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Uno snodo per le rinnovabili. Il modello Piombino per l’Italia raccontato da Villa

La velocità con cui l’Italia ha proceduto per le 55 autorizzazioni di Snam se fosse replicata sulle rinnovabili potrebbe dare una svolta vera alle politiche energetiche del nostro Paese. Matteo Villa (Ispi) riflette con Formiche.net su dossier connessi come il gasdotto EastMed e i cavi sottomarini. “In prospettiva vedo un’Italia che diventerà sempre più orientata al mare sempre meno orientata alla terra. Il risultato è che in questo modo si può far fronte ad altre eventualità”

I giacimenti di gas nel Mediterraneo orientale dovranno essere sfruttati e la piattaforma logistica che l’Italia sta approntando a Piombino e Ravenna potrebbe essere il vettore nuovo per trasformare l’Italia in un grande “snodo autostradale” del gas verso l’Europa. Lo pensa Matteo Villa, capo del DataLab dell’Ispi, che in questa conversazione con Formiche.net parte dal modello Piombino, caratterizzato da una rapidità di azione, per riflettere sulle rinnovabili e sul destino del gasdotto EastMed.

Le 55 autorizzazioni che Snam ha ottenuto in 120 giorni per Piombino dimostrano che, al netto della burocrazia italiana, comunque sull’emergenza energetica il Paese ha provato davvero a correre?

Assolutamente sì, abbiamo deciso di accelerare. Tra l’altro nelle 55 autorizzazioni vi sono vincoli ambientali e paesaggistici soddisfatti a dimostrazione di come si è riusciti a contemperare tante esigenze diverse. Significa che i modi per snellire alcuni iter esistono. Se noi facessimo la stessa cosa sulle rinnovabili saremmo ad un punto di svolta.

Ovvero?

Parto da un dato: nel 2022 abbiamo installato 3 Giga ma in attesa di autorizzazione ce ne sono almeno 15. Sostituiscono quasi tutto l’import di gas russo. Ciò ci dice che volere è potere, ovviamente senza incontrare resistenze locali.

Come cambierà il quadro dopo che il primo rigassificatore entrerà in funzione e in attesa di quello che potrà succedere a Ravenna?

Con Piombino potenzialmente sostituiamo tutto quello che manca rispetto alle importazioni russe del passato. Per cui Piombino più Ravenna ci consente, sulla carta, di andare ben oltre le esigenze attuali, colmando del tutto l’obiettivo di diversificare dalla Russia. Il che non significa che dobbiamo smettere di importare dalla Russia, ma che saremmo del tutto preparati nel caso i russi decidessero di tagliare ulteriormente le forniture.

Ravenna come si inserirebbe in questo quadro a livello di fabbisogno?

Trainati da un’ulteriore spinta, si inserisce come la possibilità di importare Gnl in un quadro in cui ormai i costi sono più o meno doppi rispetto al costo del gas, mentre lo scorso anno sono stati otto volte, in media, il prezzo del gas. Ormai ci siamo assestati su costi della materia energetica doppi, quindi non è tutto uguale a prima ma molto più sostenibile rispetto a prima. Con Ravenna si può sostanzialmente sostituire completamente la Russia. É chiaro che non sarà sufficiente avere il rigassificatore ma occorreranno anche i contratti di importazione. In prospettiva vedo un’Italia che diventerà sempre più orientata al mare sempre meno orientata alla terra. Il risultato è che in questo modo si può far fronte ad altre eventualità.

Quali?

Beh, se ad esempio le promesse dell’Algeria di aumentare i flussi non fossero mantenute, cosa molto probabile, noi avremmo comunque le infrastrutture potenzialmente in grado di importare dal mare. Se invece tutto dovesse andare secondo i programmi, allora l’Italia sarebbe un punto d’approdo per una parte dei flussi verso il centro Europa.

Diventeremmo uno snodo autostradale del gas?

Esatto, più snodo che hub, in questo modo aumenterebbe anche l’integrazione anche perché tutti i rigassificatori sono a nord dal momento che a sud esiste un grosso collo di bottiglia, di cui ha parlato molto spesso il numero uno di Eni, Claudio Descalzi.

Alla luce di questo quadro e riflettendo sul ruolo che avranno progetti come Elmed, gli accordi con l’Algeria e questa politica di cavi sottomarini che prolifera in tutto il Mediterraneo (l’ultimo annuncio è quello fra Grecia e l’Egitto), rischia di perdere consistenza il gasdotto EastMed?

É questa l’analisi più rilevante che va fatta. Tra cinque o dieci anni probabilmente la richiesta di gas inizierà a declinare, anche la Germania ha previsto un calo dei consumi di gas già in questo decennio. Allora il problema sarà il ritmo: ovvero chi investirà su un’infrastruttura che collega Israele, Cipro, Grecia e Italia e forse anche la Turchia? L’idea potrebbe ancora avere senso per rifornire, ad esempio, il mercato turco. Ma l’accelerazione subita dalle infrastrutture energetiche in Europa a causa dell’invasione dell’Ucraina rende il progetto di EastMed sempre meno commercialmente utile, perché sarebbe completato non nel brevissimo periodo, quando si presenteranno altre esigenze o altre soluzioni.

Quale via di uscita dunque?

Quel gas presente nei giacimenti del Mediterraneo orientale ovviamente servirà al mondo, per cui potrebbe arrivare da Cipro via Gnl anziché via tubo. Dal momento che l’Italia adesso dispone di Piombino e, a breve, anche di Ravenna, non è impossibile pensare di poter avere un ruolo primario in questa partita. EastMed magari non tramonta del tutto, ma è un’ipotesi che si sta allontanando.

@FDepalo

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