministero degli Esteri indiano e dall’Observer Research Foundation (Orf) riveste quest’anno un’importanza peculiare, dal momento che coincide con la presidenza indiana del G20 e verrà inaugurata dal primo ministro dell’India, Narendra Modi, e il premier italiano sarà ospite principale, accanto a rappresentanti di più di cento Paesi.

La contingenza, poche ore dopo, di atterrare ad Abu Dhabi è indicativa dell’intenzione di legare concretamente geopolitica, relazioni industriali ed energia. Emirati non significa solo Piano Mattei, nelle aspettative di Chigi, ma anche un riequilibrio, in un’area dove Roma è partner strategico in diversi progetti targati Eni.

L’attivismo meloniano è “parallelo” al viaggio in Africa di Emmanuel Macron (Angola, Gabon, Congo) che si concretizza in contemporanea al G20 foreign ministers meeting in India, e racconta da un lato il tentativo francese di apparire mediaticamente a quelle latitudini, dopo la fuga dal Sahel e, dall’altro, ciò che potrà fare l’Italia.

In questo senso il tour africano di Macron assume il sapore di una vera e propria campagna diplomatica, con l’obiettivo mai celato di rialzare la testa dopo alcune battute a vuoto, complice anche un certo sentimento antifrancese presente in alcune ex colonie. C’è anche un altro elemento tra quelli scansionati dall’Eliseo nel continente africano ed è quello della crescente influenza russa nei paesi africani di lingua francese, che si somma alla nota penetrazione cinese per le materie prime. Per questa ragione alla vigilia del viaggio il Presidente francese ha battuto sul tasto della “relazione reciproca e responsabile”, anche come rottura ideale rispetto alle precedenti politiche postcoloniali. Non manca la commistione con le elezioni, come ad esempio in Gabon dove il 64enne Bongo è presidente da quando è succeduto al padre nel 2009 e qualcuno si chiede come il popolo gabonese peserebbe la presenza francese alla vigilia delle elezioni presidenziali previste la fine del 2023.

Sin dalla sua nascita il governo Meloni ha messo nel mirino non solo l’Indo Pacifico ma anche l’Africa come nuovo cono di interesse: l’ultimo in ordine di tempo a ribadirlo è stato ieri il ministro della difesa Guido Crosetto nel video meeting con l’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Ue, Josep Borrell, quando ha sottolineato che l’Ue (quindi anche l’Italia) dovrebbe essere promotrice di partenariati più forti con l’Africa.



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