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Calenda aveva (già) rotto. Nobili sul divorzio con Renzi

Strali, veline, accuse incrociate. La rottura tra Azione e Italia Viva “è stata architettata tempo fa da Calenda”, dice il dirigente renziano. “Questa operazione ci ha lasciato basiti: è incomprensibile e priva di senso”. E nella prospettiva delle Europee “ci rimetterà l’elettorato riformista”

“È tutto incomprensibile. Che amarezza, davvero”. Ripete Luciano Nobili, dirigente di Italia Viva, consigliere regionale, uscito da una riunione dei renziani. Ormai il divorzio tra loro e i calendiani è cosa certa. “Siamo davvero rammaricati, dispiaciuti – dice – è un errore politico clamoroso e unilaterale da parte di Calenda”. Ma in realtà, secondo l’ex deputato renziano, “è il frutto di una decisione già presa in precedenza dal leader di Azione”.

Nobili, cronaca di un divorzio annunciato allora?

Annunciato no, probabilmente premeditato sì. Sennò non c’è altra spiegazione.

Addirittura. 

Eh beh sì, mi pare che non ci sia una spiegazione logica a tutto questo. Io, noi, siamo davvero basiti.

Italia Viva non ha responsabilità in questa vicenda?

La scelta di rompere è stata unilaterale e ciò di cui si è parlato in questi giorni sono essenzialmente pretesti. A partire dalla richiesta di scioglimento del partito.

Intempestiva?

Io vengo dalla Margherita. Nel 2007 decidemmo di aderire al Pd e di votare la mozione fondativa. Il partito è stato ufficialmente disciolto nel 2012. Non capisco quale fosse l’urgenza di chiedere uno scioglimento di Italia Viva. Fermo rimanendo, peraltro, che l’avremmo sciolta il giorno dopo il congresso fondativo del partito unitario.

E la Leopolda?

Mi pare che quelle sulla Leopolda fossero richieste davvero assurde. Anzi, qualcuno in Azione, tipo Matteo Richetti, si dovrebbe ricordare che se in anni passati non ci fosse stata la Leopolda non sarebbe neanche arrivato in parlamento probabilmente. Ma la cosa più difficile da accettare è un’altra.

Ovvero?

Politicamente questa rottura non ha un fondamento reale. Cioè non esiste un disallineamento tra i gruppi parlamentari o tra le dirigenze dei due partiti su questioni dirimenti. Votiamo tutti allo stesso modo e continueremo a farlo con ogni probabilità. Per cui è davvero tutto assurdo.

Anche sulle modalità di svolgimento del congresso ci sono stati forti attriti. 

Ma certo e rivendico il fatto che Italia Viva su questo abbia tenuto il punto. Matteo Renzi aveva già detto che non si sarebbe candidato al congresso, consegnando di fatto la leadership a Calenda. Ma impedire a qualcun altro la candidatura è inaccettabile.

Con la prospettiva delle Europee 2024 questa rottura rischia di compromettere il campo centrista anche a Bruxelles. Lei come la vede?

Le Europee avrebbero potuto essere un’occasione perfetta per dimostrare con forza che il campo liberale e riformista esiste e ha un peso all’interno del Paese e a Bruxelles. Il progetto del partito unitario sfuma, ma noi troveremo il modo di dare comunque rappresentanza alle nostre idee in Europa nella famiglia di Renew Europe.

Cosa resta dell’area riformista?

Noi rimaniamo e continueremo a lavorare proponendoci come casa per i riformisti e i liberali. Questo Paese può avere un’alternativa a Elly Schlein e Giorgia Meloni. Poteva essere un’aggregazione di forze e invece non lo sarà. Ma noi non ci fermeremo.

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