Il rinnovo del memorandum è “ancora oggetto di valutazione”, dice il presidente del Consiglio. Ribadisce la linea il ministro degli Esteri, che però sottolinea anche il nuovo partenariato strategico con Nuova Delhi. Nei giorni scorsi la diplomazia americana aveva sottolineato che “gli alleati della Nato riconoscono le sfide alla sicurezza, agli interessi e ai valori transatlantici rappresentate dalla Cina”
Il tema della Cina è “ancora oggetto di valutazione”, dice Giorgia Meloni, presidente del Consiglio. “Stiamo valutando”, risponde Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, ai cronisti chi gli chiedono che fine farà il coinvolgimento italiano nella Via della Seta. Con Pechino, osserva Tajani, “abbiamo relazioni buone, vediamo, ci sono tante forme di collaborazione, anche commerciali”. Poi aggiunge: “Dobbiamo avere buone relazioni con tutti, l’India però diventa sempre più un partner strategico dell’Italia in quell’area”. Una sottolineatura non banale, visto che la visita di Meloni e Tajani a Nuova Delhi prima e ad Abu Dhabi poi ha segnato un momento importante per la proiezione italiana verso Oriente fondata sul concetto dell’interconnessione tra i quadranti euro-atlantico e indo-pacifico.
L’INCONTRO CON WANG
Nelle scorse settimane, Tajani ha incontrato Wang Yi, capo della diplomazia del Partito comunista cinese, a Roma. Gli obiettivi del diplomatico cinese in visita erano due, come raccontato su queste pagine. Primo: preparare il viaggio di Meloni a Pechino dopo l’invito di Xi Jinping in occasione del bilaterale tenutosi a margine del G20 di Bali, in Indonesia. Secondo: assicurare il futuro del memorandum d’intesa sulla Via della Seta (sul quale Meloni ha sempre avuto una posizione contraria) che scade a marzo 2024 ma si rinnova automaticamente a fine di quest’anno a meno che una delle due parti non comunichi un passo indietro (le cui modalità però non sono specificate nel documento firmato nel 2019 dal governo gialloverde presieduto da Giuseppe Conte). Sul tavolo Pechino ha messo a Roma il tema degli scambi commerciali, ben conoscendo l’attenzione italiana verso l’export e il “made in Italy”. Dopo l’incontro, Tajani aveva dichiarato che è “ancora prematuro parlare dell’accordo sulla Via della Seta, ci sono altre urgenze ed emergenze” e aveva invitato Pechino a far pressioni su Mosca per fermare l’invasione dell’Ucraina.
L’ANALISI DI FARDELLA
Secondo Enrico Fardella, professore associato all’Università di Napoli L’Orientale e direttore di ChinaMed, la visita a Pechino e il rinnovo dell’intesa sono correlati. Infatti, una visita di Meloni “a fine anno significherebbe garantire un rinnovo del memorandum d’intesa”, aveva commentato l’esperto a Formiche.net. “Al contrario, se un viaggio avvenisse prima dell’estate, il presidente del Consiglio potrebbe da garantirsi un certo margine. L’eventuale rinnovo non dovrebbe avvenire in pompa magna come la sua prima firma. Allo stesso modo il suo eventuale annullamento, se non collegato a eventi eclatanti, rischierebbe di compromettere ulteriormente i rapporti bilaterali con Pechino riducendo i margini di azione della nostra diplomazia per un eventuale recupero dei rapporti in un’ipotetica fase di disgelo con Washington”, aveva aggiunto. La soluzione più pratica? Sembra essere quella di un silenzio assenso: “Potrebbe forse consentire di massimizzare i vantaggi mantenendo il memorandum d’intesa come lettera morta se necessario o riesumandolo a seconda delle eventuali convenienze”, aveva concluso il professore.
LA POSIZIONE AMERICANA
“Gli alleati della Nato riconoscono le sfide alla sicurezza, agli interessi e ai valori transatlantici rappresentate dalla Cina e lavorano a stretto contatto per affrontarle”, ha dichiarato nei giorni scorsi un portavoce del dipartimento di Stato americano risponde a LaPresse sulla questione dell’eventuale rinnovo del memorandum d’intesa sulla Via della Seta tra Roma e Pechino. “Gli Stati Uniti e l’Italia sono stretti alleati nella Nato, partner nel G7 e Paesi amici con forti legami tra i nostri popoli”, ha proseguito. “Lavoriamo a stretto contatto” con il governo Meloni “su una gamma di interessi condivisi, così come abbiamo fatto per tanti anni con i governi italiani”, ha aggiunto.
L’IMPEGNO DEL GOVERNO VERSO GLI ALLEATI
Le dichiarazioni raccolte da LaPresse seguono l’impegno espresso da Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, uno degli uomini più ascoltati del governo oltreché cognato di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio. Sul memorandum d’intesa con la Cina “bisognerà muoversi di concerto con gli Stati europei e anche con gli Stati Uniti, con i Paesi Nato, perché un’alleanza è un’alleanza, non solo militare”, aveva dichiarato il ministro al Messaggero. “Agiremo con molta prudenza, quella che non c’è stata in passato, dove anzi – mi riferisco al governo Conte – ci sono state delle zone d’ombra”. La Cina, aveva continuato il ministro, “ha dei pro, essendo un partner commerciale molto importante, ma anche dei contro: un modello di sviluppo lontano dal nostro, regole diverse sul rispetto dei diritti dei lavoratori, un approccio diverso sul conflitto russo-ucraino, sul clima, sull’Africa”. Con riferimento alla Nato, aveva aggiunto, “si difende il diritto internazionale, la libertà. Per noi è un dogma a salvaguardia delle nazioni democratiche”.