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Il “caso” Silvestri e la politica (becera) anti-femminile. La lettura di Morcellini

Il docente emerito di Comunicazione de La Sapienza dopo la notizia del test del Dna sul figlio della deputata Silvestri: “È drammatico che una donna con un figlio di pochi mesi abbia dovuto ricorrere alla prova genetica per dimostrare la paternità del figlio perché messa in discussione da queste chiacchiere irricevibili. Assistiamo a un drammatico problema che si accompagna alla volontà di colpire una donna, una madre”

“Sono stata costretta a fare il test di paternità per mio figlio di soli tre mesi. E il padre è proprio Fabio, il mio compagno”. Le parole della deputata Rachele Silvestri dovrebbero aprire uno squarcio nelle coscienze. Il limite della malignità, le speculazioni di infimo cabotaggio hanno tentato di provocare un’ondata di discredito nei suoi confronti. Come madre e come donna, prima ancora che come esponente politica. Nelle zone d’ombra del rapporto fra sesso e politica si allunga l’ombra della chiacchiera. Talmente malevola, in questo caso, da mettere in giro la voce che Silvestri avrebbe avuto una relazione clandestina con un uomo politico molto influente nel suo partito – Fratelli d’Italia – e che avrebbe portato non solo alla nascita del figlio (che invece è del compagno, Fabio), ma anche alla sua elezione alla Camera. “Un abominio. Questa non è politica, non è giornalismo: siamo alle tecniche naziste”. Non usa mezzi termini Mario Morcellini, professore emerito di Comunicazione all’università La Sapienza.

Professore, cerchiamo di analizzare la genesi di questa vicenda. Che idea si è fatto?

Penso che ci sia una commistione di fattori che hanno portato a questa squallida narrazione. Ciò che emerge – ed è una doverosa premessa – è un tasso di degradazione assoluto. Non è possibile né parlare di giornalismo né di politica. Assistiamo a un drammatico problema di natura anti-femminile che si accompagna alla volontà di colpire una donna, una madre.

Ora che c’è la prova del Dna la verità è emersa ed è inconfutabile. 

Sì, ma è drammatico che una donna con un figlio di pochi mesi abbia dovuto ricorrere alla prova del Dna per dimostrare la paternità del figlio perché messa in discussione da queste chiacchiere irricevibili. La prova del Dna per la deputata Silvestri ha rappresentato senz’altro una violenza. Ad aggravare il tutto c’è l’aspetto comunicativo legato al web che permette una proliferazione di attacchi di questo genere, senza spesso riuscire a intercettarne il responsabile.

C’è stata, secondo lei, una regia in tutto questo dunque?

Mi pare che un attacco di questa gravità, peraltro deflagrato grazie appunto alle nuove tecnologie, possa essere immaginato soltanto da chi ha in animo di gettare uno stigma eterno verso questa donna. Mi meraviglio, infatti, che ci sia stata poca solidarietà.

La pubblicazione della lettera di Silvestri sul Corriere, forse, innescherà un coro solidale. 

Sono convinto che la pubblicazione della lettera da parte del quotidiano rappresenti un grande atto di civiltà. Ma è drammatico che non bastasse la parola della deputata per fugare queste terribili insinuazioni.

Ritiene che sia lo specchio di qualcosa di ancor più grave?

Sì, è la dimostrazione plastica di un fenomeno molto preoccupante: c’è una parte di politica maschile che ritiene le donne sostanzialmente delle parvenues. E dunque le identifica come bersagli più semplici e vulnerabili da colpire.

Probabilmente c’è anche la volontà di gettare disdoro sul partito di governo, Fratelli d’Italia. 

Ci può essere anche questa componente, anche se rispetto a quella più personale e umana è comunque secondaria. Peraltro Silvestri è una parlamentare che ha cambiato anche partito per cui interviene anche questo aspetto, probabilmente immaginato dai detrattori come elementi di debolezza. A ogni modo si tratta di una devianza gravissima. E Silvestri si è sentita costretta a fare il test del Dna perché ha capito che sarebbe stato l’unico modo per “salvarsi” dall’ondata di maldicenza agli occhi dell’opinione pubblica. Facendo violenza a se stessa e al suo compagno.

C’è stata una recrudescenza nella narrazione di questi fatti negli anni o è sempre stato così?

Sarebbe troppo facile rubricare questo episodio come specchio dei tempi. Questa continua ricerca del male e a costruirlo qualora non ce ne sia è devastante. Anche perché corrobora la convinzione secondo cui i nuovi politici devono sopportare le stimmate degli attacchi beceri e personali. Una follia.

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