Di fronte all’aumento del numero degli arrivi il ministro Tajani ha dichiarato che “l’Italia è rimasta sola”. Purtroppo è vero. E sappiamo chi ringraziare del vuoto che si è creato. L’opinione di Marco Mayer
Per i cittadini italiani, ma anche per i giornalisti più attenti alle vicende politiche nazionali ed europee, la data dell’8 luglio 2018 non significa niente. Eppure, è proprio quel giorno che Matteo Salvini, ministro dell’Interno del governo Conte I da sole cinque settimane, crea le condizioni per fa saltare l’Operazione Sophia, la più importante operazione militare, di polizia e di intelligence intrapresa dall’Unione europea per contrastare il terrorismo, il crimine organizzato e il traffico di esseri umani nel Mediterraneo.
La missione era operativa da più di due anni e stava assumendo un ruolo sempre più importante anche per i collegamenti con le navi della Nato incaricate, tra le altre cose, di monitorare i movimenti della flotta militare russa soprattutto rispetto all’andamento del conflitto in Siria e alla nota base russa a Latakia. Un altro aspetto importante da sottolineare è la progressiva inedita integrazione tra l’Operazione Sophia e le operazioni di polizia.
Tre giorni prima del diktat di Salvini, il 5 luglio 2018, era infatti iniziata la dislocazione sulle navi militari della missione europea delle prime cellule intelligence di Europol, coordinate sia con le polizie nazionali sia con le altre agenzie europee dedicate alla sorveglianza delle frontiere, del coordinamento con le procure. Sempre nel 2018 l’Operazione Sophia aveva avviato, come accennato all’inizio, un promettente coordinamento con le unità navali della missione Nato nel Mediterraneo, l’Operazione Sea Guardian.
A metà giornata, l’8 luglio 2018, con un tweet preparato dalla celebre piattaforma di comunicazione denominata La Bestia (diretta da Luca Morisi dal suo ufficio al pian terreno del Viminale) il ministro Salvini annuncia al mondo la sua intenzione di “bloccare l’ingresso nei porti italiani delle navi di tutte le missioni europee e internazionali”. Due giorni dopo la sezione fact-checking dell’agenzia di stampa Agi (diretta allora da Mario Sechi, oggi portavoce del presidente del Consiglio) spiega in dettaglio perché la posizione assunta da Salvini (a cui nel frattempo si è aggiunto Toninelli) e’ sbagliata e insostenibile. Alcune resistenze alla posizione del ministro vengono, inoltre, espresse dalla Farnesina e dalla Difesa, ma Salvini prosegue imperterrito per la sua strada senza che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte muova un dito.
Ma qual è la vera ragione per cui Salvini è intervenuto con veemenza per bloccare l’ingresso dei porti italiani alle navi militare delle missioni europee e internazionali?
Non è facile rispondere. L’innesco avviene nella serata del 7 luglio quando un’ importante nave della Marina irlandese, il Samuel Beckett, fa sbarcare nel porto di Messina 106 naufraghi raccolti in mare mentre sta svolgendo le sue delicate funzioni di pattugliamento e sorveglianza. Uno sbarco di routine di una nave militare a Messina non dovrebbe essere motivo di scatenare un putiferio internazionale. E invece… Il tweet di Salvini provoca un notevole sconcerto e irritazione ai piani alti di Shape e nelle capitali europee, ma le reazioni sono sotto traccia perché si spera di evitare la paralisi completa della missione navale dell’Unione europea, che invece alla fine Salvini riuscirà a sabotare e poi cancellare.
L’imprevisto e improvvido stop di Salvini si colloca, tra l’altro, in un momento particolarmente delicato perché una funzione importante delle missioni navali è quella di contrastare nuovi tentativi di destabilizzare la Libia. In quell’anno – come Siria, Ciad, Sudan, Mali e Repubblica Centrafricana – la Libia finisce nel mirino dei celebri mercenari russi di Wagner Group. Sul piano diplomatico il discorso è delicato perché la Russia e la Cina avevano accettato l’intervento militare del 2011 in Libia e di conseguenza rivendicano il diritto di partecipare attivamente alla fase postbellica. Per inciso, se nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Mosca e Pechino avessero avuto interesse a mettere il veto, Muammar Gheddafi sarebbe sempre al suo posto o scomparso per cause naturali.
Il tweet di Salvini agli esordi del governo gialloverde è certamente un segnale agli elettori della Lega, ma è anche un segnale di apertura a Mosca (e a Pechino), uno dei tratti caratterizzanti della anomala coalizione politica Movimento 5 Stelle-Lega che ha fatto nascere il governo Conte I.
Il forte indebolimento della presenza militare europea nelle acque del Mediterraneo ha aiutato le mire espansionistiche della Federazione Russa nel Sahel. Azzerare il ruolo navale dell’Unione europea per la sicurezza marittima del Mediterraneo per quattro anni è stato davvero un bel guaio. Peccato che l’opinione pubblica italiana ignori completamente questa vicenda.
Di fronte all’aumento del numero degli arrivi Antonio Tajani, attuale ministro degli Esteri, ha dichiarato che “l’Italia è rimasta sola”. Purtroppo è vero, ma Tajani e i diplomatici in Farnesina sanno chi ringraziare del vuoto che si è creato. Non è dignitoso disfare completamente ciò che l’Europa (sicurezza, soccorsi e repressione) aveva costruito di buono nel Mediterraneo impegnando le navi militari degli Stati membri e poi lamentarsi perché l’Europa non interviene.
Salvini e Conte quando si guardano dovrebbero ricordarsi di tutto ciò. La rottamazione dell’Operazione Sophia è la prova più eloquente della miopia dimostrata dalla politica internazionale del governo gialloverde. Persino il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha saputo fermarsi. Che cosa impedisce a Salvini e a Conte di ammettere l’errore e auspicare la ripresa delle attività dell’operazione Sophia?