L’attivismo del presidente del Consiglio in politica estera va accolto positivamente per la consapevolezza di mantenere e rafforzare il ruolo internazionale dell’Italia. Il filo conduttore è una diplomazia finalizzata a valorizzare i punti di forza del nostro Paese. Senza dimenticare il coordinamento europeo. Il commento di Giovanni Castellaneta, già consigliere diplomatico di Palazzo Chigi e ambasciatore negli Stati Uniti
In questi ultimi giorni Giorgia Meloni è protagonista di un vero e proprio tour de force a livello internazionale. Di ritorno dall’India, dove ha avuto un promettente incontro bilaterale con il suo omologo Narendra Modi, il presidente del Consiglio ha fatto “scalo” ad Abu Dhabi per una visita negli Emirati Arabi Uniti, attore strategico nella regione del Golfo. E non finisce qui, perché la prossima settimana è atteso a Roma il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
L’attivismo del presidente del Consiglio in politica estera va certamente accolto positivamente per la consapevolezza di mantenere e rafforzare il ruolo internazionale dell’Italia. A unire questa serie di incontri è possibile individuare un filo conduttore: quello di una diplomazia pragmatica e finalizzata a valorizzare i punti di forza del nostro Paese con una economia fortemente votata all’export e dunque bisognosa di sfruttare i vantaggi offerti della globalizzazione. Il tutto lasciando intelligentemente da parte gli accenti ideologici che, al di là di alcuni principi irrinunciabili per una democrazia liberale, rischiano di danneggiare gli interessi dell’Italia nel contesto internazionale di oggi, così complesso e interdipendente.
Ed è così dunque che, con grande spirito di concretezza, Meloni apre una pagina nuova delle nostre relazioni con l’India scrivendo finalmente la parola fine all’annoso incidente diplomatico dei marò. E lo fa in un momento chiave per Nuova Delhi: sotto i riflettori per la presidenza di turno del G20 e candidata a mettersi a capo delle economie emergenti (mentre la Cina gioca da tempo un’altra partita), l’India vuole mettere finalmente a frutto il proprio potenziale demografico ed economico. Ecco perché è fondamentale che i Paesi occidentali (e l’Italia fra di essi) cerchino di rafforzare i legami con uno Stato che sarà sempre più importante e rilevante nei prossimi anni sullo scacchiere globale.
Lo stesso discorso vale per il rapporto con gli Emirati. Il ricco Paese del Golfo ospita quest’anno Cop28, la tradizionale conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. L’Italia vuole fare la sua parte anche su questo versante giocando il ruolo di partner strategico di Abu Dhabi sulle questioni ambientali: una posizione chiave in una fase delicatissima per le economie europee che rischiano di subire gli effetti più negativi della transizione green quando invece dovrebbero cercare di governarla.
E, proseguendo, anche l’incontro con il leader di Israele dovrà essere improntato allo stesso approccio pragmatico: non si tratta solamente di rinnovare il sostegno e la solidarietà allo Stato ebraico, ma anche di approfondire i rapporti bilaterali con un’economia all’avanguardia in molti settori hi-tech, dalla difesa alla cybersecurity alla medicina.
Sullo sfondo, la relazione con la Cina a pochi mesi dalla scadenza del memorandum di adesione alla Via della Seta: sarà rinnovato? Qualunque sia la decisione del Governo, ciò che dovrà prevalere è un rapporto concreto e prudente con Pechino, evitando le fughe in avanti compiute qualche anno fa e che sortirono come risultato solo quello di mettere in dubbio l’affidabilità dell’Italia tra i partner occidentali.
Infine, è importante comunque che ogni decisione venga presa senza far mancare il coordinamento a livello europeo. In un momento in cui l’Unione europea rischia di perdere terreno rispetto a Stati Uniti e Cina, muoversi da soli sarebbe un grave errore che ci consegnerebbe a partner con un peso geopolitico ed economico maggiore del nostro. È dunque un bene che il presidente del Consiglio dimostri dinamismo sulla scena internazionale; ma in una fase dove le tensioni tra globalizzazione e reshoring non fanno che aumentare, è necessario che la tutela dei nostri interessi economici sia portata avanti senza perdere di vista il più ampio contesto europeo, l’unica dimensione che ci può garantire un ancoraggio sicuro nel mare globale in tempesta.