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Xi e Putin tra retorica e (veri) interessi in ballo. Conversazione con Lucenti

Per Lucenti (UniBo), dall’incontro tra i leader russi e cinesi esce un messaggio chiaro indirizzato all’Occidente: vogliono rivolgersi al Global South per spingere il loro modello di governance mondiale. Ma ci si può fidare di una Cina che rivendica una neutralità fittizia, legata ai propri interessi?

“Sta arrivando un cambiamento che non si vedeva da cento anni. E stiamo guidando questo cambiamento insieme”, ha detto il leader cinese Xi Jinping salutando Vladimir Putin, che ha risposto: “Sono d’accordo”. L’evento geopoliticamente “più significativo/problematico”, per usare la definizione del politologo Ian Bremmer, si è concluso da poche ore con un saluto affettuoso tra i due capi di Stato.

“Dell’incontro a Mosca colpisce come sia stato continuamente ribadito il concetto secondo cui nessun Paese ha adesso diritto di dettare un ordine mondiale: sembra una dichiarazione fatta all’Occidente, un messaggio diretto in particolare agli Stati Uniti, per parlare del costrutto retorico sul tramonto delle democrazie liberali, a cui sia Russia che Cina affidano parte delle loro narrazioni strategiche”, spiega Flavia Lucenti docente al dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Bologna.

Narrazioni e interessi

“La Nato sta cercando di espandere le sue attività a livello globale e penetrare nella regione Asia-Pacifico”, ha detto Putin – che non la definisce “Indo Pacifico” perché è un concetto coniato dal Giappone, rivale russo, e fatto proprio dal mondo occidentale, Stati Uniti in testa. E ancora: la Nato “vuole dividere l’Eurasia per contenere la Federazione Russa e la Cina, ma questo non accadrà”. Affermazioni non nuove, a cui hanno fatto eco altre critiche di Xi: una posizione rilevante che si allinea alla narrazione cinese.

“Con la guerra e il sostegno fornito più o meno apertamente alla Russia questa linea è diventata più evidente” aggiunge Lucenti in una conversazione con Formiche.net. “Le critiche all’espansionismo dell’Alleanza Atlantica, così come quelle alla ‘mentalità da Guerra Fredda’ sono pensate per rivolgersi anche al Global South, e mirano a offrire un modello di governance degli affari globali descritto come più equo, multipolare, che possa essere riferimento per tutta quella parte di Paesi che non sono parte dell’Occidente”.

Contemporaneamente, fa notare la ricercatrice italiana, Xi ha interesse a mostrarsi come mediatore internazionale: ma cosa potrà mettere sul piatto per esserlo davvero? “La mia prospettiva non è molto ottimista: nel corso di questo anno di conflitto la cosiddetta neutralità cinese è stata compromessa, basta pensare che ci sono stati contatti diplomatici solo con la Russia e mai con l’Ucraina, fino alla telefonata tra ministri degli Esteri dell’altro ieri. Per altro va detto che iniziare una mediazione senza neanche riconoscere la natura del conflitto, definendolo ‘crisi’, non è sinonimo di neutralità”, aggiunge Lucenti.

Fino dove arriverà la partnership?

Quella a Mosca non è una visita estemporanea, era stata annunciata – anche se anticipata di qualche settimana – e rientra in un ciclo di incontri che va avanti da tempo, “solo che questa di adesso è più compromettente e con maggiore peso politico, perché anche se la Cina non riconosce la Corte penale internazionale su Putin pesa un mandato di cattura a vita per crimini di guerra che coinvolgono bambini, e poi perché nell’incontro si sono praticamente dichiarati reciprocamente al potere per un tempo illimitato annunciando che si sosterranno a vicenda”, aggiunge la docente di UniBo.

Il punto allora è: ci sarà sicuramente un rafforzamento dei rapporti commerciali, ma potrebbe esserci qualcosa di più? “In realtà non mi aspetto grossi cambiamenti nel breve periodo. Per essere chiari, mi chiedo anche se la Cina abbia interesse nel fornire a Mosca armi, come avanzano alcuni analisti, sebbene sia da considerare che potrebbe fornire assistenza di carattere tecnologico attraverso la vendita di prodotti dual use, ugualmente importanti. Non credo tuttavia che la Cina trarrebbe beneficio da una escalation della guerra in Ucraina. Quello che osserviamo, in fondo, è una Cina che si muove, quanto meno sulla carta, per cercare di ristabilire la pace nel tentativo di giocare un ruolo sulla scena internazionale che controbilanci la guida finora offerta dall’Occidente”.

Per Lucenti, tutto ciò emerge anche in un passaggio del position paper cinese sull’Ucraina dove si criticano le sanzioni, definite come una mossa che ha avuto per effetto quella di acuire il conflitto. Perché? “È rappresentativo della posizione cinese per un ordine multipolare, in cui viene necessariamente ridimensionato il peso degli Stati Uniti come attore globale. Questa prospettiva aiuta anche a comprendere meglio il concetto di Global Security Initiative che più recentemente è entrato a far parte della narrazione cinese, promuovendo un’ideale di ‘sicurezza indivisibile’ tra tutti i paesi del mondo, che potrebbe riscuotere un discreto successo in particolare tra i paesi non-Occidentali”.


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