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Siccità, la cabina di regia e il modello Israele. Parla Fazzone

Il presidente della commissione Ambiente al Senato delinea la roadmap degli interventi su cui si concentrerà la cabina di regia del governo sulla siccità: “La ricognizione delle zone nelle quali realizzare il piano invasi, facendo prima una mappatura delle infrastrutture già presenti. L’altro piano di intervento deve essere legato al riutilizzo delle acque reflue e all’implementazione delle nuove tecnologie in questo settore”

Il primo passo è l’istituzione di una cabina di regia, fortemente voluta dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni. La crisi idrica – tra le più drastiche che hanno colpito il continente nella storia – è in cima alla lista delle priorità per questo governo. Allo studio, ora, ci sarebbe un piano straordinario per tentare da un lato di gestire la carenza di acqua e dall’altro orientare gli investimenti per governare il fenomeno. Nelle scorse settimane i ministri si sono riuniti per discutere del tema e l’orientamento pare sia quello di affidare a un commissario straordinario il coordinamento della cabina di regia. “La priorità deve essere quella di stilare un piano invasi cercando di trattenere le risorse idriche, oltre a impostare un ragionamento serio sul recupero delle acque reflue”. A dirlo è il presidente della commissione Ambiente al Senato, Claudio Fazzone che a Formiche.net spiega la roadmap del governo per affrontare il tema siccità.

Partiamo dalla cabina di regia. Su quali fronti lavorerete con priorità?

Innanzitutto l’idea del governo di istituire una cabina di regia che si occuperà della siccità è più che positiva, oltre che estremamente lungimirante. La disponibilità d’acqua sarà il problema più grosso nei decenni a venire. Mi aspetto che la cabina di regia si concentri su due fronti: la ricognizione delle zone nelle quali realizzare il piano invasi, facendo prima una mappatura delle infrastrutture già presenti. L’altro piano di intervento deve essere legato al riutilizzo delle acque reflue e all’implementazione delle nuove tecnologie in questo settore.

A cosa si riferisce in particolare?

Il riutilizzo delle acque reflue diventerà fondamentale ad esempio nel settore dell’agricoltura per garantire il fabbisogno irriguo. Così come sarà fondamentale adottare strumenti per desalinizzare l’acqua. In questo senso le tecnologie sviluppate da Paesi leader come Israele, saranno da seguire e da adottare anche in Italia.

Immagina un piano straordinario che possa attingere alle risorse del Pnrr?

Si può anche in questo senso avviare un ragionamento, coinvolgendo anche il ministro Raffaele Fitto che peraltro si è detto più volte disponibile ad incontrare i soggetti coinvolti e ad avviare un’interlocuzione con i corpi intermedi. Ma al di là del pensare i progetti, poi devono essere messi a terra.

C’è, tra i tanti problemi legati alla crisi idrica, la forte dispersione di acqua per via di condotte inadeguate e obsolete. Si sta pensando di intervenire su questo versante?

Questo è un punto particolarmente critico, nel senso che immaginare di intervenire sulla rete idrica è un’operazione complessa e che richiede grandi investimenti. Paradossalmente sarebbe più facile realizzarne uno nuovo e sostituirlo a quello vecchio. Peraltro il tutto è complicato dal fatto che si dovrebbe intervenire spesso in parti d’Italia che presentano delle fragilità o che sono tutelate per via dell’interesse storico e paesaggistico. Insomma, le variabili sono tante.

Che tempi prevede per questi interventi?

Difficile a dirsi, ma quello che sta impostando il governo non è un lavoro di legislatura, ma che si protrarrà in prospettiva per dare una risposta a lungo termine al Paese.

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