Si conclude oggi la tre giorni voluta dall’amministrazione Biden. La lezione dell’Unione europea da non dimenticare: dopo cinque secoli di guerre, gli Stati membri sono riusciti a convivere senza conflitti
Si conclude oggi la tre giorni di lavori del secondo Summit per la democrazia, promosso dal presidente statunitense Joe Biden e a cui hanno partecipato 121 leader del mondo.
La prima notizia è che dopo 17 anni consecutivi il brusco declino dei regimi politici liberal-democratici sembra esserci quasi fermato. Nell’apposita classifica redatta da Freedom House, 35 Paesi hanno peggiorato la loro posizione e 34 l’hanno migliorata segnando finalmente una inversione di tendenza. La seconda notizia è che il luogo comune “democrazia uguale occidente” comincia a incrinarsi nei media internazionali. Nonostante alcuni recenti gravi atti di censura e repressione (e le ombre del caso Rahul Gandhi), il governo di Nuova Delhi da un paio di anni ha puntato la sua comunicazione pubblica sullo slogan “India, madre della democrazia”. Questa scelta – nonostante le polemiche politiche interne – sta dando i suoi frutti. In Asia, infatti, contribuisce in misura sempre maggiore a de-costruire la narrativa, tanto cara a Vladimir Putin e al Partito Comunista Cinese, che la democrazia sia un’invenzione ingannevole degli Stati Uniti e dell’Occidente. Al netto della propaganda politica del governo indiano, è peraltro vero che in alcune aree dell’India antica si erano sviluppati alcuni embrioni di vita democratica. Lo dimostrano ricerche storiche e archeologiche che meriterebbero di essere condivise con il resto del mondo per conoscere meglio la realtà storica del nostro pianeta. Il presidente Narendra Modi ha concluso il suo intervento al Summit per la democrazia ricordando che in questo momento l’India ha il più alto tasso di crescita del prodotto interno lordo a livello mondiale a riprova che democrazia e crescita economica vanno d’accordo.
Il tema del rapporto tra democrazia e prosperità economica è stato al centro anche dell’intervento di Giorgia Meloni. Il presidente del Consiglio ha affrontato le due dimensioni del rapporto tra democrazia e prosperità economica. All’interno del proprio Paese significa assicurare che la crescita crei benessere generale attraverso un’equa distribuzione dei benefici tra i cittadini. All’estero si tratta di sviluppare solidarietà verso i Paesi africani, a partire dalla sicurezza alimentare. Mi permetto di aggiungere anche il rafforzamento dei sistemi sanitari: pochi giorni fa ero in Sudan a visitare l’ospedale di cardiochirurgia infantile realizzato fa Emergency che opera e cura anche bambini dei Paesi confinanti, una straordinaria eccellenza italiana.
Un suggerimento per l’Italia in vista delle prossime edizioni del Summit per la democrazia: il programma è molto denso e articolato, ma manca un tema molto importante di cui si parla veramente troppo poco, ovvero la democrazia come vettore di pace. In quasi un secolo non è mai scoppiata una guerra tra due Stati democratici. Ci sono tanti difetti da correggere nei regimi democratici, tante cose da migliorare, ma la pace è la pace. Dopo cinque secoli di guerre gli Stati membri dell’Unione europea sono riusciti a convivere in pace.