Skip to main content

Via TikTok dai telefoni governativi? Pd in pressing sull’esecutivo

Presentata in Senato una mozione (primo firmatario Borghi, membro del Copasir): serve sanare “il pericoloso ritardo che l’Italia ha accumulato rispetto alle decisioni assunte dalla Commissione europea e da numerosi altri Paesi” come Stati Uniti e Regno Unito, si legge nel testo visionato in anteprima da Formiche.net

Il Partito democratico chiede al governo Meloni di muoversi in fretta su TikTok. Nel giorno in cui il governo francese ha deciso di evitare l’app di proprietà della società cinese ByteDance dei telefoni dei dipendenti pubblici, il senatore Enrico Borghi, membro del Copasir, ha depositato come primo firmatario una mozione, visionata in anteprima da Formiche.net, per impegnare l’esecutivo “ad assumere il più celermente possibile decisioni in merito alla rimozione dell’app TikTok da tutti i dispositivi governativi alla luce degli evidenti rischi per la sicurezza dei dati ivi contenuti, sanando così il pericoloso ritardo che l’Italia ha accumulato rispetto alle decisioni assunte dalla Commissione europea e da numerosi altri Paesi” come Stati Uniti e Regno Unito.

I timori di molte agenzie di intelligence occidentali, a partire da quelle statunitensi, riguardano una legge cinese del 2017 che consente al governo di Pechino di obbligare le aziende cinesi come TikTok a consegnare qualsiasi dato personale rilevante per la sicurezza nazionale cinese. Le preoccupazioni sono diventato ancora più forti a dicembre, quando ByteDance ha dichiarato di aver licenziato quattro dipendenti che avevano avuto accesso ai dati di giornalisti di Buzzfeed News e del Financial Times nel tentativo di risalire alle loro fonti.

Nelle scorse settimane, in un’intervista rilasciata a Formiche.net lo stesso senatore Borghi aveva spiegato che “il fatto che gli Stati Uniti e l’Unione europea abbiano aperto un’istruttoria formale nei confronti di TikTok non può essere ignorato, né si può tacere circa il rischio da un lato della profilazione, schedatura e cessione dei nostri dati e della nostra popolazione più giovane in particolare e, dall’altro, del rischio di ingerenza e di influenza su milioni di nostri concittadini. Insomma”, aveva concluso il senatore, “non possiamo diventare fornitori ufficiali e inconsapevoli di informazioni per un’autocrazia che ritorce poi questi big data contro di noi”.

Ieri Shou Zi Chew, amministratore delegato di TikTok, ha testimoniato per quasi sei ore davanti alle commissioni al Congresso degli Stati Uniti, risultando evasivo su alcune questioni fondamentali come la protezione dei dati personali degli utenti. Oggi, invece, il governo francese si aggiunta alla lista di quelli che hanno deciso di vietato l’installazione e l’uso di TikTok sui telefoni professionali dei funzionari pubblici. La decisione riguarda le applicazioni “ricreative”, come il social media cinese ma anche la piattaforma statunitense Netflix, e circa 2,5 milioni funzionari pubblici. Esse, hanno spiegato fonti vicine al ministro della Funzione pubblica francese Stanislas Guerini, pongono “rischi in materia di cybersicurezza e di protezione dei dati dei funzionari pubblici e dell’amministrazione”.

Il progetto Clover lanciato nelle scorse settimane da TikTok, con la creazione di un’enclave europea autonoma per i dati degli utenti del Regno Unito e dei paesi dell’Unione europea, non sembra dunque essere bastato a rassicurare il governo francese.

In Italia, invece, dopo il dossier è sui tavoli del governo, in particolare su quello del Paolo Zangrillo, ministro della Funzione pubblica. Un mese fa aveva spiegato a Repubblica che “su questo argomento si sta già impegnando il Copasir, ma è evidente che il mio ministero, avendo 3,2 milioni di dipendenti, è fortemente coinvolto”. In quell’occasione aveva aperto all’ipotesi di “muoversi come si è mossa la Commissione europea”, che in quei giorni aveva deciso di vietare TikTok sui telefoni dei funzionari. Qualche giorno dopo, lo stesso ministro aveva però precisato di aver “sollevato il problema e detto che è opportuno approfondire il tema e capire se effettivamente esistono dei rischi legati alla sicurezza degli utenti di questo social”. Al momento, quindi, nessun piano per bloccare l’app in tempi brevi: “Assolutamente no anche perché, peraltro, non è decisione che spetti a me”, aveva spiegato ancora Zangrillo. Giace alla Camera, ancora senza risposta dopo quasi tre mesi da quando è stata depositata, l’interrogazione con cui Deborah Bergamini, deputata di Forza Italia (lo stesso partito di Zangrillo), aveva chiesto a inizio gennaio al governo “quali iniziative intenda assumere” per approfondire le tematiche riguardanti TikTok, “anche al fine di valutare eventualmente (…) misure di limitazione dell’utilizzo dell’applicazione (…) pure sul territorio italiano, con particolare riguardo al suo impiego sui dispositivi in dotazione ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, per salvaguardare la sicurezza nazionale”.



×

Iscriviti alla newsletter