Skip to main content

Chi poteva chiedere il carcere per Uss? Ecco la risposta della Corte d’Appello di Milano

Procedono gli accertamenti richiesti da Nordio. L’unica possibilità per un ritorno in carcere era la violazione dei domiciliari. Ma anche Procura generale e ministero della Giustizia avrebbe potuto chiederlo

La Corte d’Appello di Milano non avrebbe potuto in nessun modo aggravare la pena al magnate russo Artem Uss, figlio di un influente politico vicino al Cremlino. È la risposta contenuta nella relazione richiesta da Carlo Nordio, ministro della Giustizia, per avere chiarimenti sulla decisione presa lo scorso 25 novembre dai giudici di Milano che avevano concesso gli arresti domiciliari all’imprenditore russo allora ricercato negli Stati Uniti e a marzo evaso (probabilmente con l’aiuto dell’intelligence russa e “amici” locali) all’indomani dell’autorizzazione all’estradizione.

CHI POTEVA FARE RICORSO?

Il ministro Nordio ha ordinato verifiche per capire le motivazioni della scelta di tenere Uss agli arresti domiciliari. La Corte d’Appello ha risposto con una relazione in cui viene specificato che era impossibile aggravare d’ufficio la misura cautelare. L’unica possibilità era che Uss, arrestato il 17 ottobre all’aeroporto di Malpensa, violasse i domiciliari. Oppure la Procura generale avrebbe potuto chiedere il carcere e anche il ministero della Giustizia stesso avrebbe potuto chiedere in qualsiasi momento l’aggravamento della misura, spiega la Corte.

LE ACCUSE

Gli Stati Uniti hanno accusato Uss di presunti traffici illeciti di materiale civile e militare dual use, contrabbando di petrolio dal Venezuela verso Cina e Russia eludendo le sanzioni, riciclaggio e frode bancaria. Il 21 marzo la Corte d’Appello di Milano ha dato il via libera all’estradizione negli Stati Uniti accogliendo due delle quattro accuse contestate dalle autorità statunitensi: frode bancaria e violazione dell’embargo nei confronti del Venezuela in una vicenda di contrabbando di petrolio verso Cina e Russia.

LA LETTERA USA…

Il 29 novembre il dipartimento di Giustizia statunitense ha inviato al ministero della Giustizia italiano una lettera: “Dato l’altissimo rischio di fuga che Uss presenta, esortiamo le autorità italiane a prendere tutte le misure possibili per disporre nei confronti di Uss la misura della custodia cautelare per l’intera durata del procedimento di estradizione”, si legge.

E LA RISPOSTA ITALIANA…

Il ministero della Giustizia italiano ha risposto il 6 dicembre, affermando che la decisione di inasprire la pena spettava alla Corte. Tuttavia, rassicurò i colleghi oltreoceano dicendo che la misura dei domiciliari con il braccialetto elettronico (disposta il 25 novembre ed eseguita dal 2 dicembre, proprio perché era necessario reperire il dispositivo elettronico) era del tutto equiparabile alla carcerazione. Uss, però, è riuscito a evadere il 22 marzo dal lussuoso appartamento del complesso a Borgo di Vione nel comune di Basiglio dopo che il giorno prima la Corte d’Appello aveva dato il suo via libera all’estradizione richiesta dagli Stati Uniti.

“BASSO RISCHIO DI FUGA”

L’indagato era considerato a basso rischio di fuga perché sarebbe radicato in Italia: la moglie ha un’impresa, la coppia sta acquistando una casa, i figli sono iscritti in una scuola della zona. Così scriveva la Corte d’Appello di Milano nell’ordinanza del 25 novembre con cui ha disposto i domiciliari con braccialetto elettronico: Uss “ha intrapreso un percorso di progressivo spostamento del centro dei propri interessi economici e familiari in Italia”, ha “dimostrato di disporre di una abitazione” a Basiglio, nel Milanese, e “in questa situazione familiare non è più necessario il mantenimento della misura più afflittiva” del carcere.

L’INTERVENTO DEI CARABINIERI

Nella relazione è stata inserita anche una descrizione dettagliata dell’intervento dei carabinieri. Il braccialetto elettronico di Uss è risultato spento dalle 13:52 del 22 marzo. Scattato l’allarme, il comandante in servizio della centrale operativa di Milano ha comunicato alla compagnia di Corsico la necessità di un intervento immediato, fissato nella scheda operativa alle 14:07. Ma quando i militari sono arrivati sul posto, Uss ormai non c’era più.

LE PRIME PAROLE DOPO LA FUGA

Il 4 aprile Uss ha affidato all’agenzia di stampa russa Ria Novosti le sue prime parole dopo la fuga. “Sono in Russia. In questi giorni particolarmente drammatici, persone forti e affidabili sono state con me. Grazie a loro”. E ancora: “Il tribunale italiano, sulla cui imparzialità inizialmente contavo, ha dimostrato la sua chiara parzialità politica. Purtroppo è anche pronto a piegarsi alle pressioni delle autorità statunitensi”, ha aggiunto.



×

Iscriviti alla newsletter