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Resa dei conti per il mattone cinese. Così Evergrande&Co provano a convincere i creditori

A fine marzo sono previste le prime udienze nell’ambito delle cause legali intentate contro i giganti dell’immobiliare dai risparmiatori che hanno prestato soldi alle società, senza rivederli più. Ma gli accordi transattivi preparati in extremis potrebbero non bastare. E allora sarà game over

Ora sì che il fiato si fa sentire sul collo. Sono passati ormai quasi tre anni dalle prime avvisaglie della tempesta che, di lì a poco, si sarebbe scatenata sul settore immobiliare cinese, che vale, o meglio valeva, quasi un terzo del Pil del Dragone. Poco meno di 36 mesi di insolvenze, conti truccati, bond scoperti e cause legali da parte di quei risparmiatori rimasti con il cerino in mano, con la sola colpa di essersi fidati dei giganti del mattone, a cominciare da Evergrande. Senza dimenticare le immani ripercussioni sull’intero comparto finanziario cinese, a cominciare dalle banche.

Ora che il disastro è finito nelle aule dei tribunali, sta per arrivare il redde rationem. Tra poco più di un mese, infatti, è previsto il primo giro di udienze nell’ambito delle azioni legali imbastite da gruppi di risparmiatori. Una vera e propria class action, per chiedere conto dei denari prestati alle imprese e mai più rivisti. Inadempienze che oggi ammontano su per giù a 15o miliardi di dollari e che, se comprovate, rischiano di far chiudere d’ufficio Evergrande e i suoi fratelli.

Attenzione, si tratta solamente delle prime udienze, i procedimenti legali non saranno così veloci. Ma se le cose dovessero mettersi male per le aziende immobiliari coinvolte, saranno gli stessi azionisti a dover mettersi la mano in tasca e risarcire i sottoscrittori dei bond. Il tutto al netto della messa all’asta degli stessi asset delle imprese. Tutto questo, racconta Bloomberg, ha messo non poco pepe sulla cosa dei colossi del mattone. I quali, per scongiurare risarcimenti miliardari, starebbero cercando accordi in extremis con i creditori, nel tentativo di bloccare le azioni legali.

Tra questi, tanto per fare un esempio, Logan Group, un costruttore di case che opera principalmente nell’area della Greater Bay del Guangdong, a Macao e a Hong Kong. Il quale ha presentato questa settimana la sua ultima proposta di ristrutturazione ad alcuni detentori di bond. Ma senza ancora avere una risposta. Ma c’è anche, immancabile, China Evergrande, il gruppo manifesto delle difficoltà del settore. Il quale ha dichiarato di voler ottenere il sostegno degli obbligazionisti per il proprio piano di ristrutturazione del debito entro l’inizio di marzo, dovendo affrontare un’udienza in tribunale a Hong Kong il 20 del mese: all’ordine del giorno, il burrone, ovvero la richiesta di messa in liquidazione dell’azienda.

Non è finita. Zhenro Properties Group, anch’esso alla sbarra, intende presentare una proposta preliminare di soluzione consensuale del debito offshore entro la fine del mese. Il costruttore insolvente Sunac China Holdings, poi, sta preparando un accordo per la ristrutturazione da far firmare a un gruppo ad hoc di importanti obbligazionisti cinesi. Ora la domanda è, tutto questo basterà? L’alternativa è chiudere bottega. Per sempre.

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