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Meloni e Landini, una (bella) lezione di politica. Parla Sacconi

Secondo l’ex ministro “il riconoscimento reciproco tra Meloni e Landini segna il presupposto del confronto tra sensibilità diverse. Le parole del premier confermano una fiducia sussidiaria che il governo nutre nei confronti delle parti sociali”. Il passaggio sul giuslavorista ucciso dai brigatisti: “Meloni ha citato Marco Biagi opportunamente, ricordando a noi tutti che la morte del professore fu la conseguenza di un clima esasperato di accuse ingiuste e smodate”

Giorgia Meloni e Maurizio Landini hanno impartito una lezione di politica al Paese, riconoscendosi nelle diversità e legittimandosi”. Non hanno fatto breccia le polemiche e gli striscioni contro di lei: il presidente del Consiglio ha tirato dritto. Al congresso della Cgil di Rimini si è “veicolato un messaggio fondamentale: le divergenze si esprimono nel rispetto reciproco”. La vede così, l’ex ministro Maurizio Sacconi che a Formiche.net commenta l’intervento di Meloni oggi alla convention del sindacato.

Sacconi, è così rivoluzionario dialogare con rispetto confrontandosi sui temi?

Sì, lo è nella misura in cui ormai una lunga stagione politica è stata perennemente viziata da forti contrasti e dal frequente ricorso all’arma della delegittimazione. Questo riconoscimento reciproco tra Meloni e Landini invece, lo reputo molto importante: segna il presupposto del civile confronto anche tra opposte opinioni.

Meloni ha parlato di unità nazionale.

In qualche modo è così. Tant’è che lei non ha rinunciato a esporre, nel corso del suo intervento, le grandi differenze che intercorrono tra la visione del suo governo e quelle della Cgil. Così come Landini, ieri, ha esplicitamente rimarcato la sua identità.

Parlando di lavoro, il presidente del Consiglio ha citato il giuslavorista Marco Biagi.

Ha citato Biagi opportunamente, ricordando a noi tutti che la morte del professore fu la conseguenza di un clima esasperato di accuse ingiuste e smodate. In una certa misura si è trattato anche di un monito: evitare quel clima incandescente per evitare il ripetersi di eventi tragici.

Andando più nel concreto, Meloni non si è sottratta al confronto sulla riforma fiscale sulla quale peraltro la Cgil ha già espresso non poche riserve. Cosa c’è da aspettarsi?

Questa riforma può riguardare il lavoro dipendente in misura significativa se si riuscirà a evitare che la progressività colpisca le componenti retributive che sono espressione di merito, professionalità, scomodità. In generale, mi pare che questa legge delega contenga principi più che condivisibili. Il confronto con le parti sociali è appena iniziato. Ma, il vero terreno di confronto, saranno i decreti delegati.

Meloni ha rimarcato un concetto: non è lo Stato a creare ricchezza, bensì esso deve creare le condizioni affinché chi crea ricchezza sia agevolato nel farlo. Una visione che fatica a collimare con quella dei sindacati, non crede?

Penso ci sia una parte del sindacato che condivide questo ragionamento. Lo Stato deve fare in modo di creare quelle condizioni affinché le energie vitali del Paese si esprimano. Tra queste, chiaramente, ci sono le imprese.

Il presidente del Consiglio ha riconosciuto un ruolo centrale al sindacato come interlocutore. Un ritorno dei corpi intermedi, tout court.

Le parole del premier confermano una fiducia sussidiaria che il governo nutre nei confronti delle parti sociali. Nessuno più di loro può stabilire quale sia il giusto salario da applicare effettivamente ai lavoratori. La migliore autorità capace di definire il salario resta il contratto di ogni livello.

Il premier ha parlato, in riferimento al lavoro, di glaciazione demografica. Questo, chiaramente, sul lavoro, impatta pesantemente.

Per la prima volta il mercato del lavoro risente manifestamente del declino demografico. Non si tratta solo di carenza di competenze, ma di carenza di persone. Ed è per questo che la Meloni ha fatto più che bene a fare questa sottolineatura. Penso sia giunto il momento di superare la contraddizione del trovarsi il tasso di occupazione più’ basso in Europa a fronte di un’altissima richiesta inevasa di lavoro da parte delle imprese. E di investire nel nostro futuro incoraggiando la natalità.

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