Non sono solo le differenze tra Nord e Sud a rendere l’Italia un Paese ancora diseguale, ma anche l’approccio bipolare a temi simili, ma con protagonisti diversi. il commento di Antonio Mastrapasqua
Non è solo la distinzione tra Nord e Sud quella che rende l’Italia un Paese ancora diviso. C’è la permanenza di una irriducibile diversità tra due distinte culture politiche. Non si tratta solo del gusto di una rivalità (dagli Orazi e Curiazi fino a Guelfi e Ghibellini, o Montecchi e Capuleti) che ci rende tifosi prima che avversari o addirittura nemici. Ma c’è l’incancellabile convinzione che ci siano dei migliori (sempre a sinistra) e sempre dei peggiori (ovviamente a destra). Due episodi, diversissimi tra loro, si accomunano per il riflesso bipolare che scatenano.
Il primo caso viene dal karaoke della festa di compleanno di Matteo Salvini. Come accade spesso è il fuoco amico a fare più vittime: il filmato di Nicola Porro ha acceso la miccia. Poi sono partite le esplosioni, le polemiche, le rampogne, le scandalizzate dichiarazioni. Eterogenesi dei fini: Porro – a suo dire – voleva dimostrare la sintonia tra Meloni, Salvini e Berlusconi. Ha finito per documentare la colpevole (?) gioiosità di donne e uomini di governo nei giorni del lutto di Cutro.
La scorsa estate l’alcolica festosità di Sanna Marin – la bella premier finlandese filmata alticcia con amiche e amici durante party a base di alcol, balli scatenati, saune e immagini saffiche, organizzati anche nella residenza ufficiale dalla prima ministra – ebbe la ragionevole difesa d’ufficio secondo il sacrosanto “diritto anche di un politico all’allegria in mezzo a tante nuvole buie”. Per un politico di centro sinistra il moralismo – come si fa a fare festa quando l’orso russo aggredisce l’Ucraina? – non serve. Anzi, è di troppo.
Fare festa si può, a seconda della cultura politica del festeggiante?
Secondo episodio. Nei giorni scorsi, il riflesso destra-sinistra nostrano (ci vorrebbe ancora Giorgio Gaber per provare a ridicolizzare questa radicalizzazione insensata) si è manifestato in una vicenda che di per sé sarebbe solo una sciocchezza, se non fosse stata presa sul serio.
L’avviso di un funzionario Atac – “Attenti agli zingari, attenti agli zingari” – diramato dall’interfono sulla metropolitana di Roma ha creato uno scandalo politico. Annuncio inusuale. Forse inopportuno. Ma finalizzato a segnalare la presenza di borseggiatori in carrozza. E piaccia o non piaccia, una delle attività cui si associano molti componenti dell’etnia rom è proprio quella del ladruncolo, del borseggiatore, appunto. Apriti cielo. Parole offensive, razziste, discriminatorie. Contro una etnia. Il sindaco Roberto Gualtieri – che non sempre brilla per protagonismo e presenza sulla scena della città – ha subito chiesto all’Atac di individuare il responsabile e aprire un procedimento disciplinare nei suoi confronti. Esponenti del centrodestra hanno considerato eccessiva la reazione del sindaco e dell’Atac. Riapriti cielo. Fascisti e razzisti da una parte, benpensanti e politicamente corretti dall’altra. Riecco il doppio schieramento. Ma anche il doppio sentimento. Il doppiopesismo.
Peccato che lo scorso anno le parole – dal sen fuggite – di Lucia Annunziata non destarono analogo scandalo. L’ex presidente Rai, anchor woman ancora in attività di servizio, fu protagonista di un fuori onda surreale, durante l’edizione straordinaria del Tg3 dedicata all’inizio della guerra in Ucraina. Tutto è accaduto durante il collegamento con l’esterno dell’ambasciata russa a Roma, dove era in corso un sit in di protesta, con la partecipazione di Enrico Letta e di tante donne ucraine. Mentre l’allora segretario del Pd esprimeva solidarietà nei confronti delle “centinaia di migliaia di persone che rappresentano la comunità ucraina in Italia” si sentì forte e chiara la voce autorevole e professionale della giornalista blasonata che chiosava, rivolta alle donne ucraine: “…centinaia di migliaia di cameriere e badanti”. Con la voce di Antonio Di Bella che le fece eco, aggiungendo: “… e amanti”. Entrambi – Annunziata e Di Bella – fecero le loro scuse, riferendosi alle frasi che “al di là del contesto e delle intenzioni sono suonate inopportune, offensive, e soprattutto un atto di estrema stupidità”, “un inciampo che un conduttore dovrebbe sempre saper evitare”.
Non risulta di alcun provvedimento disciplinare ai loro danni. Lo scandalo fu rapidamente rubricato in sciocchezza. Perché non dovrebbe accadere lo stesso per il maldestro funzionario Atac?