Chi, in Senato, ha ascoltato per intero e senza pregiudizi le comunicazioni del presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo, ha senz’altro colto un cambio di passo. I toni restano quelli della leader di un partito di opposizione, i contenuti sono diventati quelli del partner affidabile e sostanzialmente soddisfatto del corso preso dalle vicende europee. Il commento di Andrea Cangini
A soffermarsi sulla scelta delle pause, sull’impennarsi dei toni e sui titoli delle agenzie di stampa, si direbbe che nulla è cambiato nel discorso pubblico di Giorgia Meloni rispetto all’Europa. Ma chi, in Senato, ha ascoltato per intero e senza pregiudizi le comunicazioni del presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo, ha senz’altro colto un cambio di passo. I toni restano quelli della leader di un partito di opposizione, i contenuti sono diventati quelli del partner affidabile e sostanzialmente soddisfatto del corso preso dalle vicende europee. Prima quasi nulla funzionava in Europa e la colpa era del governo italiano in carica, ora in Europa funziona quasi tutto e il merito è del governo Meloni.
Sull’immigrazione, ad esempio, sono stati fatti “passi importanti nella giusta direzione”. Siamo, ha detto Giorgia Meloni, “di fronte ad un nuovo modello di gestione della frontiera europea marittima”. E non è un caso. È la conseguenza del fatto che “il Consiglio europeo ha recepito le istanze dell’Italia”, assumendo di conseguenza “posizioni impensabili fino a qualche mese fa”. Poi, certo, “non possiamo ancora dirci soddisfatti”, però…
Però anche sulla revisione del Patto di stabilità e crescita le cose si stanno mettendo bene, dal momento che l’Europa sta passando dal porre l’accento sulla stabilità all’attenzione per la crescita. Merito dell’Italia, ovviamente. Così come è stata merito dell’Italia (allora guidata da Mario Draghi, ma questo Giorgia Meloni ovviamente non l’ha ricordato) “se l’Unione europea ha fissato un tetto massimo al prezzo del gas”. Altro che “autarchia”, dunque, il segreto è “lavorare insieme”. “Noi dialoghiamo con tutti… le alleanze si possono e si devono costruire su ogni materia”, ha detto Giorgia Meloni in replica.
Non è ipocrisia, è il gioco delle parti cui la politica italiana ci ha da tempo abituati. Gioco in cui la cosa importante è che Giorgia Meloni abbia scelto di recitare la parte europeista. Fosse stata ancora all’opposizione, oggi avrebbe raccontato la metà vuota del bicchiere europeo, stando al governo ha insistito sulla metà piena. E va bene così.