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Per colpa di chi? Sul caso Svb il Congresso mette sotto accusa la Fed

​Il Senato continua a voler fare luce sui disastri di Svb e First Republic, puntando il dito contro la vigilanza, rea di non aver disinnescato per tempo la mina. Ma il numero due Barr non ci sta​

 

Sotto il tiro del Congresso. La vigilanza bancaria degli Stati Uniti finisce nel mirino del Senato americano, che da due giorni, come raccontato da Formiche.net, ha avviato un’indagine sui recenti fallimenti di Silicon Valley Bank e First Republic. A muovere le redini dei lavori, il presidente democratico della Commissione banche, Sherrod Brown, impegnato ad ascoltare in un ciclo ristretto di audizioni, tra gli altri, il numero uno della Federal Deposit Insurance Corporation (l’Agenzia indipendente da governo e Federal Reserve, che assicura i depositanti e ha preso il controllo della banca nelle ore del tracollo in borsa), Martin Gruenberg, il vicepresidente del Consiglio dei governatori della Federal Reserve, Michael Barr e il sottosegretario del Dipartimento del Tesoro, Nellie Liang.

Ed è proprio la Banca centrale americana ad essere finita sotto il fuoco del Senato. Giova ricordare come parte delle cause del crac della Svb vadano ricercate nel progressivo aumento dei tassi deciso dalla stessa Fed (qui l’intervista all’economista Michele Bagella), circa un anno fa. Perché se da una parte i manager della banca californiana sono responsabili della mancata diversificazione del portafoglio di Svb, esponendo così l’istituto alle tensioni sul costo del denaro, è anche vero che la stessa vigilanza non ha ben compreso i possibili effetti dei rialzi sui bilanci delle banche più piccole.

Di qui, l’aspra critica arrivata nella notte dai senatori della Commissione ai vertici della Fed. Rea di non essere riuscita a prevenire il crollo della Silicon Valley Bank nonostante avesse identificato i rischi in anticipo. Michael Barr, però ha difeso le azioni della vigilanza della Fed spiegando che la Banca centrale aveva sollevato privatamente delle preoccupazioni con la Svb prima del suo crollo del 10 marzo e aveva assegnato all’istituto un rating negativo per la gestione dei suoi rischi.

“Fondamentalmente, la banca è fallita perché la sua gestione non è riuscita ad affrontare in modo appropriato un chiaro rischio di tasso d’interesse e un chiaro rischio di liquidità”, ha chiarito Barr, aggiungendo che tali preoccupazioni erano state inizialmente evidenziate dai supervisori più di un anno prima del suo fallimento.

L’audizione è stata la prima tappa di quello che potrebbe essere un lungo processo per indagare sui fallimenti della Svb e di un altro istituto, la Signature Bank. I legislatori stanno anche esaminando se una supervisione più rigorosa da parte delle autorità di regolamentazione finanziaria avrebbe potuto evitare il fallimento delle due banche.

Lo stesso Barr ha puntualizzato che la Fed sta valutando regole più severe in materia di capitale e liquidità per le banche più grandi, in genere quelle con un patrimonio superiore a 100 miliardi di dollari, in risposta ai fallimenti. Ma potrebbe non bastare a placare la sete di verità del Congresso. Il senatore Jon Tester per esempio, vuole di più. “Mi sembra che le autorità di regolamentazione fossero a conoscenza del problema, ma che nessuno sia intervenuto”. Insomma, lo scontro continua.


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