A Chigi domani verrà ricevuto il primo ministro della Repubblica del Burundi, Gervais Ndirakobuca e venerdì la prima ministra danese, Mette Frederiksen, socialdemocratica ma con idee di destra su welfare e migranti. Il gancio conservatore con Legutko
Direzione Africa. Per Giorgia Meloni c’è il Burundi dopo la visita in Etiopia, dove si è svolto un incontro con il presidente somalo e con il presidente dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat. Ovvero il premier prova ad accelerare con le relazioni che gravitano attorno al Piano Mattei, nella consapevolezza che si tratta di un’area altamente strategica, in primis per i destini italiani (e quindi anche per quelli europei), senza trascurare il connesso cono di alleanze (Usa vs Cina).
A Chigi domani verrà ricevuto il primo ministro della Repubblica del Burundi, Gervais Ndirakobuca, un altro passo verso una rete diplomatica da lanciare a 360 gradi, contando sulle direttrici di marcia della cooperazione e del know how italiano. Sull’Africa si è diretto anche l’appello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sia diretto alla Wagner sia alle policies sul dossier immigrazione, ovvero due tematiche non solo contingenti ma anche dal peso specifico fondamentale e che, conseguentemente, necessitano di progetti e iniziative di medio-lungo periodo.
Quelle che, ad esempio, ha menzionato il co-presidente del gruppo Ecr, il prof. Ryszard Legutko, già senatore e ministro polacco, dalle colonne della Stampa: ovvero l’unità di intenti tra Roma e Varsavia è totale, sia sull’Ucraina, che sul modello di Ue e sui temi vicini ai due governi, come etica e migranti.
La traccia da seguire, dunque, è nel lavorare per “conciliare i temi europei con gli interessi nazionali”, come ha ricordato oggi il premier, passaggio attenzionato anche dalla Reuters, secondo cui l’ultima battaglia dell’Italia con Bruxelles sui traguardi dei finanziamenti “è un passo sulla strada sbagliata per il più grande destinatario di sovvenzioni e prestiti dell’Unione europea, ma potrebbe spingere il blocco nella giusta direzione visto che a tre anni dall’inizio della pandemia l’Ue può adottare un approccio più agile alle mutevoli esigenze economiche dei suoi membri”.
Restando alla politica estera, il governo in questo modo continua idealmente il ragionamento già avviato nelle visite in Libia, Algeria, dopo quelle in Iraq, India ed Emirati Arabi. Ovvero abbracciare il versante a cavallo fra due quadranti strategici come quello euromediterraneo e quello mediorientale per recitare un ruolo tramite il Piano Mattei e posizionarsi come nuova voce autorevole in un momento in cui le sfumature tra i Paesi Ue su alcuni aspetti si sono accentuate, come dimostra il caso Macron.
Ma c’è di più oltre alla contingenza data dalla cronaca, ovvero l’esigenza di una narrazione tutta africana, basilare sia per gestire l’emergenza migratoria, accentuata dall’instabilità che proprio in queste ore ha coinvolto anche il Sudan, che per gestire anche il dossier energetico, connesso a doppia mandata ai destini di istituzioni troppo spesso ancora fragili.
La visita a Roma venerdì prossimo della prima ministra danese, Mette Frederiksen, rappresenta un altro passo, nella direzione di un dialogo con i Paesi del versante europeo settentrionale. La premier tra l’altro rappresenta una particolarità, perché è di estrazione socialdemocratica ma con alcune idee di destra, come tagli al welfare e meno stranieri.