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Verdi e strategiche. Ecco il piano della Commissione per le industrie europee

Con il Net Zero Industry Act e il Critical Raw Materials Act, Bruxelles ha proposto una strategia per portare avanti la transizione, proteggendo la competitività dei produttori europei e rafforzando l’approvvigionamento di materie prime critiche – in sincronia con gli Usa – per sottrarsi al predominio della Cina

Ursula von der Leyen l’aveva preannunciato a Davos, e oggi (giovedì 16 marzo) siamo arrivati al dunque: con l’attesissima presentazione del Net Zero Industry Act e del Critical Raw Materials Act, la Commissione europea ha ufficialmente dato il via il suo piano per stimolare l’industria europea delle tecnologie verdi, proteggere le proprie catene di approvvigionamento e rispondere ai sussidi, specie quelli statunitensi e cinesi, che minacciano la competitività degli europei.

La mossa arriva a valle delle riforme appena approvate per consentire agli Stati Ue di eguagliare i sussidi di Paesi terzi, in un perimetro tecnologico ben definito. E se c’è chi condanna la tendenza dirigista, c’è anche chi evidenzia la sua necessità. “Se vogliamo raggiungere la neutralità climatica, come previsto per il 2050, e se vogliamo sfruttare tutte le opportunità che questa rivoluzione industriale ci sta offrendo e prevenire le sfide […] avremo bisogno di un massiccio aumento della produzione di tecnologie pulite”, ha dichiarato il vicepresidente della Commissione (nonché la mente dietro al Green Deal europeo) Frans Timmermans.

VERDI E STRATEGICHE

La proposta di regolamento – che deve ancora passare per Parlamento e Consiglio Ue – mira a garantire che almeno il 40% della domanda europea di prodotti greentech sia coperta dall’offerta europea, entro il 2030. Sono previsti obiettivi precisi per le tecnologie ritenute necessarie per la decarbonizzazione dell’economia Ue: le tecnologie strategiche, che potranno beneficiare di autorizzazioni più rapide e accesso facilitato ai finanziamenti.

Secondo la proposta, le “tecnologie strategiche a zero emissioni” sono il solare, l’eolico onshore e offshore, le batterie e lo stoccaggio energetico (centrali idroelettriche e ma non solo), le pompe di calore e l’energia geotermica. E ancora: elettrolizzatori e celle a combustibile, biometano, cattura e stoccaggio della CO2 e le tecnologie relative alla rete elettrica. C’è anche una proposta di creare la Banca europea dell’idrogeno per promuovere la produzione e l’importazione di idrogeno rinnovabile.

Il discorso è più ambiguo per il nucleare, dato che la classificazione è stata motivo di frizione: Francia e altri Paesi volevano che fosse incluso, al contrario di un altro gruppo di Stati membri, capitanati dalla Germania. Si può dire che non abbia vinto nessuno: l’energia nucleare non è inclusa nell’allegato che elenca le suddette tecnologie strategiche, ma altrove nel testo, la definizione formale di “tecnologie a zero emissioni” parla anche di “tecnologie avanzate per produrre energia da processi nucleari con scorie minime dal ciclo del combustibile” e dei “piccoli reattori modulari” – spesso classificate come nucleare di quarta generazione.

IL VERSANTE DELLE MATERIE PRIME…

Naturalmente, la corsa a potenziare questi comparti non è possibile senza una presa salda sull’intera filiera di produzione, specie per quanto riguarda le materie prime critiche. Motivo per cui assieme al Net Zero industry Act la Commissione ha annunciato anche il Critical Raw Materials Act, che mira a rafforzare l’approvvigionamento di materie prime critiche necessarie per la produzione delle suddette tecnologie. Anche in questo caso c’è un obiettivo al 2030: estrarre almeno il 10% del fabbisogno annuale dell’Ue.

Le materie prime critiche designate in base alla loro importanza per la transizione verde e digitale sono 16 (figurano rame, litio, nichel e terre rare per i magneti) ma il testo prevede anche un elenco più ampio di 34. C’è inoltre un quadro per selezionare progetti strategici di estrazione, raffinazione e riciclaggio – sia all’interno che all’esterno dell’Ue – che beneficerebbero di autorizzazioni più rapide e di finanziamenti aggiuntivi. Infine, la Commissione ha anche illustrato i suoi piani per la creazione di un Club delle materie prime critiche, composto da partner commerciali che condividono le stesse idee.

… E LA QUADRA TRANSATLANTICA

È qui che si concretizza la collaborazione transatlantica in fatto di decarbonizzazione, ma anche di sfida industriale-politica a Pechino Cina – che controlla praticamente tutte le catene di produzione greentech. Come ci spiegava Giacomo Vigna, co-direttore del tavolo di lavoro del governo sulle materie prime critiche, “si sta già cristallizzando un polo di Paesi che non hanno rapido accesso alle materie prime critiche, ma che sono intenzionati a rinsaldare le catene di produzione”. E non è un caso che la segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen abbia indicato che un accordo nel campo delle materie prime è la via giusta per estendere la portata dei sussidi americani alle aziende europee.

Del resto, già da novembre la rappresentante al Commercio Katherine Tai esortava l’Ue a sviluppare una strategia di sussidi parallela – ancor meglio: complementare – rispetto a quella statunitense: in Occidente serve fare squadra per proteggere la transizione dalla minaccia cinese. La complementarietà è stata raggiunta: se da un lato le proposte della Commissione europea mirano a pareggiare le mosse protezioniste Usa per livellare il campo di gioco, dall’altro spingono per creare una struttura di approvvigionamento più indipendente da Paesi come la Cina: secondo la bozza, le offerte di appalti pubblici che utilizzano prodotti provenienti da un Paese con una quota di mercato Ue superiore al 65% saranno declassate.

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