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Svb, Tesoro e Fed in campo. Ma il panico colpisce le banche regionali

Sui mercati finanziari si è scatenato il panico, anche se a pagare il prezzo più alto del fallimento dell’istituto per le startup sono le realtà regionali, che in poche ore hanno dimezzato la capitalizzazione in Borsa. Intanto Washington fa scattare la sua rete di protezione, sperando che basti

Qualcuno, con la Silicon Valley Bank, rischia l’osso del collo. Il sistema bancario americano è sotto pressione con non lo era dal 2008, l’anno del crac di Lehman Brothers, madre di tutti i default (qui l’intervista sul caso Svb a Wolfram Mrowetz). Non è ancora chiaro il perimetro effettivo del dissesto causato dal repentino aumento dei tassi negli Usa, forse non perfettamente calcolato e previsto dalla stessa banca e da un certo lassismo della vigilanza, ancora tutto da dimostrare comunque.

Di sicuro, saranno le piccole banche a pagare il conto del contagio. Quelle con meno riserve, più legate ai territori e a quelle fasce di popolazione che, proprio negli anni in cui i tassi erano bassi o addirittura negativi, hanno fatto man bassa di prodotti finanziari ai limiti della speculazione. Lo dicono i numeri, prima di tutto. Le banche regionali americane sono infatti sotto pressione a Wall Street con il fallimento di Svb. First Republic ha perso in poche ore il 76%, mentre Western Alliance il 81%. Pesanti anche Pacwest Bancorp (-50%) e Charles Schwab (-18%).

La contrattazione dei titoli di molti istituti è stata sospesa per volatilità tra le banche mid-cap americane. L’effetto domino di Svb non si è ancora fermato nonostante l’annuncio che Svb Financial Group sarà rimosso dallo S&P 500 dopo la chiusura di domani e sarà sostituito da Insulet Corp, produttore di dispositivi medici. Le autorità Usa vogliono evitare che si scateni il panico sui mercati e che i clienti delle banche si ritirino in massa, un bank run dagli effetti potenzialmente devastanti.

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha provato comunque a rassicurare gli americani e i mercati. “Il sistema bancario degli Usa è solido, i depositi sono al sicuro”. Il governo americano è dunque sceso in campo, adottando un piano per evitare che il fallimento di Silicon Valley Bank si tramuti in una nuova Lehman Brothers. Il Tesoro e la Federal Reserve hanno annunciato in una nota congiunta che tutti i depositi presso Svb saranno disponibili, quindi anche quelli sopra il 250.000 dollari assicurati dalla Federal Deposit Insurance Corp. Inoltre la banca centrale ha messo a disposizione una nuova finestra di liquidità per aiutare le banche a rispondere alle richieste dei clienti in caso di fuga.

“Sono lieto che sia stata trovata una soluzione rapida che tutela i lavoratori americani e le piccole imprese, e mantiene al sicuro il nostro sistema finanziario. Una soluzione che assicura inoltre che i soldi dei contribuenti non siano messi a rischio”, ha affermato Biden.
Un’azione forte che ha come obiettivo quello di “proteggere l’economia americana rafforzando la fiducia nel nostro sistema bancario. Il sistema bancario resta resiliente e si basa su fondamenta solide, in larga parte grazie alle riforme effettuate dopo la crisi finanziaria”. Parole però accompagnate dalla chiusura da parte della autorità Usa di una seconda banca, Signature Bank, nello Stato di New York e uno dei maggiori istituti per le società cripto.

Eppure le parole del presidente americano non hanno fermato la fuga dalle banche di piccole e medie dimensioni americane. Anche perché Biden ha rassicurato i clienti, ma non gli azionisti. Secondo i calcoli effettuati da Murthy Grandhi, analista di GlobalData, complessivamente le banche statunitensi hanno perso oltre 267 miliardi di dollari la settimana scorsa. Oltre alle tre banche più citate – Silicon Valley Bank, Silvergate Capital Corp e Signature Bank – altre sette hanno sofferto perdite per oltre il 20%.


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