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L’omelia siriana. Un nuovo inizio per l’Oriente cristiano

Il 3 marzo è stato insediato come arcivescovo il co-fondatore con padre Paolo Dall’Oglio della comunità monastica di Mar Musa, Jacques Mourad. Uno strano destino li ha uniti: entrambi, Dall’Oglio e Mourad, sono stati sequestrati dall’Isis. Il primo è scomparso da ben dieci anni, invece padre Jacques si è salvato rocambolescamente. Ecco perché è importante il suo messaggio per le Chiese dell’Oriente cristiano

Il 3 marzo è stato un giorno storico per le Chiese dell’Oriente cristiano. Questo fatto storico consiste nel recepimento, mai avvenuto prima, della teologia della fratellanza islamo-cristiana di padre Paolo Dall’Oglio da parte dell’episcopato cattolico-orientale, sin qui saldamente arroccato su una linea di problematica diffidenza, che ha prodotto anche un recepimento per così dire “contenuto” del documento sulla fratellanza umana firmato da papa Francesco e dall’imam dell’università islamica di al-Azhar, al-Tayyib.

Questa novità davvero epocale per l’Oriente cristiano, quantomeno racchiuso in se stesso in una sorta di risentimento, è arrivato da Homs, dove proprio il 3 marzo è stato insediato come arcivescovo il co-fondatore con padre Paolo Dall’Oglio della comunità monastica di Mar Musa, Jacques Mourad. Uno strano destino ha seguitato unirli nella vita: entrambi, Dall’Oglio e Mourad, sono stati sequestrati dall’Isis. Il primo è scomparso dieci anni fa e nulla si è più saputo di lui. Mourad invece si è salvato, rocambolescamente.

Il fatto era molto importante in sé, viste le profonde distanze teologiche e culturali tra l’episcopato locale e il gesuita romano. Ma il fatto diviene di assoluto rilievo alla luce di quanto detto da padre Jacques, come Sua Eccellenza Mourad vuole essere chiamato, nella sua omelia di insediamento. Lo si apprende grazie all’articolo scritto da padre Jihad Youssef, della comunità di Mar Musa, e pubblicato da Fides.

Stando a questo indubitabile resoconto, padre Jacques ha affermato durante la cerimonia della sua ordinazione episcopale, nella cattedrale di Homs, che si rivolgeva ai “credenti, popolo del Dio vivente, cristiani e musulmani”. Io credo che già questo sia un fatto oggi straordinario, e che rimandi ai tempi gloriosi della Rinascita araba, la Nahda dell’Ottocento, quando due missionari tradussero la Bibbia in arabo con l’aiuto di un dotto dell’islam. I tempi gloriosi della rinascita del Levante, poi sommersi dalle macerie del Novecento, si devono essere rivisti nella cattedrale di Homs.

Poi lì, in chiesa, ha ricordato il suo padre e la sua guida, padre Paolo Dall’Oglio, “il testimone e il martire nella Chiesa, che ha seguito Cristo fino alla fine, offrendo se stesso sull’esempio del suo Maestro Gesù”. Siamo nel decennale del sequestro di padre Paolo Dall’Oglio, un decennale che sembra interessare solo i parenti del gesuita romano, e pochi altri. Ma le parole di padre Jacques restituiscono a tutti noi non solo una pagina luminosa di testimonianza cristiana, ma anche la sua profonda attualità. Faccio un esempio: è la teologia del “mondo russo” che deve unire tutti i credenti di quel mondo come di altri mondi sotto un unico potere politico e spirituale, o è l’esempio di chi ha offerto se stesso per cercare di scongiurare lo scontro tra gli opposti e analoghi estremismi nel nome del vivere insieme?

Leggendo qualcuno potrebbe desumere che padre Jacques sappia dell’esito infausto del sequestro di Dall’Oglio – come è purtroppo assai probabile – e lo abbia detto. Io non credo. Io credo che padre Jacques sappia benissimo che padre Dall’Oglio nel suo libro “Innamorato dell’islam. Credente in Gesù”, ha raccontato di quel giorno in cui, in Siria, fu invitato a festeggiare il Natale in una moschea sciita (dedicata all’imam Khomeini). Quel giorno, racconta nel suo libro, ha esordito chiedendo a quei musulmani, che come tutti gli altri sciiti avevano una particolare attenzione e dedizione al martirio (i fondatori dello sciismo, Ali e Hussein, sono stati martirizzati dai loro avversari, capostipiti della prima dinastia califfale sunnita), se fossero pronti a riconoscere in Gesù un martire. Ovviamente non ha trovato sguardi assenzienti visto che l’Islam non riconosce la morte e resurrezione di Gesù, ma padre Paolo era consapevole che per i musulmani l’essenza degli atti risiede nelle intenzioni: e ha chiesto loro se Gesù non avesse dimostrato la propria intenzione di donare la propria vita e la disponibilità al martirio: come negargli il titolo? E ha concluso così: “Tutti trovarono il ragionamento corretto, si ricominciò a parlare di Maria, di Betlemme, poiché non vi è casa sciita in cui non vi sia, su un arazzo o su una stampa molto colorata, la nascita di Gesù, con Maria e Giuseppe”. Credo che riconoscere l’enormità e l’evidenza dell’intenzione stupefacente dell’uomo che da solo osò recarsi nel quartier generale dell’Isis per scongiurare imminenti catastrofi fosse il vero debito verso un uomo straordinario, e straordinariamente infangato da alcuni.

Ma le cose straordinarie di questo insediamento episcopale siriano non sono finite: padre Jacques il 5 marzo, durante la sua prima celebrazione da vescovo, sempre nella cattedrale cattolica, ha ricordato di provenire dalla Comunità di Mar Musa, “una comunità che ha riconosciuto e seguito l’intenzione di Dio, il quale desidera che la nostra Chiesa siriaca sia figlia di questa terra, terra che ha accolto anche l’islam e nella quale hanno finora camminato e vissuto insieme, nella gioia e nelle difficoltà”. Aggiunge sempre nel suo scritto su Fides padre Jacques: “Finalmente, dopo tante resistenze e incomprensioni nei confronti della vocazione della nostra Comunità monastica, il carisma particolare di padre Paolo Dall’Oglio viene accolto, riconosciuto e proclamato come dono prezioso nella Chiesa orientale siriaca”. E che questo accada nell’odierna Siria è davvero sorprendente.

Questo è un evento straordinario; l’umile, sempre sorridente padre Jacques, ha portato nella Chiese dell’Oriente cristiano il carisma di un gesuita prorompente, visionario, a volte collerico, ma non perché non fosse umile e sorridente come il suo amico, ma perché consapevole dell’urgenza di cambiare prospettiva. L’impresa avviata da padre Jacques, sequestrato anche lui dall’Isis per lunghissimi mesi, è agli inizi, ma anche questo sembrava impossibile, e invece è realtà. Ora chissà se sarà realtà anche un adeguato ricordo qui, in Italia, del decimo anniversario del sequestro di padre Dall’Oglio, per ciò che ha significato e i significati ulteriori che la sua storia acquisisce oggi.

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