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Salta l’affare cinese ad Amburgo? Le conseguenze per Trieste

Le autorità tedesche hanno classificato lo scalo come “infrastruttura critica” mettendo a rischio l’ingresso di Cosco nel terminal Tollerort. Una faccenda che riguarda anche l’Italia e la Via della Seta nell’Adriatico. Ecco perché

Brutte notizie per il colosso cinese della logistica Cosco. Il terminal container del porto di Amburgo, nel nord della Germania, è stato dichiarato dalle autorità governative tedesco una “infrastruttura critica”. Ciò significa che potrebbe saltare il già controverso accordo per l’ingresso del gruppo statale cinese nel terminal di Tollerort con il 24,9% della società Hafen und Logistik AG (Hhla), partecipata dall’ente amministrativo della città.

A ottobre il cancelliere Olaf Scholz, ex sindaco socialdemocratico di Amburgo, era riuscito ad avere la meglio su diversi ministri del suo governo dando il via libera all’accordo riducendo dal 35% al 24,9% la partecipazione di Cosco togliendo la minoranza di blocco in Hhla. Il capo dell’esecutivo aveva proprio puntato sul fatto che Tollerort non era un’infrastruttura critica, ma soltanto uno dei terminali del porto di Amburgo: dunque, la Cina non avrebbe ottenuto alcuna influenza che potesse mettere a repentaglio la sicurezza del principale scalo portuale della Germania.

Ma dall’inizio dell’anno l’infrastruttura è classificata come “critica” dall’Ufficio federale per la sicurezza informatica (Bsi). A rivelarlo sono state le emittenti WDR e NDR e il quotidiano Süddeutsche Zeitung nelle ore precedenti l’incontro a Pechino tra Annalena Baerbock, ministra degli Esteri tedesca e nota per la posizione dura sulla Cina, e l’omologo cinese Qin Gang. Ciò non significa che l’acquisizione da parte di Cosco sia ora automaticamente interdetta. Tuttavia, il governo federale potrebbe ripensare l’approvazione dell’accordo. La società ha recentemente comunicato di aver adempiuto a tutte le condizioni necessarie e di attendere soltanto un riscontro da parte del ministero dell’Economia e della Protezione del clima.

È una fase cruciale per le relazioni tra Berlino e Pechino che negli anni di Angela Merkel hanno goduto di una sorta di età dell’oro. Il govero Scholz sta elaborando la nuova strategia nei confronti della Cina, la prima nella storia della Germania. Secondo i principali esponenti dei Verdi nel governo federale – Baerbock e il vicecancelliere Robert Habeck, ministro dell’Economia – i rapporti tra Germania e Cina dovrebbero essere impostati su un maggiore rigore, anche per evitare il rischio di dipendenze unilaterali. Pechino, dunque, non dovrebbe essere più considerata soltanto come uno dei partner economici e commerciali più importanti, ma “sempre più” come un avversario e un possibile rischio per la sicurezza. Nella bozza della strategia per la Cina redatta dal ministero degli Esteri tedesco, questo approccio si riassume in “più valori, meno economia”. Inoltre, il dicastero evidenzia come, nei settori industriali strategici, Germania e Unione europea “non dovrebbero diventare dipendenti dai progressi tecnologici di Paesi terzi che non condividono i nostri valori”. La posizione del dicastero di Baerbock diverge da quella della cancelleria, che vorrebbe impostare la nuova politica tedesca per la Cina su “linee guida più generali”, marginalizzando i fronti di attrito.

L’affare interessa anche l’Italia e cade nelle mesi, forse nelle settimane, decisive per la scelta sul rinnovo (o meno) del memorandum d’intesa sulla Via della Seta firmato dal governo gialloverde presieduto da Giuseppe Conte nel 2019. Riguarda in particolare Trieste, il cui porto è stato da tempo individuato da Pechino come scalo perfetto per la Via della Seta nell’Adriatico. Infatti, all’inizio del 2021 Hhla ha concluso all’inizio dell’anno scorso un’operazione per l’acquisizione del 50,01% della società triestina Piattaforma logistica Trieste. L’affare sinotedesco “non sembra presentare ripercussioni dirette su Trieste”, ha spiegato nei mesi scorsi Francesca Ghiretti, analista del centro studi tedesco Merics, a Formiche.net. “Ma guardando all’operazione in maniera più generale emergono alcuni interrogativi che riguardano la concorrenza. Infatti, Cosco, che riceve fondi statali dalla Cina, non compete allo stesso livello di altre imprese nel settore. Inoltre, la sua posizione dominante sul mercato è un potenziale strumento geopolitico per Pechino”, ha aggiunto.


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